La gravitas del cinema di Marco Bellocchio torna a incantare Cannes 2023 con una profonda riflessione che intreccia storia, politica e religione. Attingendo a un vero fatto di cronaca, Rapito, presentato nel Concorso del festival e dal 25 maggio nei cinema con 01 Distribution, ricostruisce il caso di Edgardo Mortara, bambino ebreo sottratto alla famiglia nel 1858 e cresciuto in seno alla Chiesa Cattolica da Papa Pio IX, che si rifiutò di restituirlo nonostante i disperati tentativi dei genitori di riaverlo indietro. Paolo Pierobon, Fabrizio Gifuni, Fausto Russo Alesi, Barbara Ronchi, Leonardo Maltese e il piccolo Enea Sala compongo in cast di questa pellicola che, in origine, era nei piani di Steven Spielberg, come conferma lo stesso Bellocchio.
"Sono incappato in questa storia leggendo il libro di un autore cattolico conservatore che ha difeso la scelta del Papa e mi sono subito sentito coinvolto" spiega il regista. "Sono nato cattolico e poi me ne sono allontanato, ma questa storia mi ha commosso profondamente. Ho saputo che Spielberg stava preparando un film, ma ha dovuto rinunciare perché non trovava il bambino giusto. Secondo me è un film che non si può fare in una lingua che non sia l'italiano e il latino, l'inglese sarebbe stato un errore". Marco Bellocchio, che ha firmato la sceneggiatura di Rapito insieme a Susanna Nicchiarelli, specifica di non essere intervenuto in modo invasivo perché "in questa storia c'era già tutto. Non è un film contro il Papa o contro la Chiesa cattolica, né è una sua difesa. Anzi, in questo caso il dogma ha prodotto una violenza estrema su questo bambino".
Una lavorazione complessa, ma senza traumi
Rapito è frutto di un'attenta ricostruzione storica in cui tutti gli attori sono chiamati a interpretare personaggi del passato, il che ha richiesto un surplus di attenzione. Il cast, chiamato ad apprendere il latino e l'ebraico ha lavorato con grande precisione sul linguaggio. "Non ci sono stati traumi, ma la lavorazione è stata pesante perché faceva molto caldo e questi poveri attori indossavano costumi molto pesanti" ricorda Bellocchio. "Abbiamo creato un rapporto molto bello e coinvolgente. Senza fanatismi, ma hanno lavorato in profondità".
Il regista loda in particolare il talento del piccolo Enea Sala, che interpreta Edgardo Mortara da bambino: "Siamo abituati a vedere bambini che recitano benissimo, ma di Enea mi ha stupito lo sguardo, il modo in cui descriveva la situazione. Enea non conosce la religione cattolica, ma nelle sue parole c'era una gravità. Ha messo nel film qualcosa di più prezioso che è la sua umanità, la sua angoscia, la sua sofferenza. A tratti il suo sguardo era un enigma, ma quando sale sulla barca è come se avesse capito che deve difendersi, deve sopravvivere e adattarsi alla situazione. Storicamente Edgardo non è mai stato maltrattato, al contrario. Il papa lo ha protetto assegnandogli anche una pensione annuale per i suoi studi, ma il suo rapimento indica una strenua volontà di difesa nel momento in cui il potere temporale e spirituale della Chiesa che stava crollando".
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I genitori di Edgardo Mortara
A interpretare i genitori di Edgardo Mortara sono Barbara Ronchi e Fausto Russo Alesi. L'attrice romana ammette di essersi ispirata alla foto di Marianna Mortara, "anziana, coi due figli accanto, uno vestito da prete. L'impressione che mi ha lasciato è di una donna piena di dignità, che per tutta a vita ha rifiutato di convertirsi al Cattolicesimo restando fedele a se stessa". Interviene la co-sceneggiatrice Susanna Nicchiarelli a specificare che "la nostra forza è stata avere la deposizione del processo e la testimonianza di Marianna Mortara, che ci hanno permesso di scindere il vero dal falso, anche se lo spettatore è libero di interpretare il film come vuole".
Fausto Russo Alesi ha lavorato di cesello per far emergere la prudenza del suo personaggio, un padre che cerca di proteggere il proprio figlio in ogni modo. "Il personaggio si muove nella complessità di questa vicenda, ma quello che Marco mi ha chiesto fin dall'inizio era far emergere il suo lato umano al di là del contesto storico e religioso", spiega. "Essere privato di un figlio lo rende spaesato, ma adotta le armi della prudenza e del dialogo per districarsi in una situazione tremenda, e scende a compromessi perché per lui il figlio è la cosa più importante".
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Entusiasmo per la performance di Fabrizio Gifuni
Diretto per la terza volta da Marco Bellocchio, in Rapito Fabrizio Gifuni interpreta Padre Feletti, l'inquisitore domenicano che ordina il rapimento di Edgardo Mortara. "Ho aderito al progetto per la gioia e l'entusiasmo di fare un altro film con Bellocchio" confessa. "Con lui avevo fatto un percorso immersivo per un personaggio totalmente diverso, Aldo Moro, che avete visto qui a Cannes l'anno scorso. Stavolta interpreto un religioso. In nome della difesa di questo Dio si sono commesse atrocità e si dichiarano tuttora guerre terribili in nome di un principio superiore. Le religioni, da esperienza potenzialmente belle, sono quasi condannate dalla storia a diventare luoghi di intolleranza e violenza. Il mio personaggio che vive di poche scene, ma molto precise, perciò ho cercato di lavorare interiormente. Volevo mostrare quanto quest'uomo crede fino in fondo a ciò che è costretto a fare".
Il caso di Edgardo Mortara fu talmente eclatante da far scalpore perfino in Nord America, ma Marco Bellocchio chiarisce che casi simili "si sono ripetuti spesso a partire dal '500. Il problema era legato al fatto che le famiglie ebree benestanti avevano bisogno di servitù cattolica. Spesso i bambini venivano battezzati clandestinamente da una cameriera cattolica. Quello di Edgardo è il caso più clamoroso perché avviene al momento della dissoluzione dello Stato Pontificio, che il Papa difende a tutti costi. Ci sono stati altri casi, ma con la sconfitta temporale della chiesta il potere del Papa è diminuito fortemente".