Un brivido di piacere, una tensione esplosiva e poi i titoli di coda con una sola domanda che rimane nella nostra testa: che cosa è successo? Da quanto tempo non capitava una serie che coinvolgeva così tanto grazie a un world-building ben strutturato? Da quanto non si arrivava alla fine di una stagione con un cliffhanger davvero difficile da digerire, che lascia una voglia incontenibile di saperne di più e con un senso di spaesamento tale da aver voglia di ricominciare da capo e rivedere il tutto alla ricerca di indizi e momenti chiarificatori? Raised by Wolves, la serie di fantascienza targata HBO Max e prodotta da Ridley Scott (anche regista delle prime due puntate) è stato il grande ritorno della serialità a cui ci eravamo un po' disabituati, quella serialità fatta di storie che prendono il loro tempo per mostrare la loro vera natura. E che si divertono con lo spettatore, lasciando che sia il mondo intorno ai personaggi, la mitologia nel quale sono immersi, prima che il semplice corso degli eventi, ad avere la predominanza. Ed è quello che Raised by Wolves ha fatto per tutta la prima stagione. Ci ha fatto credere di dover raccontare la storia di una nuova civiltà, di un conflitto tra padri (robotici) e figli (umani), di una lotta tra fede e scienza. Ci ha fatto credere che fosse tutto lì, in quel piccolo campo civilizzato sulla superficie del pianeta Kepler-22b. E, invece, quell'ultima puntata ha svelato le carte: la spiegazione del finale di Raised by Wolves è da ritrovare in quelle ultime inquadrature, coraggiose, anche rischiose, ma che fanno sperare per una seconda stagione senza compromessi.
Genitori e figli
Raised by Wolves - Una nuova umanità è stato il racconto di una nuova civiltà, o meglio ancora, del tentativo di crearla. Siamo nel XXII secolo e il pianeta Terra è devastato da una guerra che non accenna a diminuire. Non ne conosciamo l'esito, ma sappiamo che molti uomini hanno abbandonato il pianeta natale nella speranza di trovarne un altro abitabile. È così che abbiamo fatto la conoscenza di Madre e Padre, intenti, secondo la loro programmazione, a dar vita a un nuovo inizio per la razza umana. In questo pianeta che sembra disabitato, secco e arido, ma che nasconde pericoli, insidie e strane creature. Per tutti i dieci episodi che l'hanno composta, specialmente i primi cinque, la prima stagione di Raised by Wolves ci ha raccontato questo tentativo focalizzandosi sul personaggio di Madre, un androide nato come arma di distruzione di massa, letale e pericolosa, e in seguito riprogrammato da uno scienziato ateo. Fedele alla sua programmazione, Madre ha fatto di tutto per tenere al sicuro la nuova generazione di uomini, quella formata da Campion, l'unico suo figlio rimasto, e gli altri giovani sopravvissuti. Proprio attraverso la figura materna, a volte più severa, a volte comprensiva, la storia trova il suo centro tematico: da un lato un androide che scopre le pulsioni umane, si lega ai propri figli (poco importa se "biologici" o adottivi) e cerca di proteggerli; dall'altro una seconda madre, Mary, che quell'identità di madre l'ha rubata a un'altra persona, insieme alle sue sembianze, ma legandosi sempre di più al figlio adottato. Se le madri sono le figure più positive della serie non altrettanto lo sono i padri. L'androide non è stato capace di proteggere i figli, non riusciva a sentirsi utile (cosa che ripeterà spesso e darà inizio a varie tensioni), surclassato continuamente da Madre; Marcus, invece, una volta scoperta la fede abbandonerà i suoi affetti per proseguire una via di egocentrismo e potere.
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Umano e disumano
Abbracciando la fantascienza più matura e adulta, non solo interessata allo spettacolo ma anche a porre l'accento su tematiche importanti, Raised by Wolves compie uno scontro che, al momento, non trova ancora soluzione, ma anzi l'accentua sempre più. Uno scontro che ha a che fare con la natura umana e la programmazione degli androidi, con la capacità di provare sentimenti ed emozioni. Cresciuti ed educati da due androidi che, in teoria, dovrebbero essere freddi e perfetti, i figli cresciuti non riescono a seguire per filo e per segno l'educazione impartita. Non c'è crescita senza ribellione. Non ci sono figli che amano incondizionatamente i genitori, nemmeno se questi sono "programmati" a esserlo. La storia diventa così uno specchio sull'imprevedibilità della razza umana e sull'impossibilità di confinarla secondo dogmi e regole. Un'arma a doppio taglio perché capace nel peggiore dei casi di mettere fine al pianeta Terra con una violenta guerra, ma anche capace di far scoprire nuovi punti di vista sul mondo. È proprio questa scintilla umana che fa cambiare lentamente Madre, convinta - da un certo momento in poi - di essere in grado di rimanere incinta e di soddisfare bisogni biologici che non le possono appartenere. La creatura che partorisce nel finale della stagione è un mostro serpentino che si perde nel pianeta (e possiamo essere certi che tornerà), forse una versione embrionale e appena nata degli scheletri giganteschi visti in più luoghi del pianeta. Un pianeta, Kepler-22b, in cui abbiamo scoperto che quelle creature notturne, pericolose ma commestibili, altro non sono che esseri umani mutati. Non sappiamo ancora il perché di questa trasformazione, ma ritorna il conflitto tra ciò che è umano e ciò che, invece, si trasforma in disumano. Stavolta non nello spirito, ma direttamente nel corpo.
Scienza e fede
Corpo e spirito, fatti e opinioni, fede e scienza. Conflitti irrisolti e che rendono Raised by Wolves una serie affascinante e complessa. Non a caso la guerra scoppiata sulla Terra è tra Mitraici (credenti verso una divinità) e Atei, un conflitto che ritorna anche su Kepler-22b, mettendo in discussione i personaggi e il loro credo. Perché ci sono cose che si possono spiegare con i fatti e con le statistiche (il modo in cui Madre e Padre spiegano i comportamenti dei figli è così asettico da risultare addirittura divertente), ci sono misteri che hanno una spiegazione scientifica, ma ce ne sono altri che, invece, possono essere accettati solo con la fede. Kepler-22b diventa quindi un pianeta che mette alla prova i personaggi che ci vivono sopra, li sfida come a formarli davvero per il futuro, per capire se sono davvero in grado di dar via a una nuova civiltà. Anche la stessa Madre, il personaggio più asettico e numerico della serie, inizierà a dubitare della sua programmazione, persa nei ricordi nel macchinario. Noi spettatori lottiamo allo stesso modo: cerchiamo un senso agli eventi che si susseguono e ai misteri che si accumulano (cosa nasconde davvero il pianeta? Perché quelle visioni dei figli morti?) rimanendone affascinati, lottando contro il nostro scetticismo e il nostro pragmatismo. Attendiamo una seconda stagione con la voglia di risposte che abbiano un senso e con la cieca speranza di averle.