A un anno di distanza da Esterno Notte, Marco Bellocchio torna a Cannes con un nuovo film: Rapito, dal 25 maggio nelle sale italiane. Girato ad autunno 2022, racconta la storia vera di Edgardo Mortara (che anche Steven Spielberg avrebbe voluto raccontare), bambino nato in una famiglia ebrea di Bologna letteralmente sequestrato dalla Chiesa perché battezzato in segreto da una domestica.
Con grande libertà e lucidità, Bellocchio realizza una pellicola in cui il papa Pio IX interpretato da Paolo Pierobon (terrificante) sembra quasi posseduto dal suo desiderio di non veder diminuito il potere della Chiesa, che di lì a poco sarebbe andata incontro alla breccia di Porta Pia.
Nel cast di Rapito anche Fabrizio Gifuni, Fausto Russo Alesi e Barbara Ronchi. Abbiamo incontrato il regista al Festival di Cannes, dove ci ha raccontato quali sono le connessioni tra questo fatto realmente accaduto a fine Ottocento e il presente.
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La "conversione con contraddizioni" di Edgardo Mortara
Nel suo film vediamo come l'educazione diventi più forte delle nostre origini. Quanta forza ci vuole per sfuggire all'ambiente in cui cresciamo?
Non c'è una regola per tutti. Nel caso di Edgardo non so cosa sia accaduto, però, nel rappresentarlo, l'ho sentito come una difesa. Un bimbo che, improvvisamente, da una tranquillità familiare si trova di punto in bianco, nel giro di 24 ore, in una realtà totalmente sconosciuta. O muore, o cerca di sopravvivere. Allora, in nome di una sopravvivenza, comincia a difendersi, anche ad ubbidire, a non ribellarsi. E quindi a ripetere quello che gli viene insegnato.
La ripetizione è determinante?
Molti teologi, e anche santi, dicevano che la forza della preghiera è nella ripetizione. Ripetendo, ripetendo. Però, e questo gira su tutto il film, c'è qualcosa in lui che non è domato.
Che cosa?
Ci sono almeno tre momenti. Uno quando si ributta tra le braccia della mamma. Questo è un fatto che è stato testimoniato, non è inventato. Poi quando, da adolescente, e ne parla lo stesso Edgardo nella sua piccola biografia, per uno slancio di eccessivo amore, rischia di far cadere il papa. È uno slancio inconscio, una pulsione inconscia. Ancora una volta a dimostrazione che la sua resa al cattolicesimo ha delle contraddizioni. E per ultimo quando segue il feretro del papa: improvvisamente perde la testa e ci si scaglia contro. Solidarizza con i ribelli che vorrebbero buttarlo nel Tevere.
Quindi la famiglia d'origine è completamente rimossa secondo lei?
C'è una conversione con delle improvvise contraddizioni. Anche se poi lui, fino alla fine, resterà fedele alla religione cattolica. Si riconcilierà, in parte, con i parenti dopo la morte della madre. E morirà in Belgio 90enne in un convento.
Il terrificante papa Pio IX di Paolo Pierobon
Il papa di Paolo Pierobon è terrificante, sembra un vampiro. Nel film dice: "Non sono reazionario, io resto fermo, è il mondo che si muove verso il precipizio". Da un papa dell'Ottocento ci aspettiamo una frase del genere, ma la dicono anche nel 2023 tanti politici. Cosa ci dice il suo film della politica di oggi?
Non ho pensato a questo. Però la domanda mi fa piacere: evidentemente, in una storia così lontana nel tempo, ci sono dei messaggi che riguardano il presente. È inevitabile: è chiaro, io l'ho fatto oggi, e sicuramente è entrata nel film tutta una serie di idee, immagini, pulsioni e sentimenti che riguardano il presente. Il presente ci garantisce rispetto al passato. Anche se fai un film sul Medioevo sei sempre tu.