C'è un andamento strano nella selezione ufficiale del Festival di Cannes 2016 con un concorso che si è dimostrato di livello medio-alto in gran parte, ma che ha riservato le sorprese più deludenti giunto in prossimità della sua conclusione. Se l'ultimo lavoro di Nicolas Winding Refn è stato accolto da una selva di fischi, e non pochi insulti urlati dalla platea, gli ha fatto eco a poche ore di distanza The Last Face di Sean Penn, Love Story su sfondo bellico che sembra aver raccolto l'unanimità, in negativo, del parere dei critici.
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Eppure i presupposti per un progetto interessante non mancavano, a cominciare da un cast importante che comprende Javier Bardem e Charlize Theron come protagonisti della storia d'amore, Jean Reno e l'Adèle Exarchopoulos de La vita di Adele come comprimari, la musica di Hans Zimmer (ma anche, ancora una volta, il canto ispirato di Eddie Vedder) e la regia di Sean Penn, che con film come Into the Wild aveva più che convinto. Invece il risultato è insoddisfacente, oltre che imperfetto, deludente ed in parte anche noioso. Incapace di dare giustizia e risalto ad un tema che meriterebbe un approfondimento più solido e compiuto.
Mal d'Africa
I due interpreti appena citati vestono i panni del dottore spagnolo Miguel Leon, medico impegnato sul campo in territorio africano, e la dottoressa Wren Petersen, direttrice di un'organizzazione internazionale di primo soccorso. Dal loro primo incontro tredici anni prima in Sierra Leone, fino ai recenti conflitti in Liberia, i due cercando di portare avanti una storia d'amore sofferta e difficile da tenere in piedi nelle estreme condizioni in cui si trovano ad operare, lavorando con passione, impotenti di fronte a una sofferenza troppo grande per essere affrontata, ma mossi da opinioni diverse su quali sarebbero le soluzioni migliori per aiutare gli sfortunati con cui si trovano a contatto giorno dopo giorno.
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Sogni infranti
"La prima vittima della guerra è l'innocenza" citava anni fa Brian De Palma nel suo Vittime di guerra. Sembra fargli eco Sean Penn con The Last Face, in particolare nel toccante discorso finale di Charlize Theron che si concentra sul dramma delle popolazioni che subiscono le innumerevoli guerre che feriscono il nostro mondo, persone che tendiamo a vedere come ribelli o rifugiati, ma che sono artigiani, insegnanti, agricoltori... come tutti noi fortunati ad essere nati in una parte diversa del mondo. E come tutti noi hanno sogni che la guerra infrange giorno dopo giorno. È forse il tema portante di un film che fatica a comunicare il suo messaggio finale e che sembra trovare compimento e forza proprio nel suddetto monologo conclusivo, che però arriva dopo oltre due ore sbilanciate e imperfette, che colpiscono soltanto a tratti, senza dare la dovuta importanza ad un contesto socio-politico che avrebbe meritato ben altro approfondimento.
African Soap Opera
Se, infatti, le sequenze ambientate sul campo nelle diverse località africane, dalla guerra civile in Sierra Leone alla Liberia, lasciano il segno, e con forza, nello spettatore, per la crudezza di situazioni e messa in scena, per l'impossibilità di tollerare il dramma di popolazioni ferite e bisognose di un aiuto più consistente di quello dato dai pochi volontari, ben altra valenza ha la storia d'amore appiccicata su quei drammi, un rapporto lungo tredici anni, cominciato in Sierra Leone e protratto tra alti e bassi fino ai giorni nostri. Una storia d'amore che non coinvolge, anche a causa di un montaggio poco riuscito che ci porta avanti e indietro nel tempo, e che sembra avere la sola funzione di far emergere, attraverso i dialoghi tra i due protagonisti, i dubbi e le riserve riguardo un lavoro sul campo che non può aiutare quanto dovrebbe e che meriterebbe un supporto a livello mondiale molto più deciso.
Movieplayer.it
1.5/5