Classe 1977, Radu Jude è tra i più acclamati cineasti rumeni degli ultimi anni, anche se molti dei suoi lavori sono rimasti invisibili al di fuori dei festival. Quest'anno, complice l'Orso d'Oro vinto alla Berlinale per Sesso sfortunato o follie porno, la casa di distribuzione I Wonder ha portato in Italia, sulla sua piattaforma, alcune delle opere precedenti del regista, e la sua fatica più recente è stata distribuita in sala in più paesi. Per accompagnare una di queste uscite, Jude si è recato, qualche settimana fa, al Geneva International Film Festival, e in tale occasione lo abbiamo intervistato per parlare del suo percorso in generale, partendo da un successo su cui lui stesso ha delle riserve: "Da un lato sono contento che il mio film abbia vinto a Berlino, perché significa che molte più persone lo vedranno, ma dall'altro trovo sbagliato che uno vada a vedere un film solo perché ha vinto l'Orso, la Palma, il Leone, un Oscar e così via. L'importante dovrebbe essere il film stesso. Ce ne sono altri miei che praticamente nessuno ha visto, ma non per questo li considero inferiori."
Follie con la censura
Sesso Sfortunato o follie porno è la storia di Emi, un'insegnante il cui posto di lavoro è in pericolo in seguito alla diffusione online di un video dove lei fa sesso con il suo compagno. Una sequenza molto esplicita, al punto che Radu Jude, in più occasioni, ha contemplato l'opzione di oscurarla in certi mercati, scrivendo poi sullo schermo dove andare, in rete, per vedere la scena integra. Il cineasta ci aggiorna su tale pratica: "Non posso farlo, perché nei paesi in cui sarebbe richiesta la manomissione di quel segmento non è consentito aggiungere scritte del genere, per legge. Dovrò inventarmi qualcos'altro." Come ha reagito quando parte della stampa ha commentato il trionfo berlinese definendo il film un porno? "A livello internazionale non me ne sono accorto, ma in Romania è successa questa cosa, aspetta che ti faccio vedere..." A questo punto tira fuori il suo telefono e ci mostra la schermata di un articolo di giornale dove, oltre al titolo poco elegante, c'è un'immagine di Jude corredata da una stella di David. "L'hanno fatto per via del mio cognome, che si scrive uguale alla parola tedesca per indicare gli ebrei."
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Passando all'industria rumena in generale, tiriamo in ballo un altro lungometraggio recente, Blue Moon, premiato a San Sebastián. La regista sostiene di non aver ricevuto sostegno dal principale organo cinematografico del suo paese perché, a detta loro, un film che parla di donne non è interessante né a livello nazionale né fuori dalla Romania. Jude commenta: "Non metto in dubbio che sia accaduto, ma bisogna precisare che la commissione cambia periodicamente, io stesso ne ho fatto parte e quella fu un'ottima annata, tra le sceneggiature esaminate c'era Un padre, una figlia di Cristian Mungiu. Non mi sento di criticare l'organizzazione in sé, ma è vero che a seconda dei casi può andare male, l'ho vissuto anch'io perché generalmente non apprezzano progetti dall'approccio più sperimentale, come piace a me." C'entra anche la componente critica nei confronti della Storia rumena? "Sì, senza dubbio, ma avrebbero meno da ridire se optassi per uno stile più mainstream."
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Varietà stilistica
A tale proposito, il nuovo film è per certi versi la fine di una trilogia su quasi cento anni di Storia della Romania, dal secondo conflitto mondiale a oggi. I tre film sono molto diversi tra loro, a volte con divergenze stilistiche all'interno dello stesso lungometraggio (il più recente è diviso in tre sezioni, di cui la seconda è un flusso di coscienza sulle contraddizioni della società rumena e il suo rapporto con varie forme di discriminazione). Perché questa voglia di variare? "Non è che io voglia farlo, è che non ho uno stile mio. Se guardi un film di Hong Sang-soo, per esempio, capisci subito che l'ha fatto lui. Io non sono così, per ogni progetto devo capire esattamente come portarlo sullo schermo, altrimenti non se ne parla. Uppercase Print, che è uscito l'anno scorso, è volutamente brechtiano, perché basato su uno spettacolo dove gli attori recitano in modo neutro i veri rapporti dei servizi segreti rumeni. Un altro regista avrebbe fatto un thriller convenzionale, mentre io ho sempre bisogno di qualcosa di inedito che mi invogli a portare a termine il film." Nel 2021 ha anche firmato due cortometraggi, selezionati rispettivamente a Locarno e Venezia. C'entra la pandemia? "Sì e no, perché erano due idee che coltivavo comunque da tempo. Per me non c'è una vera distinzione lunghi e i corti, sono tutti film. E mi piace fare corti per tenermi occupato se non riesco a trovare i finanziamenti per altri progetti."
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Come vedere i film
Per finire, affrontiamo l'argomento della fruizione delle opere cinematografiche, tema divenuto molto più complesso negli ultimi anni, anche prima della pandemia. Jude, i cui film tendenzialmente non circolano nelle sale al di fuori di eventi e festival, è molto diplomatico sulla questione: "Quando possibile preferisco l'esperienza della sala, ma i film si possono vedere ovunque. Quando sento gente che si lamenta di non aver mai visto al cinema questo o quel titolo, a me viene da ridere perché io sono cresciuto vedendo in TV dei film che erano stati girati a colori ma venivano trasmessi in bianco e nero. Ho visto film in sala, in TV, in VHS, in DVD, su MUBI, in alcuni casi anche in TV all'estero, doppiati in tedesco, per esempio. Per me l'importante è vederli, poi ognuno faccia come vuole."