"Ve lo dico io di cosa parla Like a Virgin". Schermo nero, titoli di testa e una voce fuori campo che pronuncia questa frase. Il cinema di Quentin Tarantino si apre così, con la sua stessa voce che tiene banco in una compagnia di bastardi in cerca di gloria. Dentro una tipica tavola calda americana otto criminali gozzovigliano seduti ad un tavolo, e il loro interesse non ruota attorno alla preparazione del prossimo colpo, ma al significato della celebre canzone di Madonna.
Così Mr. Brown sostiene la sua curiosa tesi, svelando una metafora sessuale tanto assurda quanto plausibile da zittire tutti i commensali e iniziare a far capire al pubblico di che pasta sia fatto il suo cinema: un rapporto indissolubile tra immagini, parole e suoni. Con il vantaggio del senno di poi, la memorabile scena d'apertura de Le iene sembra quasi una dichiarazione di intenti, una promessa poi mantenuta che mette in guardia tutti: per Tarantino la musica è una cosa seria. E in effetti è stato davvero così. Come il cinema, come le serie tv, come il cibo, come le storie, ovvero come tutti gli argomenti trattati negli sproloqui dei suoi logorroici personaggi. Per Quentin il rapporto con la musica è fondamentale, una cifra stilistica ricorrente, costante quanto controversa.
A volte le note accentuano il senso delle immagini, ne sottolineano la forza, ne evidenziano l'enfasi epica. Altre, invece, vanno da tutt'altra parte: mentre i fotogrammi dicono una cosa, il suono contraddice, sussurra o grida nell'orecchio dello spettatore alla ricerca di un effetto straniante. Enfatica o dissonante che sia, la colonna sonora tarantiniana non è mai semplice e morbido sottofondo, ma un fragoroso elemento di rottura, un'intrusione violenta e invadente che esalta, oppure fa a pugni con le immagini. Per Tarantino la musica è quindi un ulteriore dimensione di racconto, un complice fidato capace di evocare l'immaginario ibrido di un autore che adora giocare con i generi.
Dal rock al folk, dal funky al pop, da richiami western a contaminazioni orientali, il suono del suo cinema assomiglia ad un jukebox impazzito da cui fuoriesce di tutto. E, forse, sarà proprio per questo che i suoi film sono divisi in capitoli, come fossimo all'interno di un album diviso in tracce; impronte che con The Hateful Eight ci conducono ancora una volta a seguire lo spartito insanguinato del cinema tarantiniano. Perché anche nel lontano e gelido Far West, persino dentro un isolato emporio, c'è spazio per chitarre e pianoforti, per una ballata cruenta e particolarmente desolante, strimpellata a suon di pallottole dagli otto odiosi personaggi del suo western da camera. Da quella tavola calda alla locanda del Wyoming, eccoci qui a ripercorrere i migliori momenti musicali del cinema di Quentin Tarantino. Quell'autore che scrive a orecchio dando eufonia alle parole, senza mai dimenticare il peso delle note. Sentiremo il rumore della vendetta, il suono della tensione, il ritmo del pulp. Qualsiasi cosa pur di spezzare e rompere quei "silenzi che mettono a disagio".
Le Iene
Little Green Bag - George Baker Selection
The Hateful Eight ante litteram. Subito dopo la chiacchierata nel locale, Tarantino trova il modo migliore per presentare gli otto criminali del suo sorprendente esordio. Un lungo ralenti su una camminata diretta verso la storia del cinema, accompagnata da una canzone dei George Baker Selection datata 1969 (inizialmente il pezzo scelto era stato Money dei Pink Floyd); il testo parla di una bustina verde da trovare a tutti costi pur di non impazzire. Il contenuto non è esplicitato. Quasi un presagio delle misteriose valigette che verranno.
Stuck in the Middle with You - Stealers Wheel
"Tu ascolti mai Super Sound degli anni Settanta di K. Billy?". Mr. Blonde cerca la giusta frequenza della follia e si mette a canticchiare e ballare davanti alla sua prossima vittima. La prima sequenza memorabile di Quentin Tarantino è un perfetto crescendo di tensione, rimarcata da un contrasto stridente tra la tremenda violenza mostrata e la spensierata leggerezza delle note. Lo stesso Michael Madsen, diventato padre da poco, incontrò molta difficoltà nel girare una scena in cui il poliziotto Marvin Nash lo prega di risparmiarlo in quanto padre di un bambino. Davanti a questa tortura in molti chiudono gli occhi, ma anche l'audio, tra musica e urla di dolore, non limita l'efficacia di una scena che vorremmo definire orecchiabile, ma forse non è il caso.
Leggi anche: Da Le iene a The Hateful Eight, la violenza nel cinema di Tarantino: i momenti (cult) più scioccanti
Pulp Fiction
Misirlou - Dick Dale
Anche il secondo film di Tarantino si apre con qualcosa che diventerà indelebile. Direttamente dal folklore greco, ecco un'antica canzone ellenica che parla d'amore nei confronti di una donna, riadattata nel 1960 dal surf rock del chitarrista Dick Dale. Un inizio palpitante e adrenalinico come tutto il resto di quel folle e ispirato film di nome Pulp Fiction.
Leggi anche: Pulp Fiction, venti volte cult
You Never Can Tell - Chuck Berry
Probabilmente la scena più nota del suo cinema, ambientata al centro di un locale che profuma di mito in ogni suo angolo. Il bellissimo twist (ispirato a 8½ e a Bande à parte) tra l'intoccabile e sensuale Mia Wallace e un combattuto Vincent Vega è un passo a due fatto di sguardi, un duetto proibito pieno di intesa quasi peccaminosa. Nonostante le perplessità iniziale di Uma Thurman, Tarantino insistette per avere questa canzone, probabilmente perché, come dichiarato in seguito da sua madre, era uno dei suoi brani preferiti quando era incinta. E dopo La febbre del sabato sera, la carriera calante di John Travolta si risolleva, ancora una volta ballando.
Girl, You'll Be A Woman Soon - Urge Overkill
Rieccoci nel bel mezzo di una folle serata, in compagnia della splendida donna del capo e del suo scagnozzo. Qui ascoltiamo una cover di Neil Diamond, mentre il regista si destreggia tra il desiderio di Vincent e la lenta autodistruzione di Mia che, dopo essersi "incipriata" il naso, precipita verso l'overdose. Ancora una volta il testo della canzone stride con la messa in scena, perché Mia sembra destinata ad essere un'eterna ragazzina, viziata e capricciosa, impegnata a fare la donna che ancora non è.
Leggi anche: Pulp Fiction, vent'anni dopo: parte 1, il fenomeno
Jackie Brown
Across 110th Street - Bobby Womack
Buone abitudini che ricorrono: anche il terzo film del regista americano si apre con una canzone dal grande impatto. E come successo con Le Iene, la musica accompagna la camminata nervosa dell'assoluta protagonista Jackie Brown. Una donna che procede controcorrente mentre in sottofondo Bobby Womack racconta di quanto sia difficile venire fuori da quell'inferno del ghetto. Un circolo vizioso che, come la stessa canzone, ritorna ciclicamente alla fine del film.
Street Life - Randy Crawford
Un salto sonoro nella vita di una donna seducente e spietata. Nonostante di mestiere faccia l'hostess di volo, Jackie Brown è una donna pragmatica con i piedi per terra. La sua strada è quella del traffico di danaro, così, nel suo film più urbano, Tarantino spia nella quotidianità della sua protagonista assieme alla voce di Randy Crowford che canta inneggia alla vita da strada, parlando di vite in gioco.
Kill Bill: Volume 1
Bang Bang (My Baby Shot Me Down) - Nancy Sinatra
Immagini in bianco e nero. Una sposa martoriata giace in fin di vita, mentre la voce suadente di un uomo le parla sussurrando. Poi uno sparo improvviso che ogni volta vale un sussulto, seguito dalle morbida e ovattata voce di Nancy Sinatra che ribadisce "bang bang" come un elegante ossessione. La canzone risale al 1966 e fu un grande successo di Cher, mentre la versione di Sinatra fu sdoganata proprio grazie al film, diventandone quasi il motto ufficioso, grazie a quel ritornello mortifero e alle parole che descrivono parte del film ("lui vestito di nero e io vestivo di bianco"), abbandonandosi ad una tristezza malinconica.
Ironside (Excerpt) - Quincy Jones
Una sirena, un allarme, ovvero il segnale che qualcosa sta andando storto, cedendo il passo ad una vendetta irrefrenabile. Come fosse il termometro dell'ira di Beatrix, la colonna sonora della serie tv Ironside (1977- 1975) ritorna in scena ogni volta che la Sposa tradita rivede uno dei suoi nemici.
Twisted Nerve - Bernard Hermann
Un fischiettio di solito si associa alla spensieratezza, ma Tarantino adora alterare la normalità delle cose. L'elegante cinismo di Elle Driver irrompe nell'ospedale dove Beatrix è ancora in coma. La complice di Bill è talmente felice di quello che sta per fare (uccidere la Sposa) da fischiettare con nonchalance un brano tratto dal thriller I nervi a pezzi. Il pezzo ritornerà come suoneria di un cellulare in Grindhouse - A prova di morte e citato anche in American Horror Story.
The Grand Duel - Luis Bacalov
In Kill Bill Tarantino ha utilizzato vari espedienti per rappresentare il suo universo iper-violento; smorzando i colori del sangue attraverso il bianco e nero, rendendola ridicola ed esasperata con getti di sangue del tutto inverosimili e, soprattutto, attraverso una straordinaria sequenza animata (realizzata dallo studio giapponese Production I.G). Mentre viene raccontata la tremenda e traumatica infanzia di O-Ren Ishii, Tarantino saccheggia lo spaghetti western Il grande duello e ci fa ascoltare l'intensa The Grand Duel di Luis Bacalov.
The Lonely Shepherd - Zamfir
Uno dei pezzi più evocativi, intensi e drammatici di tutto il film, non a caso inserito in due momenti chiave del progetto vendicativo di Black Mamba: la consegna della spada da parte di Hattori Hanzo e la scrittura della "lista nera" sull'aereo, culminata con quel "Bill" in bella vista. Con The Lonely Shepard, il flautista rumeno Zamfir riesce a enfatizzare la solennità del rituale e a concedere epicità alla missione di Beatrix Kiddo.
Green Hornet - Al Hirt
Una tuta gialla e nera, straordinarie doti atletiche e persino un accompagnamento musicale identico. Il richiamo al mitico Bruce Lee passa anche dalla colonna sonora, con l'arrivo di Beatrix a Tokyo evidenziato dalla musica incalzante e frenetica de Il Calabrone Verde, serie televisiva che nel 1966 lanciò l'attore di origini cinesi.
Battle Without Honor Or Humanity - Tomoyasu Hotei
Ebbene sì, si possono guardare degli occhi anche attraverso la visiera nera di un casco. Beatrix accosta l'auto di Sofie Fatale e il ricordo del martirio subito nel giorno del suo matrimonio riaffiora con prepotenza. Facile immaginare lo sguardo carico d'ira della Sposa, un momento di ennesima rottura che conduce in un interminabile tunnel di vendetta grazie a Battle Without Honor or Humanity. Composta da Tomoyasu Hotei e già utilizzata nel 2000 all'interno del lungometraggio giapponese New Battles Without Honour and Humanity, la musica presenta alla perfezione O-Ren e la sua gang durante l'ingresso nella House of Blue Leaves. Un degno preludio dello scontro finale.
Woo Hoo - The 5.6.7.8's
Se Christoph Waltz è stato scovato quasi per caso nei teatri austriaci, una delle canzoni più assurde di Kill Bill nasce da una normale giornata di shopping a Tokyo. Tarantino ascolta le 5.6.7.8's e compra immediatamente (al doppio del prezzo) un loro cd dal commesso del negozio. Entusiasta dello stile del gruppo, l'autore piazza la delirante Woo Hoo nel bel mezzo di un locale che sta per diventare un mattatoio. Il surf rock del gruppo giapponese (rigorosamente scalzo) è quasi un ultimo barlume di quiete prima di un tremenda tempesta di sangue.
Death Rides a Horse - Ennio Morricone
Inquadrature strettissime sugli occhi delle due rivali, un duello imminente e in sottofondo Ennio Morricone. Uno dei tanti richiami allo spaghetti western avviene mentre Beatrix taglia il braccio di Sofie, lanciando ufficialmente il guanto di sfida in faccia a O-Ren, sulle note di Da uomo a uomo di Giulio Petroni.
Don't Let Me Be Misunderstood - Santa Esmeralda
Ci sono volute bene otto settimane di riprese per girare al meglio la resa dei conti tra Beatrix e O-Ren. La scena finale di Kill Bill: Vol.1 è avvolta da una profonda sacralità; l'ambientazione evocativa, i passi nella neve e poi il punto di rottura straniante ed efficacissimo: la versione strumentale di una delle più celebri canzoni della disco music anni Settanta. Tra le duellanti però, è tutto molto chiaro. Nessun malinteso o fraintendimento.
Kill Bill: Volume 2
Il Mercenario (L'Arena) - Ennio Morricone
Le musiche di Ennio Morricone ritornano con prepotenza in Kill Bill: Vol. 2, un epilogo decisamente più cupo e sofferto del suo predecessore. Una delle scene madri del film, asfissiante e claustrofobica, vede Beatrix sepolta viva, alle prese con la sua seconda resurrezione. Mentre l'implacabile eroina si dimena per uscire da una tomba prematura, Tarantino ci fa ascoltare una musica del maestro italiano, tratta dal western Il mercenario. E questa volta il duello, vinto, è contro la Morte stessa.
The Demise Of Barbara And The Return Of Joe - Ennio Morricone
Ancora suoni polverosi direttamente dal western italiano Navajo Joe. Per il tanto bramato e atteso faccia a faccia finale tra la Sposa e Bill, Tarantino ritorna a servirsi degli epici spartiti di Morricone e lo fa per una resa dei conti che mette a nudo il complesso rapporto tra i due personaggi, in un groviglio di odio, stima, rancore e pentimento.
Leggi anche: Ennio Morricone: 10 colonne sonore capolavoro del grande Maestro
Malagueña Salerosa - Chingon / Goodnight Moon - Shivaree
Il finale di questa faticosa epopea non poteva avere dei titoli di coda banali. Mentre rivediamo i volti di tutti i personaggi della saga (anche quelli marginali), in sottofondo scorre una vecchia e romantica canzone messicana, una dichiarazione d'amore struggente (forse per la Sposa stessa) che è stata suggerita a Tarantino dal grande amico Robert Rodriguez (che scrisse la colonna sonora di Kill Bill 2 al prezzo di un dollaro) e già utilizzata dal regista messicano nel suo C'era una volta in Messico. A confermare la predilezione tarantiniana per il contrasto, subito dopo ecco attaccare la nota Goodnight Moon, più morbida e cadenzata, dedicata soltanto al volto deciso di Uma Thurman che ci guida verso la fine.
Leggi anche: La famiglia cinematografica di Quentin Tarantino: I volti ricorrenti del suo universo pulp
Grindhouse - A prova di morte
Down In Mexico - The Coaster
Iperbolico, verboso e sfrontato. Il quarto film del regista è una tempesta di parole e curve di ogni tipo, in cui l'elemento femminile è ancora una volta al centro dell'azione. In questo delirio vintage tempestato di omaggi ai b-movie anni Settanta, Tarantino tira fuori una delle sue canzoni preferite direttamente da un suo prezioso e raro vinile del 1956. Il risultato è mix di ironia e sensualità. Le espressioni di Kurt Russell fanno il resto.
Hold Tight - Dave Dee, Dozy, Beaky, Mick e Tich
In Grindhouse - A prova di morte l'arena è l'asfalto e il ring è a forma di strada. Questa volta il faccia a faccia tra i protagonisti è un frontale vero e proprio. Così, per la famosa scena dell'incidente tra il misogino stuntman Mike McCay e le sue "prede", il jukebox tarantiniano va a scavare nel pop-rock britannico anni Sessanta. L'accoppiata tra ritmi trascinanti e gambe volanti funziona.
Chick Habit - April March
Se per i titoli di coda di Kill Bill: Vol. 2 Tarantino si era soffermato sui protagonisti, in Death Proof preferisce dei titoli apparentemente classici, intervallati da rapidi fotogrammi raffiguranti giovani donne. I volti sono quelli delle cosiddette "China Girls", facce di ragazze sconosciute che un tempo apparivano su alcune pellicole cinematografiche solo per permettere di calibrarne luce e colore. La base musicale è una squillante cover di una canzone francese del 1964 (Laisse tomber les filles di France Gall), cantata dalla cantante indie April March. Il pezzo era già stato utilizzato, con ben altri toni, nel film But I'm a Cheerleader.
Leggi anche: Tutto d'un fiato! I migliori piani-sequenza cinematografici degli ultimi 25 anni
Bastardi senza gloria
The Verdict (Dopo la Condanna) - Ennio Morricone
"Senza dubbio uno dei migliori personaggi che abbia mai scritto". Facile capire a chi si riferisca questa frase e da chi sia stata pronunciata. Il colonnello Hans Landa è una credibile rappresentazione della metodica follia nazista, un essere mellifluo che adotta raggiri subdoli pur di giungere i suoi scopi. Nella scena d'apertura di Bastardi senza Gloria, anche senza farcelo vedere, riprendendo da lontano l'auto che lo ospita, Tarantino rende questo personaggio subito temibile attraverso lo sguardo quasi rassegnato di Perrier LaPadite. La colonna sonora di Morricone, tratta da La resa dei conti, mette subito la sequenza sui binari di una forte tensione drammatica.
Leggi anche: La recensione di Bastardi senza gloria: Cinema e nazismo, è lotta impari
Slaughter - Billy Preston / Algeri: 1 Novembre 1954 - Ennio Morricone
Personaggio silenzioso e pragmatico, l'ex soldato tedesco Hugo Stigliz è un freddo assassino a cui Tarantino riserva una degna presentazione con tanto di titolo in bella vista. La sua storia ci viene raccontata attraverso un rapido flashback, un documentario sui generis sostenuto da un pezzo (Slaughter) tratto dall'omonimo film del 1972. Subito dopo riecco Morricone e Gillo Pontecorvo con una citazione de La battaglia di Algeri.
Cat People (Putting Out the Fire) - David Bowie
Il cinema come trappola, la sala come inferno. Il piano vendicativo della "dolce" Shosanna passa dalla pellicola stessa e ogni compiaciuto passo verso il suo castigo è impreziosito dal goth rock di David Bowie. Questa volta nessun contrasto, ma un testo pienamente il linea con questo sta avvenendo sullo schermo. Si parla di donne feline (e ferine) dagli occhi verdi e di fuochi spenti con la benzina. Una meravigliosa contraddizione, una lunga miccia che si prepara per il botto definitivo.
Leggi anche: David Bowie fra Sound & Vision: la Top 10 delle scene cult con le canzoni del Duca Bianco
Rabbia e Tarantella - Ennio Morricone
Forse il tema portante di tutto il film, il suo marchio di fabbrica sonoro più identificativo e riconoscile. Ancora Morricone, di nuovo una pellicola italiana a fare da musa (lo storico Allonsanfan) e l'opera d'arte indelebile su pelle, scolpita dal tenente Aldo Raine sulla fronte di Landa. E poi la frase finale, ovviamente autoreferenziale, ancora una volta metacinematografica: "Sai che ti dico, Utivich? Questo potrebbe essere il mio capolavoro".
Django Unchained
Django (Main Theme) - Luis Bacalov, Rocky Roberts
La "D" è muta ma il resto suona benissimo. Django Unchained è l'ennesimo e più esplicito atto d'amore nei confronti degli spaghetti western italiani. Una passione viscerale che passa anche dalla colonna sonora. Il tema principale è lo stesso di Django di Sergio Corbucci, un canzone che sa di far west e cala immediatamente nelle atmosfere spietate del genere.
The Braying Mule - Ennio Morricone
Una carrozza con un enorme dente penzolante e un uomo nero a cavallo. A stupire la gente di Daughtrey è solo il secondo. Tarantino presenta gli indomiti protagonisti con colonna sonora de Gli avvoltoi hanno fame. L'autore? Indovinate un po'. Sì, sempre lui, il sommo Ennio.
Lo chiamavano King (His Name is King) - Luis Bacalov, Edda dell'Orso
Una canzone che vale come un libro, perché racconta e tramanda le gesta di un cowboy di nome King, armato di cavallo e di pistola (naturalmente). L'insolita coppia Django-Shultz viene introdotta più volte dalla musica di Luis Bacalov e dalla voce potente di Edda dell'Orso, già sentita in film imprescindibili (da C'era una volta il West a Il buono, il brutto, il cattivo).
Who Did That To You? - John Legend
Un enorme balzo in avanti nella musica contemporanea, ma il cognome del celebre cantante John Legend ci fa capire che bisogna continuare ad alimentare miti. Il singolo è un inedito che sembra scritto apposta per il film, infatti le sue parole coincidono perfettamente con la missione di Django: amori da vendicare, rabbia che scende come pioggia e un senso di giustizia del tutto personale.
Freedom - Anthony Hamilton & Elayna Boynton
Arriviamo ad uno dei primi pungi nello stomaco del film, ben piazzato dopo mezz'ora. Come è successo in passato alla Sposa di Kill Bill, la visione del carnefice fa scatenare emozioni a ritmo di musica, così, quando Django rivede uno dei fratelli Brittle, Tarantino torna di nuovo ai nostri tempi con il bellissimo pezzo di Anthony Hamilton ed Elayana Boynton. Le urla di Broomhilda si confondono con le suppliche di Django, mentre le fruste picchiano e questa canzone carica di rabbia sottolinea un desiderio frustrato di libertà.
Ancora Qui - Ennio Morricone ed Elisa
È molto raro trovare un momento di dolcezza nella filmografia di Tarantino. Questo è uno di quelli. La voce è quella di Elisa, la bacchetta è di Morricone; assieme hanno composto una canzone triste e delicata, creata appositamente per il film e presentata come versione provvisoria subito promossa da Tarantino. Il testo, scritto dalla cantautrice italiana, nasce da dolorosi ricordi personali (un caro amico morto per malattia) ma si sposa bene con la riconciliazione sofferta tra Django e Broomhilda.
Too Old to Die Young - Brother Dege
Troppo vecchio per morire giovane. Serve un ossimoro per raccontare la caparbietà testarda di Django che su queste trascinanti note indie-rock di un cantautore della Louisiana poco noto e non poco sorpreso di essere stato scelto per raccontare questo balordo Far West.
Trinity - Annibale e i Cantori Moderni
Un tripudio finale fatto di botti, colpi e assurdi "balletti" in sella. Dopo tanta tensione e così tanta sofferenza, finalmente, arriva una boccata d'aria che si lascia andare verso il guizzo comico. Lo conferma la colonna sonora finale, la stessa del mitico Lo chiamavano Trinità.
Leggi anche: La recensione di Django Unchained: Hollywood perdona... Django no!
The Hateful Eight
Silent Night - Demian Bichir
Per questo claustrofobico (ma mai stantio) western da camera, abbiamo deciso di ricordare due momenti musicali abbastanza particolari, ovvero due scene in cui sono gli stessi personaggi a suonare uno strumento. Come in ogni opera teatrale, ogni elemento scenico assume un significato e un valore ben preciso, così nel vecchio emporio anche caffettiere, porte, contenitori di caramelle hanno qualcosa da dire. Non fa eccezione un pianoforte impolverato che farà da sottofondo per una delle scene più forti e violente di tutto The Hateful Eight. Mentre il maggiore Warren racconta al generale Smithers come ha ucciso, umiliato e violato suo figlio, Bob tenta maldestramente di suonare Silent Night. Una canto natalizio e per questo sacro, totalmente profanato dall'odio messo in scena. Le note sono stonate e il bianco e nero, persino sulla tastiera di un pianoforte, sono colori inconciliabili.
Leggi anche: La recensione di The Hateful Eight: un Tarantino feroce e violento, ma sempre più politico
Jim Jones at Botany Bay - Jennifer Jason Leigh
Una ballata folk di origini australiane datata 1907, solo apparentemente anacronistica, perché risalente probabilmente agli anni Trenta dell'Ottocento. La storia, narrata e cantata in prima persona, è quella di un criminale (Jones) che sta per essere deportato nella tremenda colonia penale di Botany Bay. La sua è una testimonianza consapevole del dolore che dovrà affrontare, una persecuzione dalla quale, però, promette di liberarsi. Non è un caso, quindi, che Tarantino metta una preziosa chitarra Martin del 1870 (poi distrutta da Kurt Russell perché scambiata per una copia) nelle mani della fetida Daisy. Consapevole dell'avvelenamento del suo carceriere, la bandita canta con sarcasmo e istiga il buon John Ruth a un ultimo scatto d'ira.
Leggi anche: Perché The Hateful Eight è il film più nichilista e spietato di Quentin Tarantino