Ancora un'attualizzazione di Shakespare a tinte forti. Con Cymbeline, Michael Almereyda fa il bis mutuando linguaggio e interprete di Hamlet 2000, diretto nel 2000, per immergere i versi immortali del Bardo in un contesto contemporaneo. L'operazione ormai viene ripetuta con una certa frequenza e finora nessuno è riuscito a raggiungere le vette dell'ispiratissimo Baz Luhrmann di Romeo + Giulietta, un po' perché ormai vedere brutti ceffi vestiti con giubbotti di pelle parlare in pentametri giambici pistola in pugno non è più una novità, ma soprattutto perché lo sguardo visionario e barocco di Luhrmann è qualcosa di unico nel panorama cinematografico.
Accantonata la possibilità di contare sull'effetto sorpresa, la pellicola firmata da Almereyda lavora per accumulazione mettendo insieme un cast di interpreti famosi. Il regista, per una volta, tralascia i capolavori di Shakespeare noti a tutti per andare a scovare un'opera minore, da tempo oggetto di dibattito critico. La storia di Cimbelino, lavoro a metà tra tragedia e romance, presenta molti punti in comune con Romeo e Giulietta, con in aggiunta una spruzzata di Amleto e Come vi piace, ma almeno a giudicare dalla versione di Almereyda non possiede né il pathos né la vis epica delle celebri tragedie. Cymbeline parte già svantaggiato perché non può contare sulla capacità del pubblico di colmare i vuoti narrativi con le proprie conoscenze. A peggiorare la situazione, le somiglianze con Romeo e Giulietta fanno pesare come un macigno il divario tra i due lavori. Così la Dakota Johnson pre-Cinquanta sfumature di grigio con caschetto da maschiaccio (come da topos si traveste da uomo per sfuggire ai suoi persecutori) non ha neppure un decimo del poetico fascino di Claire Danes o della Giulietta zeffirelliana Olivia Hussey.
Shakespeare tra i motoclisti
In Cimbelino Shakespeare cita se stesso e Michael Almereyda fa lo stesso infarcendo la sua pellicola di armi, moto custom, skateboard, iPad, iPhone e fugaci collegamenti a Google per mettersi in contatto con l'amato, esiliato per via di una perfida e regale matrigna che ha le splendide fattezze di Milla Jovovich. A far le spese delle macchinazioni della donna, assetata di potere e tanto astuta da esercitare il proprio controllo sul marito, il re Cimbelino (Ed Harris), è la figliastra Imogene (Dakota Johnson), innamorata dello spiantato Postumo (Penn Badgley), ma caldamente invitata per ragioni di opportunità a sposare il meno appetibile Cloteno (Anton Yelchin). Sarà la ribellione di Imogene il vero motore della tragedia che si innesca e che distrae Cimbelino dalle attività illecite della sua banda di bikers, il Briton Motorcycle Club. Essendo Cimbelino un'opera piena di intrighi, Michael Almereyda si trova costretto per forza di cose a operare per sottrazione condensando gli eventi principali e riducendo il testo. Nel contempo prova a valorizzare i suoi personaggi dondando loro qualche scena madre a effetto. Così vediamo Ethan Hawke, già interprete di Hamlet, qui nei panni dello pseudo-Iago Iachimo, recarsi a casa di Imogene vestito come un rappresentante per testare la sua fedeltà nei confronti di Postumo. Il personaggio, viscido e doppiogiochista, troverà il modo di far credere a Postumo di essere riuscito a sedurre la giovane così da spingerlo a ordinare la morte della sua promessa sposa. Quanto alla bellissima Milla Jovovich, la vediamo cantare lasciva sussurando al microfono rivolta al pubblico in un profluvio di sensualità e violenza, rigorosamente in montaggio alternato.
Il regno pop di Cimbelino fuori dal tempo
L'adattamento variopinto, ma non particolarmente brillante, di Michael Almereyda non aiuta gli interpreti a dare il meglio di sé e se Ethan Hawke e Ed Harris procedono col freno a mano tirato, a spiccare è la vecchia volpe John Leguizamo nei panni di Pisanio, servitore cool che aiuterà Imogene e Postumo a riunirsi. Per non farsi mancare niente perfino il fantasma del padre di Postumo, interpretato da Bill Pullman, fa la sua comparsa per turbare i sonni del giovane. Più autocitazione di così.
Per risultare accattivante nei confronti del pubblico giovane, Cymbeline abbonda in scene action e violenza e il sangue sgorga dai corpi copioso. Almereyda si concentra, però, più sul look visivo della sua produzione, scegliendo con cura le allucinate location, le musiche d'atmosfera e puntando sulla fotografia solare dai toni accesi di Tim Orr più che sul concept. Il processo di modernizzazione non si compie lasciando il film allo stadio di adattamento superficiale e modaiolo. Non bastano una moto e un cellulare a radicare nel presente una storia infarcita di anacronismi che, nel contenuto, aderisce in tutto e per tutto all'originale letterario. Nel complesso Cymbeline risulta un lavoro scorrevole e divertente, ma senza pretesa artistica. Per chi mastica pane e Shakespeare è un po' poco.
Conclusioni
Nel suo Cymbeline, Michael Almereyda punta su un look accattivante, su un cast pieno di star e sugli aspetti gore della vicenda mettendo da parte le ambizioni artistiche per far presa sul pubblico più giovane. Piacevole divertissement, ma incapace di cancellare quel sapore di già visto.
Movieplayer.it
2.0/5