Il 5 agosto la retrospettiva su Welles è stata aperta da L'orgoglio degli Amberson, adattamento della novella di Booth Tarkington, forse uno dei lungometraggi più belli del regista - nonostante i tagli brutali fatti dagli studios -, che racconta l'ascesa e la caduta di una ricca famiglia nel delicato passaggio alla società industriale. Welles riesce a plasmare bene persino il personaggio di George (Tim Holt), il giovane rampollo degli Amberson che, nonostante sia viziato, arrogante ed egoista, non solo non appare mai come una macchietta, ma riesce perfino a risultare simpatico, nel momento in cui lo spettatore vede che il mondo degli Amberson non è comprensibile né giudicabile con i semplicistici criteri del bene e del male. Più di Quarto potere, questo film svela l'ineluttabilità delle conseguenze delle scelte dei personaggi, in modo cupo, tragico, ma facendo attenzione a non spegnere mai ogni speranza, non per il banale motivo commerciale dell'happy end, ma per un profondo rispetto che Welles, come altri grandi registi, nutre per lo spettatore. È stato bello vedere la gente che lasciava la proiezione commossa, dopo un applauso sincero.
Nel Workshop che ha seguito la proiezione, The Magnificent Ambersons Reconstruction, Joseph McBride (Professore assistente di Cinema alla san Francisco State University, che vanta anche un'apparizione come attore in The Other Side of the Wind di Welles) e Roger Ryan (sceneggiatore, regista, montatore e grande appassionato di Welles) hanno cercato di ricostruire le parti tagliate del film (ben 50 minuti!). Disse Welles a riguardo: "Tutta una serie di dialoghi rapidi e sordidi sono stati censurati con una certa arbitrarietà. Era vietato mostrare al pubblico un mondo cupo e cattivo".
McBride ha spiegato gli intenti che, dal suo punto di vista, doveva avere originariamente il lungometraggio: un maggior rilievo al contesto e alle mutazioni sociali del periodo, una più acuta analisi delle differenze tra le classi e un maggior accento sulle ingiustizie sociali. Forse è anche vero, ma solo in parte, perché dall'opera del regista il contesto sociale emerge sempre come sfondo, in secondo piano rispetto alle relazioni che vengono intrecciate e intercorrono tra i personaggi e alle caratterizzazioni individuali. Difficile quindi credere che l'intento di Welles fosse questo. Più probabile, invece, che volesse usare questi elementi in funzione di un'attenta analisi dei personaggi e del loro posizionamento nel racconto. Ryan ha invece cercato di riedificare in parte la versione originaria o presunta del film, da fotogrammi di sequenze distrutte nel 1942 e tramite il recupero delle musiche originali. A parte il risultato estetico dell'esperimento (dissolvenze nel bel mezzo del film su immagini fisse dei personaggi o tagliate dallo sfondo e spostate da destra a sinistra con programmi di editing digitale), che con tutta la buona volontà era francamente alquanto comico, forse era il caso scrivere su carta, come ha fatto McBride, le proprie opinioni sul film, senza mettere mano a qualcosa che non potrebbe essere recuperato se non dall'Autore stesso, o se non altro da un grande regista.
Più tardi è stato presentato il quarto episodio dell'Orson Welles' Sketch Book, Bullfighting. Welles, guardando dritto in camera, chiede al suo pubblico di non giudicare nel merito la corrida, ma di ascoltare la storia che sta per raccontare. La storia, delicata come una fiaba, è quella di un toro da combattimento, Bonito, cresciuto insieme a un bambino, tanto da diventarne amico, quasi l'animale domestico. Gli allevatori, preoccupati che questo possa pregiudicare il coraggio e lo spirito di Bonito, lo allontanano dall'amico per prepararlo al combattimento. Il bambino segue il suo toro fin nell'arena. Nella corrida, se il pubblico agita i fazzoletti bianchi dopo che il toro è stato ferito, significa che vuole la sua morte, se li agita prima, vuole che venga risparmiato. Bonito combatte coraggiosamente, tanto che la gente comincia ad agitare i fazzoletti. Così ottiene la sua libertà. Ma ormai è furioso, e non accetta nessuno che lo conduca fuori. Allora il bambino scende nell'arena, gli si avvicina e lo riporta a casa, semplicemente.
Madrid - The Bullfight, proiettato subito dopo, fa parte invece della serie Around the World with Orson Welles. Il regista mette in scena la preparazione (compresi l'allenamento e la vestizione del toreador) e lo svolgimento di una corrida, commentandone alcuni momenti come in una telecronaca. Sempre relativo a questa serie, è stato mostrato The Dominici Affair, realizzato da sequenze del progetto incompiuto The Tragedy of Lurs e interviste ai collaboratori del regista, Jacques Chapus, giornalista, e Alain Pol, direttore della fotografia. The Tragedy of Lurs, girato tra il 1954 e il 1955, doveva essere una sorta di inchiesta sul brutale quanto misterioso omicidio di tre turisti inglesi avvenuto in Francia nel '52, e fu censurato, sembra, dal governo francese.
Orson Welles' Jeremiah è stato invece filmato probabilmente per essere inserito in un momento successivo all'interno di un altro progetto, come innumerevoli altre narrazioni del regista. Welles viene ripreso completamente immerso nell'ombra, con una luce fissa sul volto che cambia a seconda della posizione che lui assume voltando il viso, gettandolo a tratti nell'oscurità, a tratti illuminandolo completamente di luce bianca, mentre recita la parte di Geremia nell'Antico Testamento.