In concomitanza con l'annuncio dell'intenzione di Obama di regolarizzare cinque milioni di immigrati, in Italia arriva al cinema un film piccolo, ma incisivo. A produrlo e interpretarlo è la star Gael García Bernal che, insieme a Diego Luna, ha fondato la Canana Film proprio per produrre e realizzare opere di valore sociopolitico e per lanciare autori sudamericani meritevoli di attenzione.
Chi è Dayani Cristal? è un documentario atipico perché, oltre a far uso della struttura tradizionale del genere alternando interviste e immagini di repertorio, amplia la visione con la scelta di mostrare Gael Garcia Bernal in un flusso di flashback nei panni del personaggio al centro dell'inchiesta. Questo elemento fictional non turba l'estremo rigore dell'indagine messa in piedi da Bernal insieme a Mark Silver, ma amplifica il pathos nel trattare un tema caldo come quello dell'immigrazione clandestina dai paesi del Centro America agli Stati Uniti.
Il corridoio della morte
Chi è Dayani Cristal? si apre con il ritrovamento di un cadavere in decomposizione nel deserto di Sonora, nel cuore dell'Arizona. Sul petto del corpo è leggibile una scritta, tatuata tempo prima, Dayani Cristal. Seguendo le mosse della polizia di frontiera e del Pima County Morgue, che ha il compito di identificare il defunto, il regista Mark Silver dà vita a un'indagine che tenti di rispondere alle numerose domande che il film si pone. Chi è realmente Dayani Cristal? Da dove proviene? Come è morto? Cosa si nasconde dietro il tatuaggio che mostra sul petto? Cosa lo ha spinto a intraprendere un viaggio così pericoloso nel deserto separandosi dai propri cari? Ad aiutare Silver nella sua ricerca vi è Gael Garcia Bernal, attore e attivista politico, che ricostruisce le tappe del cammino del defunto fin dalla sua partenza dall'Honduras, sua nazione d'origine, attraverso un difficoltoso viaggio clandestino che lo avrebbe dovuto condurre a San Francisco.
L'umanità prima di tutto
Il film si muove su due binari paralleli. Da un lato lo spettatore viene informato con precisione delle procedure messe in atto dal governo degli Stati Uniti e dalle autorità locali per arginare il fenomeno dell'immigrazione clandestina. Negli ultimi anni le leggi si sono inasprite, i controlli alle frontiere sono stati rafforzati, sono stati spesi milioni di dollari per costruire un muro al confine tra California, Arizona e Messico e si sono intensificati i rimpatri forzati da parte delle autorità americane. Come spiega un funzionario governativo, questi sforzi hanno arginato in parte l'immigrazione, ma non il numero di morti, che aumenta di anno in anno. Di fronte all'impossibilità di entrare legalmente negli Stati Uniti, i migranti più disperati tentano il tutto per tutto affrontando un viaggio rischioso a bordo di treni merci e poi attraverso la pista del deserto di Sonora, il cosiddetto 'corridoio della morte', più breve e meno battuto dalle guardie di frontiera rispetto all'area californiana, ma letale per molti viaggiatori per le sue condizioni atmosferiche proibitive. L'uomo dal petto tatuato è solo una delle tante vittime della povertà, invisibili in vita e nella morte. Il documentario mostra le procedure attuate per identificare il corpo che, come tanti altri migranti, ha con sé solo documenti falsi o più spesso niente che possa far risalire alla sua identità. Dayani Crystal verrà riconosciuto proprio grazie al tatuaggio, ma tanti altri, meno fortunati, finiranno in una fossa comune approntata dal governo dell'Arizona o verranno cremati senza lasciare traccia. Come confessa una degli ufficiali che si occupano di tali procedure legali, di fronte a morti così ingiuste l'unica cosa da fare è cercare di restare umani.
Eroi migranti
Gli squarci lirici del film, che fanno da contraltare alla parte meramente documentaristica, sono quelli che vedono Gael Garcia Bernal nei panni di Dayani Cristal. O forse di un altro migrante, delle centinaia, migliaia di migranti che ogni giorno affrontano un viaggio verso l'ignoto mettendo a repentaglio la propria vita per trovare ciò che resta del sogno americano. Bernal sperimenta le fatiche e i disagi del cammino, ma anche la solidarietà tra migranti, usufruisce della rete di rifugi e alberghi messi in piedi in Messico per fornire un pasto caldo a chi tenta la traversata verso gli Stati Uniti e ne incarna la speranza. Mentre Mark Silver cerca di mantenere un punto di vista neutro nel descrivere il loro dramma, Bernal sposa fino in fondo la loro causa definendoli "eroi migranti" e mettendo in scena una purezza della povertà che non corrisponde a verità. A controbilanciare questa visione eccessivamente idealistica ci pensano le dolorose testimonianze dei veri familiari del defunto. La moglie, i fratelli e il padre, ricostruiscono la sua storia di disperazione e la scelta di partire 'verso Norte' per guadagnare il denaro che gli serve a curare uno dei tre figli, malato di leucemia. Solo alla fine del film scopriremo il mistero che si nasconde dietro il tatuaggio Dayani Cristal, ma l'unica consolazione, per chi resta, sarà quella di riavere delle spoglie da onorare con un ultimo saluto.
Conclusioni
Un documentario necessario affronta un tema caldo che ci tocca tutti da vicino, quello dell'immigrazione illegale. Gael Garcia Bernal punta il dito contro il sistema che costringe i migranti a rischiare la vita - e spesso a perderla - nel tentativo di recuperare una fetta di quel sogno americano ancora mitizzato dai poveri del Centro America. Il tutto senza rinunciare a uno sguardo lirico.
Movieplayer.it
3.5/5