L'amore è un dardo
Con la Guardia di Finanza alle calcagna, il dottor Alberto Benni, proprietario di una clinica psichiatrica e accusato di aver evaso il fisco, si trova a dover abbandonare Roma, in attesa che si calmino le acque. Indossa l'abito talare di un suo paziente e fugge a Trento dove, con sua somma sorpresa, viene scambiato per un prete vero e invitato a guidare la parrocchia di Fiera di Primiero. A digiuno di liturgia (e a dire il vero di tutto il resto), Alberto, diventato Don Dino, può contare sull'aiuto della perpetua Tina e del sagrestano muto Oscar (Simone Barbato), più che mai felici, dopo l'iniziale perplessità, di lasciarsi travolgere da quel sacerdote moderno. Uno che abolisce le confessioni per fare una sorta di terapia di gruppo e che ama fare rafting.
Proprio durante una delle gite in canoa, Alberto perde i sensi e viene salvato da Angela (Luisa Ranieri), maresciallo dei carabinieri del paese, che sembra subire il fascino dell'uomo, dimenticandosi di essere in realtà promessa sposa al sindaco. Amore ha scoccato le sue frecce, ma a quanto pare nessuno dei due può rispondere affermativamente alla chiamata di Eros. Almeno fino a quando Alberto non verrà scagionato e potrà chiedere la mano di Angela dopo aver celebrato il falso matrimonio della donna, per di più con un fedifrago di prima qualità.
All'ombra del Cupolone è Ermete Maria Grilli a soffrire per problemi di cuore. Ambasciatore presso la Santa Sede, poliglotta e dalla rigida morale cristiana, si innamora perdutamente di Adele Ventresca (Anna Foglietta), pescivendola del mercato di Borgo Pio, con un debole per i coatti. Accecato da quel sentimento chiede aiuto al suo autista Nando che lo sottopone ad un tour de force estenuante per diventare un vero avanzo di periferia e conquistare finalmente la sua bella. Almeno fino a quando non arriverà il momento di dire la verità. C'è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d'antico". Prendiamo in prestito il verso di una poesia di Giovanni Pascoli per presentare l'ultimo nato di casa Filmauro, Colpi di fulmine, la pellicola che dovrebbe innovare la tradizione del cinepanettone, guardando alle commedie rosa del passato. Programmato al posto del classico film di Natale, questa produzione non rientra nella categoria appena citata, poiché i suoi riferimenti sono altri (e più alti); tanto basta però per elaborare teorie sulla fine della gloriosa epoca dei 'Natali a' e per parlare di ristrutturazione. Esaurito il filone della comicità nazional-popolare più trita, si va quindi a pescare in quel vasto repertorio di operette che negli anni '50 e '60 hanno contraddistinto una larga fetta della produzione cinematografica italiana; favole a lieto fine, un po' maliziose, costruite attorno a un gruppo di personaggi riconoscibili e in cui facilmente ci si potesse identificare, tutti buoni e pasticcioni. Il regista segue rispettosamente questo canovaccio, lo svecchia quel tanto che basta per attirare gli spettatori più navigati e lega due storie attorno a quel suggestivo tema che è l'amore a prima vista. Uno sguardo, la (metaforica) scarica elettrica lungo la schiena e, a seconda dei casi, la certezza di aver trovato l'altra metà della mela o di essere condannati ad una sofferenza senza scampo. Quello di Neri Parenti è un film schizofrenico, per rimanere in tema con il personaggio dello psichiatra interpretato da Christian De Sica, un'opera nettamente spaccata a metà, composta da una prima parte simpatica, ma non sconvolgente, che coi suoi ritmi lenti prepara alla scorpacciata di risate della seconda, dominata dalla verve di Claudio Gregori e Pasquale Petrolo. Lillo e Greg giocano in casa e si vede e riescono a dar respiro a tutta la commedia, diventandone mattatori assoluti. I tempi comici sono perfetti e il miscuglio di italiano colto e dialetto romanesco, pezzo forte delle esilaranti lezioni che Nando impartisce a Ermete, diventa una miccia detonante che fa brillare tutto il film e fa chiudere un occhio sulla canonica e francamente ripetitiva descrizione del mondo coatto. Più sommesso e stanco il primo episodio, con un De Sica che si rifà per modi e movenze al Vittorio De Sica de I due marescialli, contando su una spalla come Rosalba Pippa (in arte Arisa) che richiama la burbera Caramella di Pane, amore e fantasia. Nulla di grossolano o stonato, sia chiaro, c'è anche il gustoso cameo di Vauro nei panni di Don Brunoro, il padre Ralph delle valli trentine, ma la storia procede ad una velocità così diversa rispetto alla parte successiva, che non può non essere notato. Sarà per il fisiologico bisogno di rielaborare gli intrecci attorno ad un attore che, in questo genere così particolare, ha dato tutto, o semplicemente per il comprensibile sforzo di proporre altro, ma ciò che pare evidente al volgere del 2012 è che Christian De Sica non sia più la stella indiscussa del film di Natale, la parte forte della coppia comica, la canaglia sciupafemmine, ma lascia spazio, passateci il termine, a due comprimari di gran lusso come Lillo e Greg. Se rischio c'è stato da parte di Aurelio De Laurentiis e del suo entourage si tratta comunque di un rischio calcolato; il prodotto confezionato ad hoc per il periodo delle feste è piacevole e saprà farsi valere in virtù di quei pochi e semplici ingredienti che fanno il successo di ogni commedia leggera: risate, buoni sentimenti e interpreti sufficientemente ispirati.
Movieplayer.it
3.0/5