Quando un genio del teatro incontra tre talenti del cinema
Una pièce teatrale che supera i confini espressivi del teatro per compiere un passo oltre ed accogliere la magia del cinema.
Sleuth, atteso remake di Gli insospettabili di Joseph L. Mankiewicz del 1972, viene accolto dalla Mostra del cinema di Venezia da vigorosi applausi. Le aspettative non vengono deluse: interpretazione magistrale di Michael Caine e Jude Law, regia poliedrica di Kenneth Branagh, dialoghi al vetriolo firmati dal premio Nobel Harold Pinter.
Caine interpreta la parte una volta assegnata a Laurence Olivier, Andrew Wyke, un giallista di successo che invita a casa sua il giovane amante di sua moglie, Milo Tindle, ruolo che fu nel '72 dello stesso Caine, in questa nuova versione interpretato dall'affascinante Law.
Per la seconda volta, dopo Alfie, il giovane attore partecipa ad un remake prendendo le parti di Caine. Molti lo hanno già definito il suo "erede", ma basta vedere il film per rendersi conto del talento formidabile che singolarmente caratterizza i due.
La storia si basa su un gioco di orgoglio, inganno, desiderio di vendetta, una lotta fisica e psicologica tra due uomini che si sfidano per il possesso di una donna. Un duello all'ultimo colpo condito da un nero e cinico umorismo, sempre sul filo del mistero, tra falsità e bugia.
L'ambiguità regna sovrana, a partire dal terzo personaggio, oggetto del desiderio che non appare mai. Nel corso del dramma, addirittura, la conquista femminile è una ragione che progressivamente scompare dalla lotta testosteronica tra i due personaggi. Vincere diventa una prerogativa senza tregua per cui le due menti astute si accendono di follia.
La scenografia (Tim Harvey) è giostrata con simbolica genialità. Gli interni claustrofobici della casa del ricco scrittore di gialli, nella quale si svolge interamente la vicenda, traslano l'interiorità dei personaggi che si muovono tra le scale e i due piani della villa come su un palcoscenico praticabile.
La villa immersa nel verde è arredata con affascinante freddezza: tra pezzi di design e meccanismi iper tecnologici, i grigi graffianti e i marroni scuri riflettono l'oscurità crudele del padrone di casa.
Le luci accompagnano in un vortice stilistico gli spietati dialoghi dei due uomini, come allegoriche immagini della loro sfida letale.
Già si vocifera per una Coppa Volpi per Jude Law, secondo il parere comune, qui alla sua migliore interpretazione.
Senza dubbio, per il momento, il più bel film di Venezia.