Il futuro è adesso. Occhi bassi mentre parla, come a cercare le parole giuste (che poi, la parole non sono un po' come le immagini?), Carolina Pavone è un bagno di adrenalina. Del resto, è il suo giorno, è il suo momento, è il suo esordio alla regia. Esordio, sì, ma la regista romana, classe 1994, ha alle spalle diversi lavori di assistente, prima al fianco di Nanni Moretti (che ha prodotto il suo debutto) e poi al fianco di Leonardo Guerra Seragnoli. Il film in questione è Quasi a casa, presentato alle Giornate degli Autori di Venezia 81, e poi subito al cinema dal 5 settembre. Storia di identità, di musica, di ricerca, che segue Caterina, interpretata da Maria Chiara Arrighini, con il sogno di diventare cantautrice.
Vent'anni per Caterina, e le aspettative che salgono, come sale la paura e l'insicurezza verso quella vita che tarda a cominciare per davvero. Ma cos'è, per Carolina Pavone, la vita vera? "Forse in realtà è un sentimento, che maturi dentro di te per essere sicuro di aver trovato quello che è il tuo posto, sentendoti a tuo agio", ci dice la regista. "Insomma, quello che dice anche un po' il film: arriverà mai questo momento? Però non è un problema, perché non smetteremo mai di sentirci a disagio, non smetteremo mai di avere paura. È una cosa che dobbiamo accettare".
Quasi a casa: intervista a Carolina Pavone
Tra l'estate che sfugge via e la luce tenue che cita Éric Rohmer, le suggestioni visive di Quasi a casa proseguono fino a Jean Seberg di Fino all'ultimo respiro (per il taglio di capelli che sfoggia Maria Chiara Arrighini). "Non so se sono paragoni cercati consapevolmente, però ho cercato la luce naturale, una fotografia che c'è ma non c'è. Abbiamo lavorato per creare la giusta luce. La Seberg? Quando Maria Chiara si taglia i capelli, si illumina. Ha una bellezza vicina a quella dell'attrice francese. Ho pensato anche a Mia Farrow in Rosemary's baby. Una bellezza un po' fragile ma dirompente. Poi, Fino all'ultimo respiro è un film meraviglioso. L'ho portato all'esame di maturità. I jump cuts sulla nuca della Seberg sono dei momenti di altissimo cinema".
In Quasi a casa, la musica ha un ruolo fondamentale. Le musiche originali sono composte da Coca Puma, cantautrice romana, e Maria Chiara Arrighini è affiancata da Lou Doillon, nel ruolo di Mia, una pop-star che farà da mentore - nel bene e nel male - alla protagonista. "Costanza, ovvero Coca Puma, è arriva in un momento fondamentale del film. Avevo appena iniziato a scrivere la prima stesura. L'ho contattata, chiedendole se potesse darmi dei consigli. Anche lei stava per esordire. È stato un esordio generale! Da lì, siamo diventate amiche. Ho costruito l'ambiente musicale attorno a Caterina, e al film stesso. Tutto insieme a Costanza. Aandando alle sue prove, guardandola scrivere, guardandola comporre, andandola a trovarla in studio".
Quasi a casa, recensione: di vita, di musica, di identità nel bell'esordio di Carolina Pavone
Tra accettazione e consapevolezza
C'è un passaggio nel film decisamente emblematico. Un dialogo tra Mia e Costanza in cui viene sottolineata la libertà di coloro che non fanno parte del mondo dello showbiz. "Quelle parole arrivano perché bisognava risolvere il rapporto. Non cercavo la retorica, non volevo una rottura. Volevo una liberazione di chi si sente paralizzato dall'insicurezza. Ti salvi, perché il trambusto e il dolore poi finiscono". A proposito di insicurezza, è interessante che una regista all'esordio, in qualche modo, segua lo stesso concetto espresso da Saverio Costanzo in Finalmente l'alba. Un'accettazione e una consapevolezza delle proprie ansie e paure. "Sono sentimenti presenti, oggi", prosegue Carolina Pavone, "Un sentimento riconoscibile. Appartiene a molti. Bisogna preoccuparsi anche di come si appare. E se sei un artista donna l'immagine è ancora più fondamentale. L'immagine che scegli di dare poi diventa la tua identità".
L'identità, che per la regista diventa l'estensione diretta della propria immagine riflessa all'esterno, senza potersi concedere errori. "Ovvio, adesso c'è anche meno possibilità di sbagliare, di fare degli errori, di ripensare, di cambiare, perché insomma, rimane tutto fissato. Il parallelo che hai fatto con Finalmente l'alba lo capisco, e sono felice di essere messa accanto a un bel film. Però sì, l'emozione è comune, ed è giusto raccontarla".