Fausto Russo Alesi e Barbara Ronchi sono due degli attori di maggior talento che possiede il cinema italiano: e finalmente se ne accorgono anche i premi. Lei, fresca di David di Donatello per l'interpretazione in Settembre, lui nominato - sempre ai David - proprio per il ruolo del Cossiga tormentato e in preda alle allucinazioni in Esterno Notte di Marco Bellocchio. Presentato sempre a Cannes un anno fa, il regista ora ha portato al festival francese un nuovo film, Rapito, nelle sale dal 25 maggio.
Rapito racconta la storia vera di Edgardo Mortara, bambino nato in una famiglia di religione ebraica, portato via dalla Chiesa a Roma, perché battezzato in segreto da una domestica. Fausto Russo Alesi e Barbara Ronchi interpretano i gentiori di Edgardo: Salomone Mortara e Marianna Padovani Mortara.
A loro spettano alcune delle scene più emotivamente intense del film. Li abbiamo incontrati al Festival di Cannes: "La storia è fortissima, potente. E a raccontarla è un maestro come Bellocchio", dice Russo Alesi, proseguendo: "è un regista che ti spinge in luoghi misteriosi, emotivamente forti. Questi genitori vivono una tragedia inequivocabile. Abbiamo dovuto cercare di comprendere cosa abbia significato questo abuso di potere per questa famiglia".
Rapito: intervista a Fausto Russo Alesi e Barbara Ronchi
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Rapito: dei genitori contro un papa
Papa Pio IX, interpretato da Paolo Pierobon, è convinto di essere nel giusto: portare via un bambino alla sua famiglia, perché battezzato, significa fare il volere di Dio. Il suo. Il regista fa dire al personaggio: "Non sono reazionario, io sto fermo, è il mondo che va verso il precipizio". Discorsi che da papa dell'Ottocento ce li aspettiamo, ma, sorprendentemente, vengono fatti anche da alcuni politici di oggi.
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In Rapito c'è anche il mondo contemporaneo? Secondo Barbara Ronchi: "Il papa in quel momento era fermo perché ingabbiato da leggi che avevano costruito loro stessi. Sarebbe dovuto essere veramente un papa illuminato per capire che il suo mondo stava cadendo a pezzi. Mentre il mondo intorno si stava ribellando. Anche oggi si potrebbero cambiare tante cose ma invece i politici rimangono fermi sulla loro posizione. Accusano gli altri, mentre loro dicono di non poter fare niente. La presa di coscienza di una classe dirigente è una responsabilità che a volte i politici non si vogliono prendere".
Rapito e l'ambiente in cui cresciamo
La storia di Edgardo Mortara fa capire bene come l'ambiente in cui cresciamo, la nostra formazione, sia più forte del luogo in cui nasciamo. Quanta forza di volontà ci vuole per non farsi condizionare? Per Fausto Russo Alesi: "Certamente la formazione è fondamentale. Nel film si parla anche di libero arbitrio, per cui, a un certo punto, dobbiamo essere coscienti di quello che siamo e guardarci intorno, gli altri, e vedere dove vogliamo andare. Certamente la formazione è importantissima, sia nel bene che nel male. I grandi maestri ti danno gli strumenti per guardare al tuo futuro. Si può rimanere succubi delle brutte esperienze e dei cattivi maestri, o anche usarli come spinta a cercare qualcos'altro o un confronto. Il film parla anche di questo: attraverso il conflitto, attraverso l'esercizio di saper guardare veramente l'altro, se questo è in una condizione di sofferenza, bisogna saper gettare le armi".
Il segreto di Marco Bellocchio
A 80 anni Marco Bellocchio ha non soltanto un'energia, ma anche una curiosità e un'intelligenza nel guardare il mondo che probabilmente molti registi più giovani non hanno. Qual è il suo segreto? Per Barbara Ronchi: "Tra le mille qualità che ha come regista Marco Bellocchio, in primis credo ci sia una forza immaginifica. Un legame così profondo con il suo mondo onirico, della comprensione di tanti personaggi così differenti l'uno dall'altro, che è come se veramente entrasse in empatia con il mondo di tutti. Anche di personaggi ambigui. E non dà mai un giudizio, una risposta. Apre tante domande. La libertà che ha di immaginare come siano andate le cose senza saperlo, senza essere stato presente in quel momento, per me è una grande lezione di quello che il cinema può fare e raccontare. Può immaginare dialoghi che non sono mai avvenuti in situazioni storiche. È la sua grande forza, insieme alla grazia, al pudore e la forza con cui si avvicina a certe storie. Incontrarlo per un attore è un momento di grandissima crescita: sia personale che professionale".
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Per Fausto Russo Alesi invece: "Quello che fa è un esercizio di enorme libertà attraverso la sua arte. Oltre al suo mondo visionario, è estremamente connesso a se stesso e al presente. Quindi lavorare con lui significa cercare di stare in questa connessione. Anche agli attori da libertà: anche se ci sono riferimenti storici, si può essere liberi nell'interpretazione, di andare a scavare dentro l'essere umano, andando così al di là del ruolo. Questo è estremamente coinvolgente e stimolante. Bellocchio è vitale".