Recensione Emperor (2012)

Se a Tommy Lee Jones bastano una manciata di secondi per bucare lo schermo, Matthew Fox costruisce il suo personaggio tassello dopo tassello con una recitazione intensa, ma misurata.

L'onore e l'amore

Emperor affronta una pagina di storia raramente visitata dalla settima arte: l'occupazione postbellica del Giappone da parte degli Stati Uniti e l'indagine sulla condotta di guerra tenuta dall'Imperatore Hirohito di cui si occupò il Generale Douglas MacArthur. Prima di Peter Webber, solo Aleksandr Sokurov si era addentrato nella materia con l'ermetico Il sole, ma il cineasta russo non è nuovo alle sfide impossibili. La ragione delle difficoltà insite nella messa in scena dell'episodio è dovuta alla natura degli eventi narrati, poco cinematografica e ancor meno spettacolare. Il film dell'inglese Peter Webber si compone di lunghe scene dialogiche, interrogatori in cui il Generale Bonner Fellers, uno dei più stretti collaboratori di MacArthur, incontra i ministri del governo giapponese in cerca di risposte (impossibili da avere) sul ruolo avuto da Hirohito nell'attacco a Pearl Harbor e nella resa del '45. Per controbilanciare l'assenza di azione, Webber innesta nel plot principale una seconda linea narrativa incentrata sulla passione sbocciata, prima della guerra, tra Fellers e la bella studentessa giapponese Aya.


MacArthur, interpretato dal sornione Tommy Lee Jones, nel film ha uno spazio tutto sommato ridotto. L'attore veterano, nei pochi momenti a lui concessi, illumina la scena incarnando il militare pragmatico e autoritario. Un ritratto sottilmente problematico, non privo di ambiguità, vista l'insistenza nel sottolineare i privilegi e il lusso che circondano l'ufficiale mentre intorno a lui un intero popolo muore di fame e a evidenziarne l'istrionico carisma nella scena in cui si fa fotografare davanti a una cartina dei territori occupati con un bastone in mano. A controbilanciare questa visione ci pensano sequenze di indubbio fascino come il leggendario incontro tra MacArthur e Hirohito, immortalato in una foto "proibita" giunta fino a noi. La principale licenza storica che Webber adotta riguarda piuttosto il ruolo di Bonner Fellers, nella realtà militare misconosciuto che qui diviene protagonista assoluto per necessità artistiche. A interpretarlo è Matthew Fox, gravato di una notevole responsabilità, e la sua perfomance non delude. Se a Tommy Lee Jones bastano una manciata di secondi per bucare lo schermo, la star di Lost costruisce il suo personaggio tassello dopo tassello con una recitazione intensa, ma misurata. Il peso della narrazione ricade interamente sulle sue spalle e Fox restituisce l'immagine di una figura profondamente umana, mossa dal senso del dovere, intimamente lacerata dal ricordo del suo amore impossibile.

L'onore e la lealtà sono gli elementi chiave per comprendere il senso del film. Storicamente si sottolinea come l'indagine guidata da MacArthur e Fellers fosse viziata fin dal principio visto che, per evitare il collasso della nazione, ufficiali giapponesi e stato maggiore americano concordarono nel voler discolpare la famiglia imperiale da qualsiasi accusa, facendo ricadere la responsabilità dei crimini di guerra sui ministri interventisti. Il film stempera questo concetto cercando di approfondire la conoscenza di una nazione mossa da valori arcaici e indiscutibili, in primis l'obbiedienza cieca all'imperatore, vera e propria divinità in terra. Fellers, da profondo conoscitore del Giappone, si fa portatore di questa istanza e lo sforzo della sceneggiatura, tutto teso in questa direzione, è apprezzabile. Peter Webber prova a combattere lo schematismo di tanto cinema bellico non solo con una superba ricostruzione, puntuale fin nel dettaglio, ma soprattutto concentrandosi sul vero senso dell'indagine di Fellers. I confronti con i dignitari giapponesi, i loro silenzi, la gestualità rituale, tutto contribuisce ad accrescere la comprensione di un mondo codificato in un film in cui, a essere sacrificata, è la narrazione tout court. Il pubblico che non ha la pazienza né l'interesse di comprendere a fondo i meccanismi della pacificazione postbellica mal digerirà la struttura narrativa di Emperor. La pellicola, priva di picchi, non decolla mai, ma si barcamena in un'alternanza tra pubblico e privato, presente e passato, fino alla risoluzione finale. Gli appassionati di storia ne apprezzeranno il tessuto, ma un maggior carico di ambizione avrebbe giovato al film rendendolo accattivante per un pubblico più ampio.

Movieplayer.it

3.0/5