Estate del 1920, spiaggia della Côte d'Opale: due famiglie, i ricchi e incestuosi Van Peteghem, e i pescatori cannibali Brufort, si incontrano, si annusano e cercano letteralmente di divorarsi, sotto lo sguardo assente del commissario Machin (Didier Desprès), che cerca di ritrovare diverse persone scomparse, finite nella dispensa dei Brufort. Presentato in concorso al Festival di Cannes, Slack Bay è il nuovo film di Bruno Dumont, premiato proprio a Cannes nel 2006 con il Gran premio della giuria per Flanders e in concorso alla Quinzaine del 2013 con la serie P'tit Quinquin: ancora una spiaggia, ancora misteriosi e macabri omicidi, ancora un umorismo surreale e grottesco.
Con un gusto ammirevole per immagini e colori (splendida la fotografia di Guillaume Deffontaines), che fanno pensare ai quadri di Claude Monet e Marc Chagall, Dumont costruisce un mondo dall'immaginario suggestivo, in cui la bellezza della natura è in contrasto con le figure umane che la popolano, sagome distorte e disturbanti, dalle posture improbabili e risate quasi demoniache, personaggi che sono più macchiette che persone, mosse come pupazzi in uno spettacolo di marionette.
Un cast stellare portato all'estremo
Ad intrecciare i destini delle due famiglie ci pensano i primogeniti Ma Loute (Brandon Lavieville), che dà il titolo alla pellicola, e Billie (Raph), adolescenti alla prima cotta, traghettatore lui e ribelle lui, sì sempre lui (o lei?!), che si veste a seconda dell'umore da donna e da uomo, alternando una parrucca di lunghi capelli a un taglio rasato, inquieti e inquietanti Romeo e Giulietta incuranti delle differenze sociali. Attorno a loro degli adulti mostruosi, inclini all'incesto i Van Petersen ("perché tra gli industriali si usa così") e feroci cannibali i Brufort, interpretati da alcuni dei maggiori talenti francesi, come Fabrice Luchini, Juliette Binoche e Valeria Bruni Tedeschi. Stralunati e ridicoli, gli attori sono portati all'eccesso, con voci stridule, gesti esagerati, mimica estrema, finendo quasi per aggredire lo spettatore, cui inizialmente strappano qualche risata, ma che si trasforma presto in gelo alla centesima ripetizione della stessa battuta (a meno che non si tratti di uno spettatore francese).
Una battuta fa ridere la prima volta, alla centesima è il gelo
Il pingue commissario Machin che rotola giù da una duna per guardare meglio le prove provoca ilarità al primo capitombolo, alla decima volta la gag perde però fisiologicamente la sua forza: Ma Loute è esattamente come questo personaggio, incatenato da una massa pesante fatta di ambizione e istrionismo, che cerca di librarsi in aria grazie alla bellezza delle immagini, ma finisce per essere abbattuta dalla sua stessa presunzione, soffocata dalla voglia di stupire e spiazzare a tutti i costi.
Movieplayer.it
2.5/5