Con Real, Adele Tulli forza i confini del genere documentario per esplorare il mondo del web tra realtà virtuale, avatar, influencer e YouTuber. La regista di Normal sceglie, stavolta, la via della futura "normalità" (per qualcuno già "presente") per esplorare la rete utilizzando un linguaggio innovativo, frutto di un notevole impegno sul piano tecnico. Un viaggio pionieristico e rivoluzionario sia sul piano del contenuto che della forma, nato da una riflessione legata a un momento particolare, come rivela Tulli.
"Le suggestioni alla base di Real sono nate durante la pandemia. In una situazione impensabile in cui l'unico accesso all'esterno erano gli schermi ho cominciato a scrivere le prime idee" spiega la regista. "Poi c'è stata una lunga fase di ricerca in cui abbiamo incontrato esperti, accademici, filosofi per arrivare a fondo nella trama. L'idea era raccogliere storie diverse per raccontare i vari aspetti del vivere interconnesso. In contemporanea abbiamo fatto i primi test di ripresa per previsualizzare il risultato".
Real: l'umano visto dal digitale
Guru mediatici, camgirl, avatar, strani alieni che si aggirano per e città. La fauna digitale che popola Real è decisamente variegata, ma come garantisce Adele Tulli, a esclusione dell'alieno che si aggira per Venezia, tutti i personaggi reali e virtuali che appaiono nel film sono esistenti. "Ho vissuto a lungo a Londra, una città invasa da telecamere di sorveglianza" ci dice. "Un giorno ho visto un uomo che si è messo una maschera da alieno sotto una telecamera e se ne è andato a Trafalgar Square attirando la curiosità dei turisti. Volevo tenerlo nel mio racconto". Per dar vita a Real, Adele Tulli ha usato internet come un "archivio della contemporaneità" identificandone i trend del momento. E così assistiamo alla crisi dei creatori di contenuti, che in un momento del film denunciano il loro digital burnout, confessando di sentirsi depressi e incapaci di proseguire nelle loro attività mentre la loro crisi viene accuratamente monetizzata a favor di camera.
Un altro filo conduttore che emerge dai materiali assemblati da Adele Tulli è il modo in cui il sesso viene visto dai personaggi di Real. "Visto che si tratta di un incontro tra corpi, il sesso dovrebbe essere una delle poche cose che sopravvivranno alla digitalizzazione, eppure esistono delle forme virtuali molto frequentate" commenta la regista. "Nella rete il corpo, che è per natura fragile e imperfetto, scompare. Lo si può sublimare con l'immaginazione, ma questa è una direzione assolutamente nuova". Uno degli strani personaggi che popolano Real è una camgirl che passa il tempo concedendosi con ammicchi e balletti ai suoi follower chiusa al riparo della sua cameretta. "La dimensione virtuale permette ai personaggi di proteggere il corpo dai pericoli materiali, ma non da quelli virtuali. Come vediamo in Real, il personaggio cerca altre vie".
Adele Tulli su Normal: "Un invito a interrogarci su come negoziamo il desiderio di normalità"
Come reinventare il documentario
Pur rimanendo nell'ambito del genere documentario, Adele Tulli non si è mai posta limiti nell'esplorazione dei suoi confini. "Non faccio film narrativi, non racconto storie, ma costruisco riflessioni visive attorno ad alcun temi" spiega. "Cerco sempre punti di vista nuovi e stranianti, ma senza rinunciare all'empatia. Non mi spaventa la possibilità di manipolare il linguaggio e nel caso di Real il processo è stato complesso ed eccitante".
Per realizzare il film, la regista e i suoi collaboratori si sono addentrati in un territorio inesplorato da catturare con strumenti adatti. "La sfida più grande sul piano tecnico è stata girare dentro la realtà virtuale. Non esiste ancora una pratica condivisa quindi abbiamo dovuto imparare da zero. Nella piattaforma che vedete dal film mondi e avatar sono creati dagli utenti, quindi abbiamo creato un nostro avatar operatore che avesse un drone per fare le riprese. Quindi abbiamo usato i punti di vista degli avatar e due operatori invisibili dentro la realtà virtuale che in realtà sono dei gamer esperti del gioco. In più le nostre protagoniste erano una in Australia, una in America e noi in Europa. Stabilire lo schedule tenendo conto dei fusi orari è stata la cosa più difficile".