Il battesimo cinematografico del 2016 fu un evento eccezionale. Il 1 gennaio uscì in sala il quarto film interpretato da Checco Zalone, Quo Vado? e diretto ancora una volta (sarà l'ultima) da Gennaro Nunziante. Zalone veniva da una sequenza di film da record di incassi che il film riuscì a superare. Più di 9 milioni di italiani si riversarono in sala facendo di Quo Vado? l'unico film italiano capace di sfiorare le cifre eccezionali di Avatar, incassando più di 65 milioni di euro (cifre che il suo film più recente, Tolo Tolo, con i suoi 46 milioni non ha minimamente raggiunto).
Certo, i film di Checco Zalone sono, nel corso degli anni, diventati un vero e proprio fenomeno: uscite dilazionate a distanza di anni; rarissime, se non nulle, apparizioni televisive del personaggio in modo da considerare il suo ritorno al cinema come un evento; la capacità di ridere di noi stessi e di quell'italianità che coinvolge tutti, a dispetto del credo politico (e forse, proprio per questo motivo, il suo ultimo film non ha convinto tutti). Vero e proprio film dei record, il successo di Quo Vado? sarà in futuro difficilmente replicabile rendendolo una vera e propria mosca bianca nel panorama industriale italiano, ma anche per lo stesso Zalone. Ecco i 5 motivi che lo rendono la commedia più riuscita di Checco Zalone.
1. Il personaggio Checco
Protagonista indiscusso, a partire da quel Cado dalle nubi del 2009 che fu un primo successo (e che comunque non andò oltre i 14 milioni di incasso), ogni film di Checco Zalone (o, per usare il suo vero nome, Luca Medici) si basa sul personaggio Checco, incarnazione della peggiore versione dell'italiano medio, pieno fino al midollo delle contraddizioni che lo rendono comune alle stesse persone che poi di quel film ne sono spettatori. Un personaggio che, in ogni caso, si è evoluto smussando gli angoli più duri e controversi. Arrivato al quarto film, Checco è il classico italiano un po' furbetto (la maniera in cui cerca di mantenere il posto fisso), un po' cattivo (rimangono, seppur parecchio edulcorate nel contesto, battute che scherzano sull'etnia delle persone), si sente sempre una vittima della società giustificando se stesso da quell'egoismo e quell'individualità che trasformano la comicità del film (se nel primo film spesso si rideva con lui, l'evoluzione ha fatto in modo di ridere di lui), ma anche capace di provare emozioni più vere e, di conseguenza, umanizzarlo. Giocato su un equilibrio eccezionale (quando tutto funziona al meglio, purtroppo non sempre è così), il personaggio Checco diventa modello di un modo di "essere italiano". Non sorprende il successo sempre crescente dei suoi film perché il maggior pregio del protagonista è quello di creare un gioco di specchi: talvolta ci ritroviamo in lui e ridiamo per quel velo veritiero che mette in scena e altre volte sappiamo che quella stessa risata in realtà nasconde un po' di vergogna di essere proprio come lui.
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2. Una storia d'amore
La fortuna di Quo Vado? deriva anche dall'essere ben inserito in un genere di commedia che non stanca mai: il racconto di una storia d'amore. E come tutte le storie d'amore, anche in questo film si assiste a un triangolo amoroso, seppur straniante: Checco, il posto fisso e Valeria. Innamorato di entrambe queste due figure imprescindibili per la sua felicità, Checco sarà costretto a scegliere e a sacrificarne una per ritrovare sé stesso. Un conflitto che si pone tra cuore e mente, dove il cuore è riferito alla donna come partner di vita e la mente come sicurezza economica e certezza, la quotidianità mediocre che, però, allo stesso modo gli avrebbe impedito di espandere la visione del mondo, di conoscere, di vivere novità, di viaggiare. Quo vado? riesce, quindi, a essere una commedia che sa come intrattenere lo spettatore e piacere un po' a tutti: evita espliciti riferimenti politici o altri argomenti più seri, si mantiene su una struttura basilare concentrandosi sul fattore umano (evitando, di conseguenza, derive che meno appartengono al mondo di questo genere come tutta la sottotrama aziendale di Sole a catinelle), gioca con quelle certezze anche un po' stereotipate che, però, rendono il film particolarmente universale. È un film diretto e semplice che raccontando un cambiamento (affronteremo meglio questo discorso nell'ultimo paragrafo) ci invita ad uscire dalla nostra comfort zone e non solo a riderci sopra.
3. Personaggi veri, non stereotipi
Croce e delizia dei film comici, la presenza di tanti volti noti che sanno, attraverso soprattutto il linguaggio del corpo e il ritmo delle battute, stimolarci alla risata. Spesso, però, la sensazione che abbiamo durante la visione di film di questo genere è di personaggi che vivono in un mondo diverso dal nostro. Diverso il modo in cui si muovono, nel modo in cui parlano, si relazionano. È un difetto che si nota in molti film, anche di successo, dove il tentativo di stimolare la risata ha la meglio nel costruire un mondo, invece, verosimile al nostro con persone vere. Quo Vado? riesce nell'incredibile: è una commedia dove finalmente possiamo parlare di personaggi veri, non stereotipi. Tralasciando il personaggio di Zalone, il cast di comprimari dà proprio la sensazione di trovarsi di fronte a personaggi comuni, semplici, umani. A partire da Valeria (Eleonora Giovanardi), una donna che ha avuto parecchie relazioni e altrettanti figli, ma di cui -al di là dell'iniziale incredulità di Checco- non dubitiamo mai della sua intelligenza. Pure il ministro Magnu (Ninni Bruschetta) sembra un normale uomo che vive di politica e la dottoressa Sironi (Sonia Bergamasco, candidata addirittura al David come migliore attrice non protagonista), per quanto sia l'unica che ha un po' i caratteri del villain senza cuore, proprio nel finale si lascia andare a un momento di umanità che, a causa della sua eccezionalità, colpisce.
4. Una commedia fresca
Forse il vero grande pregio del film è quello di essere una commedia fresca, che sa trascendere la tradizione del genere attraverso un linguaggio fresco, come dovrebbe essere. Se è vero che la commedia fa ridere perché si inserisce nell'attualità, ridendo - spesso e volentieri - degli hot topic del momento, allora ben venga anche l'utilizzo di un linguaggio moderno perfettamente inserito nel modo di fare film del momento. Quo Vado? ha un gran ritmo, non c'è mai un momento in cui rallenta - sia a livello narrativo sia sulla presenza delle battute - o si adagia. La costruzione delle gag, che spesso rendono il film quasi una sequenza lunghissima di sketch, è comunque spesso basata non solo su Checco e la sua battuta sempre pronta, ma anche attraverso il puro e semplice montaggio (un personaggio dice una cosa, l'inquadratura successiva ci mostra il suo contrario stimolando, in quest'associazione, la risata). Persino la cura delle inquadrature ha un sapore cinematografico maggiore risultando meno teatrale del solito (la comicità si nota anche nei personaggi in secondo piano). Ultimo elemento di forza che denota il film come un prodotto del 2016 è anche nell'utilizzo della musica. Non mancano le canzoni che richiamano il "musicarello", genere di commedia italiano di qualche decennio fa a cui Zalone ha sempre fatto riferimento (e anzi, il suo personaggio nasce come parodia del cantante neomelodico), ma in generale anche l'uso della musica si discosta dalla maniera generica in cui spesso viene usata in film di questo tipo.
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5. Il finale che ci invita a cambiare
Un racconto in flashback. Una cornice che riesce a legare perfettamente la struttura "a gag" del film e che gli dona quella marcia in più creando una coesione perfetta. Checco è in Africa, all'inizio non ne conosciamo il motivo, e viene reso prigioniero da una tribù locale che lo costringe a raccontare i motivi del suo viaggio. È l'occasione per Checco di iniziare un lungo racconto che ha il sapore di confessione, quasi fosse una seduta psicanalitica da ciò che rappresenta la semplicità. Da qui il titolo, la domanda che diventa anche esistenziale. Il senso del film quindi, è incentrato sul cambiamento di Checco, attraverso varie fasi: il cambiamento di luogo (attraverso le regioni italiane, prima, che non sono considerate vere e proprie sfide alla sua risolutezza perché si tratta dello stesso Paese, e fino alla Norvegia poi), il cambiamento etico e fisico (impara l'educazione e a essere "meno italiano", ma nell'apice di questa trasformazione si fa anche crescere il pizzo biondo da bravo nordico, come a voler sancire la sua appartenenza ormai a un luogo che non è l'Italia) per poi arrivare infine a un cambiamento interiore: smettendo di essere un egoista individualista e iniziando a credere in una famiglia, che è allo stesso tempo intima (Valeria, i tre figli acquisiti e la nuova arrivata) e collettiva (la donazione del vaccino grazie ai soldi della sua buonuscita). Se nel personaggio di Checco si specchia l'italiano comune, allora il finale di Quo Vado? è un finale che ci invita a cambiare, in meglio. A liberarci da un personaggio che siamo costretti a recitare, anche senza volerlo (quante volte le battute sono riferite a un modo in cui bisogna fare le cose: è la donna di casa che cucina, è il posto fisso la massima aspirazione a cui bisogna arrivare...), e a essere finalmente noi stessi. Ne è un esempio anche la dottoressa Sironi, donna legata alla carriera e che non si fa problemi a usare il suo corpo e la sua scarsa empatia per raggiungere i suoi obiettivi, salvo poi essere toccata dal video di ringraziamento dell'ospedale. In definitiva, è un film che non vuole criticare ciò che siamo, ma che semplicemente ci invita a essere persone migliori. Quando una commedia riesce a fuggire dal tempo e a funzionare anche a distanza di anni, acquisendone magari nuovi significati (il dono finale è un esempio: l'invito del film è proprio quello di provare più empatia, conoscere e capire le altre persone e non essere "fissi" nella nostra vita), allora si tratta davvero di una grande commedia.