Il fuoco della rivoluzione
Molto più di un caso letterario o cinematografico, oramai un fenomeno di vero e proprio culto assoluto quello di Hunger Games, che a quasi due anni di distanza dal precedente capitolo, torna nei cinema con il secondo episodio della saga milionaria creata da Suzanne Collins. Il precedente film, diretto da Gary Ross, era riuscito nel difficile compito di avere successo al botteghino (quasi settecento milioni di dollari in tutto il mondo, ma in Italia è andato meno bene in proporzione, solo il cinquantesimo incasso della stagione), ricevendo anche il consenso di gran parte della critica, con un film insolito e inaspettatamente anti spettacolare per un blockbuster di intrattenimento rivolto al pubblico più giovane. Al timone subentra Francis Lawrence (Io Sono Leggenda, Constantine), che conferisce al film un nuovo registro, più dinamico e spettacolare, forte anche di un budget più importante investito da Lionsgate.
Cominciamo da dove ci eravamo lasciati alla fine del capitolo precedente. Katniss e Peeta, i tributi del Distretto 12, hanno vinto gli Hunger Games: per cavarsela hanno finto di essere innamorati riuscendo a fare breccia nel cuore del pubblico sovrano, e per la prima volta nella storia a fare si che venisse infranta la sacra regola che vuole che sia solo uno ed uno soltanto a uscire vivo dalla competizione. Lui in realtà la ama da sempre, lei non l'hai mai calcolato, anche perché il suo cuore batte per Gale (Liam Hemsworth) che l'aspetta a casa, ma diciamo che durante la gara un po' si è affezionata anche a Peeta, d'altronde quello che non uccide fortifica, e poi ne hanno passate davvero tante insieme. Li ritroviamo tornati a casa alle proprie vite che inevitabilmente non potranno mai essere più le stesse: Katniss giura a Gale che la storia con Peeta era solo per finta, solo per salvarsi la vita, ma intanto li attende insieme il Victory Tour, dove la coppia vincitrice deve fare i giro di tutti i distretti, accompagnati dalla sempre più colorata e variopinta chaperon Effie (Elizabeth Banks) e dal loro mentore Haymitch (Woody Harrelson), unico altro precedente vincitore dal Distretto 12. Solo che la loro vittoria ha stravolto i delicati equilibri di Panem e dei distretti che lo compongono: da Capitol City il presidente Snow (Donald Sutherland) è preoccupato, è convinto che la storia d'amore tra i due sia tutta una farsa, lui dubita ma soprattutto teme che la popolazione possa dubitare, e quindi che aver lasciato vincere entrambi possa essere visto come un segno di debolezza, una falla nel sistema, una crepa nel suo solido regime dittatoriale. Peggio che mai, Katniss sembra aver riacceso nelle popolazioni dei distretti qualcosa che sembrava estinto da tempo: la speranza e la voglia di lottare. Katniss e Peeta saranno costretti perciò a convincere del loro amore non solo Snow, ma tutta la popolazione. Per farlo devono prima conoscersi, diventare davvero amici, per riuscire a fingere di esser anche amanti. Spinto da Plutarch Heavensbee (Philip Seymour Hoffman) nuovo Primo Stratega (il precedente ha fatto una finaccia) responsabile dello svolgimento dei giochi, Snow decide di celebrare il 75° anniversario degli Hunger Games, con una edizione speciale della memoria, dove i partecipanti saranno selezionati tra i precedenti vincitori. Nessuno può sentirsi superiore, anche se ha vinto gli Hunger Games, perché agli Hunger Games non si vince, si sopravvive. Peta e Katniss si troveranno di nuovo a dover dire addio ai propri cari, forse per l'ultima volta, e a lottare ancora per la loro vita. Ma la posta in gioco stavolta è più alta di quanto pensino; bisogna trovare gli alleati giusti, scegliere di chi fidarsi, e soprattutto capire chi è il vero nemico. Il film non deluderà le attese dei fans, diciamo subito che è all'altezza del precedente per certi versi anche migliore. Classico episodio di transizione di un trilogia, presenta il limite fisiologico del capitolo secondo, inevitabilmente perde un po' di originalità nella messa in scena dei giochi, che ormai non sono più una novità e quindi non possono sorprendere più di tanto. Il vestito che si infiamma, il preshow con il tentativo di accattivarsi il pubblico, il campo di allenamento con la scoperta e lo studio degli avversari, nonché soprattutto la survivor story nell'arena, di fatto tutto è una riedizione di una precedente puntata. Anche i personaggi di contorno che nel primo film rappresentavano una sorpresa nella loro stravaganza, il mellifluo presentatore Caesar (Stanley Tucci), lo stilista Cinna (Lenny Kravitz), non aggiungono molto alle loro caratterizzazioni per cui il copione di fatto non cambia. Uno dei pregi del film è proprio quello di cercare di circoscrivere la parte centrale del film, quella relativa ai giochi, rispetto a tutto il resto, come in effetti avviene anche nel libro a cui il film è molto fedele: confinata tra un prologo interessante, dove la parte politica trova il giusto equilibrio con quella romantica, e un finale in crescendo, dove i nemici e gli alleati si svelano parte di un gioco che va oltre la competizione nell'arena, fino al cliffhanger finale classico da capitolo intermedio, che lascia in sospeso e prepara all'epica conclusione.
Per tutta la prima ora abbondante il film si fa apprezzare soprattutto per come il regista Francis Lawrence, aiutato da uno script piuttosto calibrato, riesce a mantenere in equilibrio la parte politica con l'intreccio romantico. Katniss è simbolo di speranza e per questo è temuta, il desiderio di rivolta comincia a trapelare nei distretti più poveri confinati nella miseria e nell'oppressione, nei confronti dell'opulenta capitale dove si bevono cocktail che inducono a vomitare per poter non smettere di rimpinzarsi. Esecuzioni e torture non bastano più per soffocare la speranza, bisogna far diventare Katniss una del regime agli occhi del popolo, far crollare il mito ancor prima che nasca e si consolidi. L'intento è anche di mostrare di più del mondo di Panem, gli ambienti, i vari distretti, la magnificenza barocca di Capitol City, e in questo senso l'aumento di volume del budget rispetto alla prima pellicola si vede tutto.
Il film cerca un'evoluzione della visone distopica dei romanzi di Suzanne Collins e fornisce vari spunti di riflessione, cosa rara in un prodotto prevalentemente rivolto ad un pubblico giovane: la società dominata dai media, l'ordine costituito mantenuto con la forza e le repressione. D'altro canto, si sviluppa l'intreccio amoroso caro alle ragazzine e necessario per i fan ("salvati tu", "no, salvati tu", "a nessuno importa di me", "a me importa di te"), imprescindibile per il successo planetario di marketing dell'intera operazione. Alla fine dunque un buon episodio di transizione, inevitabilmente meno compiuto e originale del primo, ma di contro anche più spettacolare ed evoluto, che mantiene una sua filosofia e che prepara all'epico finale, che poi saranno due perché l'ultimo libro Il canto della rivolta sarà diviso in due film, come vuole la moda del momento. E via, alla rivoluzione!Movieplayer.it
3.0/5