Perché una donna del 2000 dovrebbe essere così appassionata di Jane Austen? Semplice, perché Jane Austen ancora oggi, anzi verrebbe da dire soprattutto oggi, è una creatura indimenticabile, un modello a cui aspirare senza mezzi termini; nell'800 ebbe il coraggio di essere donna e scrittrice, di plasmare personaggi femminili a tutto tondo, pieni di passione e coraggio, dalla forte identità, capaci di mandare in un bellissimo corto circuito i propri innamorati e di farsi travolgere a loro volta dalla passione. Restare insensibili al richiamo della possibilità di una femminilità diversa, più piena, è restare insensibili alla vita. Non stupisce quindi che un'autrice del genere sia una fonte continua d'ispirazione per narratori di ogni tempra, stupisce semmai la facilità con cui il suo spirito viene stravolto, volgarizzato, trasformato in qualcosa di completamente diverso.
Le colpe stavolta vanno addebitate alla regista e sceneggiatrice di Alla ricerca di Jane, Jerusha Hess, che, pur trovandosi nelle condizioni migliori, ad adattare cioè per il grande schermo un best seller molto molto rosa, con la concreta speranza di migliorarlo, ci propone invece un prodotto piuttosto povero. Dietro al film si celano due delle menti più furbe del panorama letterario internazionale, Shannon Hale, autrice del romanzo da cui la commedia è stata tratta (Austenland) e soprattutto Stephenie Meyer, madre di tutti i Twilight, qui produttrice esecutiva; le citiamo non solo per dovere di cronaca, ma perché la loro presenza ben sintetizza lo spirito 'facile' di questa pellicola che è tutta un trepidar di cuori sotto i pizzi e i ricami.
L'importante è Darcy
Jane Hayes è una trentenne devota alla Austen e innamorata persa dell'eroico Fitzwilliam Darcy, protagonista di Orgoglio e Pregiudizio, presente eternamente nel suo monolocale grazie ad un cartonato a figura intera di Colin Firth; un amore così puro e totale da spingerla lontano dalla realtà. Quale uomo in carne ed ossa, in fondo, potrebbe mai competere con il gentiluomo che fa capitolare Elizabeth Bennet. Chiusa l'ennesima relazione deludente, dunque, Jane decide di cambiare vita regalandosi un viaggio da sogno là dove tutto ha avuto inizio, nell'Inghilterra di Miss Austen. Si affida ad un agente senza scrupoli che in men che non si dica le appioppa un soggiorno a cinque stelle (ma saranno solo due e mezzo, in realtà) nella favolosa tenuta di Austenland, una magione gestita da una signora piuttosto particolare, che permette a tutti gli ammiratori della Austen di vivere le stesse emozioni dei suoi libri.
Attori opportunamente indottrinati accolgono così le damigelle venute da lontano, Jane in testa, e le aiutano a realizzare un amore da favola. Ahimè, nulla è in realtà come sembra. Per Jane, titolare di un pacchetto rame, quello senza confort, si profilano giorni da incubo: stipata negli appartamenti della servitù e addobbata con i costumi più poveri, è costretta a presentarsi nel salotto buono di Austenland senza armi a disposizione, se si eccettua per l'intelligenza vivace e il brillante eloquio. Emarginata, ma non sconfitta, come una vera eroina della Austen, la ragazza spera di trovare il suo Darcy, prende una sbandata per lo stalliere (da Ragione e sentimento a L'amante di Lady Chatterley, insomma), trepida per un nobiluomo, fugge dal suddetto nobiluomo quando si rende conto che tutta quella vacanza è solo una messa in scena, salvo poi accorgersi che sotto il costume da bellimbusto batte il cuore di un uomo sinceramente innamorato.
L'importanza di essere Jane
Alla ricerca di Jane è una commedia sentimentale dalla costruzione elementare che vanifica il buon potenziale di una storia godibile con una scrittura discontinua, senza mai decidersi sul registro da adottare. I momenti buffi nascono dai contrasti tra modernità e bei tempi andati, cioè tra gli affari di un gruppo di attori da strapazzo, gestiti da una megera di poca classe (Jane Seymour) e i ruoli che si trovano costretti a recitare per rendere credibile la recita, ma non si può dire che facciano molto ridere. I sussulti sentimentali vengono affidati ai tumulti interiori di un'eroina piuttosto impacciata che con la Austen condivide il nome e un certo puntiglio, ma che non può certo dirsi affascinante, almeno non dal punto di vista narrativo, perché Keri Russell in verità è sempre molto graziosa. Dove il film perde colpi, dunque, è nella gestione delle dinamiche che scaturiscono dal gioco di finzione innescato dall'esistenza stessa di Austenland. Attori più smaliziati di questi avrebbero faticato a tenere questo doppio binario e tutto il film ne soffre, dandoci l'impressione di aver assistito ad un simpatico e innocuo TV movie da tè delle cinque.
Movieplayer.it
2.0/5