Siamo in un liceo giapponese come tanti, durante una lezione come tante. Shun, giovane annoiato, è stancamente seduto al suo banco, perso nei suoi pensieri e avulso dalla lezione. A scuoterlo dal suo torpore, tutt'a un tratto, un fatto orribile e inspiegabile: la testa dell'insegnante improvvisamente esplode, e dal collo mozzato fuoriesce un Daruma, bambola di forma sferica appartenente alla tradizione nipponica. L'oggetto, parlante, immobilizza Shun e i suoi compagni in una sorta di gioco macabro alla "un, due, tre, stella": chi si muove subisce la stessa sorte dell'insegnante. In breve, nella classe è un bagno di sangue.
Shun, sfruttando la sua intelligenza, riesce a sopravvivere, solo per ritrovarsi catapultato in un'ulteriore, letale "prova": un gigantesco Maneki neko (il gatto della fortuna giapponese) insegue lui e un gruppo di giovani provenienti da altre classi, all'interno di una grande sala. Qualcosa, forse un'intelligenza extraterrestre, forse una divinità capricciosa, sta giocando sadicamente con gli adolescenti di tutto il mondo, sottoponendoli a infantili prove che hanno come posta in palio la vita. Mentre Tokyo è sorvolata da un gigantesco, inaccessibile cubo, all'interno del quale sono prigionieri i giovani, le principali piazze rimandano, sui maxischermi, le gesta dei vincitori, presto trasformati dal pubblico in eroi.
Metafisica pop
Come spesso ha fatto nel corso degli ultimi anni, Takashi Miike prende spunto per questo nuovo As the Gods Will da un recente manga, opera del fumettista Muneyuki Kaneshiro, e per ora inedito in Italia. Per il regista nipponico, che negli ultimi anni ha tenuto la sua strabordante prolificità relativamente sotto controllo (attestandosi su una media di due-tre film l'anno) l'occasione è quella di offrire una riflessione, in salsa pop, sui temi del destino e della volontà, e sull'intervento del fato (o di un'eventuale divinità) nelle vicende umane. Per far ciò, il regista mescola disinvoltamente, come da sempre è uso fare, cultura alta e bassa, riferimenti alla modernità ed elementi del folklore nipponico, ipercinetismo da manga ed elementi di metafisica. Tutto il suo nuovo film si muove sul crinale, sottilissimo, che separa il puro intrattenimento (già espresso in opere come The Mole Song - Undercover Agent Reiji) dalla trattazione filosofica in forma di film di genere, che era al centro di pellicole come Big Bang Love, Juvenile A: un crinale sul quale Miike è abile a muoversi, nonostante la sua incontenibile voglia di giocare con le citazioni, le contaminazioni, i riferimenti incrociati (alla tradizione, alla cultura di massa, all'attualità, al cinema di cui si è nutrito) con i relativi rischi di perdita di equilibrio. Eppure, anche qui, il gioco per gran parte riesce: nonostante il suo mood ludico, As The Gods Will dissemina interrogativi, apre porte su universi possibili, chiama a interpretazioni. A un ritmo surriscaldato, come sempre.
Yin e Yang, sull'orlo della fine del mondo
Al centro della vicenda, un personaggio più complesso di quanto potrebbe apparire in prima battuta, quello del protagonista Shun interpretato da Sôta Fukushi: un carattere che progressivamente, nella storia, subisce più di un'evoluzione, riservando diverse sorprese. La dialettica tra tensione alla normalità e contatto con la morte, noia e voglia di sovversione, ordine sociale e anarchia, è perfettamente riassunta nel suo personaggio, e trova il suo ideale termine di confronto/scontro nella sua apparente nemesi: quella del crudele compagno di scuola, anima interamente votata al male, desideroso di superare tutte le prove, eliminare i compagni e divenire infine una vera e propria divinità. La tensione tra i due personaggi attraversa trasversalmente l'intero film, proponendo, a più riprese, l'interrogativo di quanto realmente l'anima di Shun sia distante da quella del compagno malvagio. Una domanda che resta priva di una reale risposta, malgrado la netta scelta del protagonista per il campo della luce, alimentata dai suoi sentimenti per la compagna di classe e amica d'infanzia, la Ichika interpretata dalla giovane Hirona Yamazaki. Ma l'elemento del caso, ultima forza che, nella visione del film, governa i destini umani, rimetterà drasticamente in discussione il tutto: anche, e soprattutto, la bontà delle scelte di Shun. In controluce, nel film è leggibile (seppur solo accennata) una riflessione sui media, sulla deificazione dei loro eroi, sulla modernità che crea icone trasformandole, letteralmente, in santini dell'era digitale. Avviando con ciò, forse, la sua stessa distruzione: se ad opera di vere (e adirate) divinità, o delle sue stesse azioni infine personificatesi, in fondo poco importa.
Conclusioni
Come molti dei film di Miike, As The Gods Will può essere visto, e fruito, a diversi livelli: quello puramente ludico (nel qual campo offre comunque un ottimo intrattenimento), quello della riflessione metafisica, quello di un'opera di genere figlia della contaminazione tra i linguaggi. Nel suo (ri)mescolare stili, riferimenti e suggestioni, e nella consapevolezza dei rischi che ciò comporta, resta comunque un altro, importante tassello, nella filmografia di un cineasta unico.
Movieplayer.it
3.5/5