E' opinione ormai abbastanza comune tra gli appassionati di serie TV e cinema americano che il panorama seriale televisivo goda attualmente di una maggiore salute rispetto a quello del "fratello maggiore". Eppure non sarà sfuggito ai più attenti che anche nel fortunato e prolifico mondo dei vari CSI: Crime Scene Investigation, Lost e Grey's Anatomy si stia avviando una sorta di appiattimento generale non troppo dissimile da quanto avvenuto col cinema USA dell'ultimo decennio, con un proliferare di prodotti mainstream che cercano di sfruttare i punti di forza dei programmi più in voga e replicarne così il successo. E' chiaramente il caso del filone criminal affollato da cloni e spin-off ma anche di quello medical (quest'anno più che mai con tante nuove serie ospedaliere pronte a raccogliere la pesante eredità lasciata dalla chiusura di E.R.: Medici in prima linea), del teen drama, di quello sci-fi...
Ma proprio come nel cinema, anche per le serie tv USA basta allontanarsi un po' dai grandi network e dai grandi nomi per trovare delle vere e proprie gemme, esempi perfetti di quella vitalità, originalità e qualità artistica che in questi anni hanno fatto gridare al miracolo chiunque segua il settore. Tuttavia, proprio come nel cinema, alcuni prodotti a volte sono di difficile reperibilità, soprattutto nel nostro paese dove la cultura della serie tv è anni luce indietro rispetto ad altri paesi, e se quindi per un Dexter o un True Blood basta semplicemente aspettare un po', alcune gemme continuano a rimanere nascoste ai più, relegate magari ad orari improponibili o programmate in fretta e furia con maratone da tre, quattro episodi a volta.
La prima è forse il tv drama più premiato dell'ultimo lustro, uno sguardo alla vita di alcuni pubblicitari della New York anni '60 che grazie ad una straordinaria caratterizzazione dei personaggi e uno stile visivo che forse non ha eguali sul piccolo schermo è diventato un piccolo grande caso e soprattutto un simbolo della tv di qualità. Le altre due serie che abbiamo citato meritano invece qualche parola in più sia per la loro lavorazione più travagliata sia per il loro carattere meno elitario e, almeno sulla carta, più commerciale. Friday Night Lights per esempio è di fatto una serie NBC, quindi una serie di un grande network pensata per il grande pubblico. E' un teen drama - genere di facile successo sulle nuove generazioni - e unisce al tema degli amori adolescenziali un altro tema di grande appeal, almeno per il pubblico americano: il football. Il perché del suo parziale insuccesso di pubblico (che l'ha relegata durante la stagione autunnale sulla tv via cavo Direct Tv per poi andare in replica sulla NBC solo in estate) è spiegato da alcune fondamentali scelte dagli autori che l'allontanano più che mai dal mondo luccicante e glamourous degli altri teen drama di ieri e oggi (i vari Melrose Place, 90210, The O.C.), sia dal punto di vista stilistico che geografico: dalla Los Angeles cool e modaiola e dalla ricca California ci spostiamo invece nella profonda provincia del Texas, a Dillon, un paesino rurale in cui il football, anche se solo quello liceale, è una delle poche ragioni di vita di gran parte degli abitanti. E se ovviamente non mancano le storyline amorose e giovanilistiche, al contrario che negli altri serial sopracitati qui i problemi ragazzi non sono relativi a quale macchina sportiva acquistare, dove e con chi perdere la verginità o come diventare il più popolare della scuola, ma piuttosto come prendersi cura della nonna malata, come pagarsi gli studi e ovviamente come rendere vincente la squadra del liceo quando il quarterback fenomeno ha perso l'uso delle gambe in seguito ad un incidente di gioco. Invece che farci immergere in un mondo da sogni come Beverly Hills o l'Orange County e poi mostrarci che anche lì non è tutto oro quel che luccica, la serie creata da Peter Berg (proprio il regista di Hancock e del film Friday Night Lights del 2004) ci mostra un mondo reale in cui la mancanza di prospettive e speranza può essere solo compensata dal duro lavoro, dal sacrificio e dalla forza di volontà.
Non è poi così difficile capire il perchè dello scarso successo presso il grande pubblico. Discorso non troppo diverso per Battlestar Galactica, ormai vera e propria cult series e tra i maggiori rappresentanti di questo decennio televisivo, continuamente citato anche da altri programmi come esempio di status simbol per i nerd di tutto il mondo (proprio in questi giorni l'hanno fatto 30 Rock e The Big Bang Theory - che tra qualche giorno ospiterà la protagonista Katee Sackhoff nel ruolo di sé stessa - in passato è stato un tormentone del Dwight di The Office) ma in realtà è un prodotto che oltre ad essersi affermato come "feticcio" per i fan rappresenta la quasi perfezione in campo televisivo. Realizzato dal canale specializzato SyFy, la serie è andata avanti a partire dal 2004 con i formati più disparati: una miniserie iniziale, poi la serie regolare per cinque anni (la quarta stagione - che finalmente a dicembre arriverà anche in Italia su Fx - in realtà è stata spezzata e mandata in onda in due anni!) e in più film TV e web-episode; il tutto per cercare di sfruttare il più possibile (come perfettamente semplificato dall'inutile e irritante The Plan, film tv messo sul mercato homevideo in onda pochi giorni fa) un successo che nessuno si aspettava e che poteva forse dare maggiore frutto. La verità è che il creatore Ronald D. Moore è riuscito a resistere alla più grande tentazione che può avere un autore tv ovvero quella di portare avanti la serie il più possibile anche a costo di snaturarla: possiamo solo immaginare le pressioni che deve aver ricevuto dal network, ma lui ha continuato per la sua strada con una coerenza che raramente ha avuto eguali in questi anni e ha resistito nonostante i continui sgambetti (come appunto la divisione della stagione finale in due parti) e le richieste dei fan. Anche per questo, Battlestar Galactica è attualmente uno dei migliori prodotti di fantascienza mai esistiti, in grado di unire etica e religione, azione e mistero, proprio come da migliore tradizione.
I tre titoli proposti da Rai 4 sono un'opportunità rara per gli spettatori, la possibilità di scoprire una tv di grande qualità che è anche e soprattuto un simbolo d'integrità autoriale che troppo spesso manca nel panorama televisivo e cinematografico.
Un'occasione che vi invitiamo a non lasciarvi scappare.