Craig ha ventisei anni e lavora come pubblicitario. Alla vigilia del 'grande passo' della convivenza con la sua ragazza storica Allison, racconta a tutti di dover partire per un improvviso viaggio di lavoro e invece parte in solitudine verso il Sud degli States alla ricerca delle attrazioni più grandi del mondo con la speranza di tornare a visitare uno dei luoghi più evocativi della sua infanzia. Manca una settimana al trasferimento a San Francisco e all'inizio della sua nuova vita e Craig approfitta del momento per raccontare un'ultima piccola bugia e procurarsi così quella che ai suoi occhi è l'ultima possibilità di intraprendere il viaggio della vita.
Munito di carta stradale, di un bancomat e di un cellulare, sale così a bordo della sua Volvo e si mette in cerca di se stesso e di emozioni forti, di luoghi sperduti e significativi, di persone nuove con cui interagire e confrontarsi in modo da esorcizzare la sua paura di diventare grande. Il tutto come se non ci fosse un domani. Il suo unico appiglio alla realtà sono le telefonate piene di bugie con Allison, che nel frattempo insieme ai genitori è in cerca di una casa da comprare, e quelle con il fratello maggiore che non sembra essere molto interessato alle sue fisiologiche paturnie esistenziali.
Prospettive e dimensioni
Con una narrazione tutt'altro che scontata ma lineare e senza artifici di sorta, Bryan Reisberg ci regala un road-movie insolito, divertente, ricco di malinconia, di umorismo grottesco e amaro disincanto, un film che ci pone di fronte alle gigantesche solitudini di un ragazzo che sono poi quelle di una generazione e di un'intera nazione. Non è mai facile guardare con obiettività le routine e le limitazioni che ci impone oggi la vita moderna, ed è forse per questo che Craig cattura sin da subito la simpatia di chi guarda, perché le sue espressioni, sempre a metà tra entusiasmo e disperazione, incarnano un po' quel bisogno ancestrale dell'essere umano di mollare tutto e scappare in cerca di nuove avventure.
Quando si arriva alla decisione di affrontare un viaggio come questo è perché o si sta fuggendo da qualcosa o si sta lottando per qualcosa, ma il bello di questa storia è che il nostro protagonista non è il solito sfigato, frustrato che ha solo paura di prendersi carico delle responsabilità. E' invece un ragazzo normalissimo, che ha una vita regolare, un lavoro stabile ed è innamorato della ragazza che ha scelto come sua compagna di vita, ha solo un gran bisogno di comunicare, di condividere i suoi stati d'animo e trovare nel confronto e nella vicinanza con gli altri le conferme di cui ha bisogno. E' per questo che una volta arrivato nei luoghi d'America che ospitano le attrazioni più grandi del mondo Craig si ferma, le fotografa e si mette a chiacchierare con la gente del posto, molto spesso suoi coetanei. Come se quella 'grandezza' potesse regalargli la certezza che lì diventare grandi potesse essere più facile che altrove.
Partire è un po' morire
Straordinaria prova attoriale del giovane Harry Lloyd (il Viserys Targaryen de Il trono di spade) che regge su di sé tutto il film calandosi alla perfezione nei panni di un personaggio atipico, un sognatore romantico e anche un po' naif che dietro alla sua faccia pulita da bravo ragazzo non nasconde mai la sua vera natura ma solo un disperato bisogno di mettersi alla prova, di esplorare, di comunicare le sue emozioni ed essere ascoltato, di prendere decisioni importanti anche e soprattutto sulle piccole cose. Si renderà presto conto che non le sue aspettative e il suo viaggio interiore alla ricerca di comprensione e di condivisione è destinato ad andare di pari passo con la desolazione che incombe sul paesaggio circostante, un'interminabile sequenza di piccoli centri abitati popolati da persone in cerca di brevi ma intense evasioni dal destino che presto le imprigionerà per sempre, collegati fra loro da lunghi tratti stradali pressoché disabitati. In un crescendo di disillusione e amarezza, Craig maturerà più consapevolezza di sé e si convincerà che forse il segreto non sta nel contemplare le cose grandi ma nel saper apprezzare le piccole cose della vita.
Conclusioni
Un esordio con i fiocchi per il venticinquenne regista del Maryland, che ha il grande merito di unire originalità e introspezione psicologica in un piccolo road-movie costruito più per porre domande che per fornire risposte. A little and very significant movie.
Movieplayer.it
3.5/5