Due icone, un unico volto. Due combattenti, una sola morale: imparare ad incassare. Perennemente sudato e cosparso di sangue, Sylvester Stallone è stato il muscoloso e indomito maestro che, a suon di ganci e raffiche di proiettili, ci ha insegnato a resistere. Al dolore, ai traumi, all'inadeguatezza. Difficile scindere Rocky e Rambo, nonostante il primo pratichi uno sport e il secondo sia stanco di giocare alla guerra. Entrambi uomini di buon cuore costretti dalla vita ad un rapporto simbiotico con la violenza e con la sofferenza, le due icone stalloniane hanno attraversato il tempo e alimentato il proprio mito lungo quattro decenni. Anni Settanta, Ottanta, Novanta e Duemila hanno visto le loro imprese compiersi e alimentarsi di nemici, lacrime ed eroiche gesta. Ed è curioso come entrambi i personaggi abbiamo messo un punto alle loro storie personali (Creed - Nato per combattere vale come spinoff) dando un nome e un cognome ai loro film d'addio. Rocky Balboa prima e John Rambo dopo, hanno visto un Stallone ormai imbolsito resistere alla più tremenda e inevitabile delle prove: il tempo che passa. Ma è proprio dalla celebrazione del tempo che passa che vogliamo partire oggi. Perché esattamente 35 anni fa, il 22 ottobre del 1982, i cinema americani ospitavano il brusco ritorno in patria di un silente reduce del Vietnam, tornato a casa alla ricerca dei suoi vecchi compagni d'arme. Ad attenderlo, però, c'è ancora altra violenza. Quella preventiva, immotivata, che nasce dalla diffidenza e dal sospetto. Il valoroso Rambo si scontra con le brutte maniere della polizia locale, uomini piccoli che giocano a fare i gradassi, senza aver fatto i conti con una cosa: aver stuzzicato la persona sbagliata.
Quel cult di nome Rambo, infatti, è una caccia all'uomo dove il confine tra cacciatore e preda è molto labile, dove il fuggitivo non è un semplice individuo, ma una macchina da guerra creata ad arte, un uomo addestrato a sopportare qualsiasi cosa in nome di una perenne sopravvivenza. Tra cacce nella foresta e guerriglie urbane, Rambo dà anima e corpo ad un personaggio costretto alla violenza e allo stesso tempo nauseato dalla violenza. Negli occhi di Stallone convivono il trauma di un passato ignoto eppure immaginabile e la stanchezza di chi quasi rifiuta le proprie abilità belliche. A metà strada tra l'obbedienza del soldato e la ribellione del guerriero, Rambo è l'emblema di un eroe riluttante, personaggio d'azione muscoloso non privo di un'anima complessa da esplorare. Oggi, a 35 anni dal suo esordio sul grande schermo, ne celebriamo il mito attraverso 10 curiosità. Scusaci, Rocky, ma oggi è il round del tuo amico lontano.
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1. Il soldato invincibile e la mela verde
Il titolo originale di Rambo è First Blood (Primo Sangue), ovvero lo stesso del romanzo da cui è tratto il film, firmato dall'autore canadese David Morrell. Nella creazione del personaggio di Rambo, lo scrittore si è ispirato al soldato e attore statunitense Audie Murphy, che durante la Seconda Guerra Mondiale dimostrò un coraggio e una resistenza fuori dal comune ribattendo a suon di pallottole un gruppo di nemici tedeschi. La storia racconta di 250 soldati e ben sei carri armati caduti sotto la sua ira, il che rende il Rambo del film un tenero e innocuo pacifista al confronto. La storia del cognome del nostro, invece, è molto meno epica. Pare, infatti, che Morrell sia stato ispirato ad un tipo di mele (chiamate appunto "Rambo") appena comprate da sua moglie. Vi abbiamo rovinato per sempre un mito, vero?
2. Un mitra per Don Matteo
Il casting di Rambo è stato tutt'altro che facile e immediato. Per almeno tre ruoli, infatti, i nomi in lizza sono stati davvero molti. Per la fascia di Rambo sono stati contattati Robert De Niro, Al Pacino, Dustin Hoffman, Clint Eastwood, Nick Nolte, Michael Douglas e persino Steve McQueen, costretto a rinunciare per l'età avanzata. Il vero nome "insolito" in lista è quello di Terence Hill che rifiutò perché considerava il film troppo violento per i suoi gusti. Se per la parte dello sceriffo Teasle la produzione incassò i rifiuti sia da Gene Hackman che da Robert Duvall, per quella del colonello Trautman furono avvicinati sia Lee Marvin che Kirk Douglas, dettosi contrario alla scelta di cambiare il finale del film.
Non voglio fare del male a nessuno
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3. Poca morte, grazie
A proposito di cambiamenti e aggiustamenti di tiro, va detto che l'esperienza autoriale dimostrata con Rocky valse a Stallone la fiducia degli sceneggiatori di Rambo. L'attore decise di smorzare l'indole sanguinaria dimostrata dal suo personaggio del romanzo, cercando di portare dentro il suo soldato qualche elemento caratteriale simile al suo celebre pugile. Nasce così un personaggio ferito, sensibile, capace di sparare ma anche di piangere e disperarsi, conquistando così l'empatia del pubblico. Non è un caso che, nonostante una raffica pressoché infinita di proiettili, Rambo causi (indirettamente) la morte di una sola persona in tutto il film. Questa linea "morbida" è stata confermata anche dalla scelta di un finale alternativo da quello girato inizialmente, dove Rambo si uccide sparandosi con la pistola del Colonello Trautman. I sequel ringraziano.
4. Un sorso di tacchino
Se Sylvester Stallone è diventato un attore molto apprezzato in Italia, lo deve anche al grandissimo lavoro fatto dal suo compianto doppiatore Ferruccio Amendola. La sua voce così particolare, unica e ovattata ne ha certamente agevolato il mito sul territorio nostrano. Va detto che Rambo è stata l'unica delle due icone stalloniane ad avere sempre la voce di Amendola (almeno sino alla sua morte, ovviamente, dopo la quale è stato sostituito quasi sempre da Massimo Corvo). Infatti in Rocky il buon Sylvester è stato doppiato da Gigi Proietti, proprietario del primo "Adriana" italico urlato nella storia del cinema. La seconda curiosità legata al doppiaggio è davvero esilarante. Nella scena in cui Teasle e Trautman sono seduti al bar, un errore di adattamento fa sì che Teasle ordini del "tacchino" al posto di un "Wild Turkey", ovvero del whisky. Non a caso, nonostante le fosse stato chiesto della carne, la cameriera serve al poliziotto un bicchiere di alcool. Non fa una piega.
5. Game over
Ci sono disgrazie dalle quali è impossibile sfuggire. Tra queste ci sono molti videogiochi tratti dai film. Sì, perché la maledizione non riguarda solo gli adattamenti cinematografici delle opere videoludiche, spesso deludenti se non fallimentari, ma vale anche per l'operazione inversa. Ad alimentare ogni pregiudizio in merito ci pensa Rambo: The Video Game, titolo che al suo interno condensava l'intera trilogia, uscito nel febbraio del 2014 per la gioia dei recensori amanti delle insufficienze gravi. Un gameplay ripetitivo e una grafica fuori tempo massimo non risparmiarono il gioco da una fitta pioggia di perplessità mista a insulti.
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6. Cartone senza anima
Qualsiasi avventura crossmediale dedicata a Rambo si tramuta in qualcosa di funesto. Non fa eccezione anche la serie animata Rambo: The Force of Freedom, primo prodotto per ragazzi tratto da un film vietato ai minori. Ovviamente il cambio di tono e di target penalizza l'anima del personaggio che si muove lungo la serie come una macchietta. Il cartone animato, andato in onda tra l'uscita di Rambo 2 - La vendetta e quella di Rambo III, ovvero nel settembre del 1986, ha avuto un ciclo di vita brevissimo con 65 episodi poi interrotti nel dicembre dello stesso anno.
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7. Incidenti sul set
Uscire del tutto indenni da quei 90 minuti pieni di botte, pallottole e inseguimenti disperati sarebbe stata una pura utopia. A pagarne le conseguenze sono stati sia uno stuntman che si è fratturato delle vertebre, un attore che si è guadagnato una bella frattura nasale per una gomitata di Stallone, e lo stesso Sylvester. L'attore si è prima rotto una costola cadendo da un albero e poi ustionato la mano mettendola inavvertitamente su una carica esplosiva. Insomma, bazzecole per un re della sopravvivenza.
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8. Imparare ad "incassare"
Inizialmente i costi previsti per la produzione di Rambo ammontavano a circa 11 milioni di dollari, di cui 3,5 intascati dal solo Stallone. Alla fine il lungometraggio toccò un budget di circa 17 milioni, ampiamenti coperti dagli incassi nazionali, pari a 47 milioni di dollari. Il box office mondiale, invece, arrivò a 125 milioni. Da qui nasce una saga poi entrata nella classifica delle più redditizie di sempre. Per la precisione al 31esimo posto con un incasso globale di oltre 700 milioni di dollari.
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9. Piccoli Horatio crescono
Uno degli aspetti più divertenti del rivedere i grandi cult del passato consiste nello scovare attori e attrici alle prime armi, impegnati in ruoli minori o secondari, e poi diventati celebri molti anni dopo. Succede anche in Rambo quando nella stazione di polizia vediamo per la prima volta un agente rossiccio, piuttosto mingherlino e con la faccia da sbarbatello. Un personaggio che, nel suo piccolo, riesce a distinguersi dai suoi colleghi proprio perché sembra quello più contrario alla violenza insensata riversata contro John Rambo. Bene, quel giovane combattuto non è altro che David Caruso, noto soprattutto per il ruolo dell'analista forense Horatio Cane nella serie tv CSI Miami.
10. Addio, John
Cicatrici, torture, inseguimenti. John Rambo è uno che ne ha viste tante, ma non ha sopportato di essere "spremuto" ancora una volta dalle tentazioni di Hollywood. Nel 2014, ovvero sei anni dopo John Rambo, viene confermata la voce di un quinto film della saga, il cui titolo provvisorio era Rambo: Last Blood. Agli inizi del 2016, però, la voce sincera di Sylvester Stallone pronuncia testuali parole: "Il cuore sarebbe pronto, ma il corpo mi dice di stare a casa. È come quei combattenti che tornano per un ultimo giro e vengono distrutti. Meglio lasciarlo fare a qualcun altro. Sai quando ti rendi conto che non c'è più niente da dire". No, non c'è nient'altro da dire. Perché hai detto e dato tanto. Grazie, Rambo. Grazie, Sly. Buon riposo, guerriero.