Se il cinema rumeno degli ultimi dieci anni è stato in grado di conquistarsi un posto importante nel panorama festivaliero internazionale è merito di un manipolo di giovani e coraggiosi registi che con il loro stile realistico ed un tono spesso ironico hanno cambiato per sempre la cinematografia di un paese ancora in cerca di una vera e propria identità dopo la morte di Ceausescu.
Tra questi c'è sicuramente Cristi Puiu che anzi nel 2005 è stato proprio il regista che ha dato il via alla lunga sfilza di premi vincendo a Cannes Un Certain Regard con The Death of Mr. Lazarescu, un'opera ricca di umorismo nero e grottesco a cui era seguito, cinque anni dopo e sempre presentato al festival francese, Aurora, opera drammatica e ostica. Questo nuovo lavoro che arriva a sei anni dal precedente e che per la prima volta concorre per la Palma d'oro è qualcosa di ancora diverso: Sieranevada è un racconto di un pomeriggio trascorso in famiglia in cui si intrecciano segreti e rancori, risate e benevole prese in giro, discussioni politiche e ricordi di persone ormai lontane.
Dietro le porte chiuse
Non c'è quindi una vera trama o un unico tema, ma esattamente com'è capitato a ciascuno di noi più di una volta, quando si incontrano parenti e amici lontani si parla del più e del meno, si affrontano argomenti di attualità, si rivanga il passato e si cerca di risolvere tensioni e piccoli e grandi problemi. Con lunghissimi piani sequenza, una narrazione quasi sempre in tempo reale ed un'inquadratura sempre all'altezza degli occhi, Puiu ci porta in questa casa in punta di piedi, come fossimo degli ospiti educati e timorosi: molto di quello che succede nella prima parte del film lo "osserviamo" dal vestibolo, fermi e rispettosi della privacy di una famiglia che non è (ancora) nostra.
Osserviamo uomini e donne sconosciuti che entrano ed escono da numerose stanze, e mentre cerchiamo di capire di cosa parlino, quale sia il motivo di questa riunione, ci vengono sbattute in faccia diverse porte. Perché non siamo ancora pronti, non siamo ancora parte di questo nucleo familiare. Con il passare del tempo - il film dura 2 ore e 47 ma, per chi ama questo tipo di cinema ovviamente, scorrono come niente fosse - queste mezze frasi che ascoltiamo in modo sfuggente acquistano un senso, assumono un contesto diverso e allora pian piano veniamo invitati all'interno di queste stanze e di questa famiglia.
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Il mondo in un appartamento
Cosa c'è in queste stanze, dietro queste porte chiuse? Un neonato che dorme, una donna di mezza età che piange perché tradita dal marito, una ragazza ribelle e la sua amica ubriaca, un ragazzo che fermamente crede nelle teorie di cospirazione, un'anziana granitica che rimpiange l'epoca comunista e una giovane donna che invece la contraddice e controbatte fino alle lacrime. Come già detto c'è tutto quello che abbiamo tutti quanti vissuto in prima persona, ovvero la vita stessa, nel suo essere banale, ricchissima e vuota al tempo stesso, fatta di verità e bugie, lacrime e risate.
Ma Puiu non si limita solo a riprodurre la realtà, ma riesce a parlare ancora una volta del suo paese e dell'enorme cambiamento che ha dovuto affrontare e che ancora fatica a capire; parla della difficoltà di comunicare tra vecchie e nuove generazioni; dell'incubo del terrorismo, di religione, delle colpe dei padri, dell'importanza della memoria. Se riesce ad unire temi serissimi come l'11 settembre e Charlie Hebdo a racconti spesso esilaranti e sopra le righe è perché ha l'incredibile dote della naturalezza e di una direzione degli attori esemplare che ci permette davvero di sentirci a casa. Insieme ad una famiglia folle, caotica e spesso irritante che abbiamo conosciuto poche ore prima, ma che non possiamo che sentire anche un po' nostra.
Movieplayer.it
4.0/5