Quando Dio imparò a scrivere, la recensione: su Netflix un mystery dalle mille sorprese

La recensione di Quando Dio imparò a scrivere, film diretto da Oriol Paulo che adatta l'omonimo romanzo in una narrazione ricca di tensione e colpi di scena.

Quando Dio imparò a scrivere, la recensione: su Netflix un mystery dalle mille sorprese

Alice Gould, investigatrice privata di grande esperienza, viene ingaggiata per una missione assai complicata, nella quale dovrà infiltrarsi in un manicomio. La donna infatti è stata assunta dal dottor Raimundo Garcia del Olmo per indagare sulle circostanze che hanno condotto alla misteriosa morte del figlio, ucciso in circostanze non ancora del tutto chiarite ad oltre un anno di distanza dal fatto.

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Quando dio imparò a scrivere: un'immagine del film

Come vi raccontiamo nella recensione di Quando Dio imparò a scrivere, Alice ha una cartella clinica creata ad hoc e soltanto un contatto all'interno della struttura è a conoscenza della sua reale identità, mentre tutti gli altri medici e psichiatri la ritengono una paziente come tutti gli altri. Questo infatti è il solo modo per lei di scoprire chi si nasconda dietro al delitto, agire indisturbata e all'oscuro di tutti...ma cosa succede se qualcuno non intende rispettare i patti? La protagonista finirà per ritrovarsi invischiata in una fitta rete di segreti e bugie, con la lista dei sospettati che si allunga sempre di più e la sua stessa sanità mentale messa a repentaglio dagli avvenimenti sempre più caotici che stanno avendo luogo nella casa di cura.

Uno sguardo d'autore

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Quando dio imparò a scrivere: una sequenza del film

Lo stile del regista spagnolo Oriol Paulo è ormai ampiamente riconoscibile, un marchio d'autore applicato alle dinamiche di genere che negli ultimi anni ci ha regalato alcuni titoli a tema più interessanti e particolari, in grado di scardinare le regole narrative per una costruzione a incastro all'insegna di whodunit che flirtano di sovente anche con il fantastico. L'opera che lo ha definitivamente consacrato è stata ovviamente Contrattempo (2016) - oggetto anche di un banale remake copia/incolla nostrano - mentre è passata più in sordina l'interessante odissea "a spasso nel tempo" di Durante la tormenta (2018). In entrambi i casi a dominare il cuore del racconto era una tensione costante, illuminata da colpi di scena sempre azzeccati in grado di rivoluzionare quanto visto in precedenza. In Quando Dio imparò a scrivere nessuna storia originale, con Paulo che ha adattato l'omonimo romanzo pubblicato nel 1979 da Torcuato Luca de Tena: una base perfetta da cui partire, data la ricchezza di eventi del testo originario.

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Uno, nessuno e centomila

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Quando dio imparò a scrivere: una sequenza

Come possiamo notare sin dai primi minuti, infatti, lo script tenta di sviare le carte, con la lettera che descrive il caso di clinico di Alice a descriverla come "un'astuta manipolatrice, capace di mentire su tutto": una premessa che fin dal prologo ci fa intuire come niente di quello che andremo a vedere nel successivo minutaggio sarà quello che sembra. Certo, con un indizio del genere lo spettatore è già portato ad attendersi sempre l'imprevedibile, improvvisi ribaltamenti e rivelazioni dell'ultimo minuto - manco si fosse in un romanzo di Donato Carrisi - che difatti non mancano, con tanto di fotogramma finale che offre l'ennesima sorpresa (va detto parzialmente intuibile da uno spettatore navigato). Certo quanto accade nelle due ore e mezza di visione, una durata forse eccessiva ma non così pesante per via di una buona gestione del ritmo, offre dei momenti di sano pathos a tema, con l'ambientazione in un manicomio dall'accezione tragicamente più classica - la storia è ambientata in Spagna sul finire degli anni Settanta, altri tempi - che è popolato da numerose figure in un immaginario eterogeneo: dallo gnomo all'uomo elefante, dai gemelli Romulo e Remo a chi soffre di idrofobia, varie patologie mentali vengono messe alla berlina in maniera più o meno caricaturale.

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Quando dio imparò a scrivere: una scena

Quando Dio imparò a scrivere mischia inoltre ulteriormente le carte con due linee narrative che si intersecano e che mandano in tilt lo schema temporale con un escamotage accattivante. L'atmosfera si rivela progressivamente più inquieta, con alcuni rimandi che sembrano guardare a un grande classico del filone come lo Shutter Island (2010) di Martin Scorsese, per poi ricomporsi in un puzzle maggiormente terreno dove infine tutti i nodi, seppur districati più o meno complicatamente, vengono infine al pettine. Non è la Halle Berry di Gothika (2003) e nemmeno la Angelina Jolie di Changeling (2008), personaggi femminili anch'essi reclusi all'interno di un manicomio con tutte le conseguenze - elettroshock incluso - che questo comporta, ma possiede con loro alcune similitudini, a cominciare da quel non essere creduta che rischia di compromettere non solo la sua missione ma anche il suo intero futuro. Bárbara Lennie, che aveva già lavorato con il regista nel citato Contrattempo, è intensa e credibile al punto giusto, veicolo empatico per accompagnare chi guarda in questa intricata vicenda mystery dalle molteplici verità.

Conclusioni

Un'investigatrice privata dalla comprovata esperienza, un manicomio tra le cui mura si nasconde un assassino, segreti e bugie che si annidano tra i pazienti e i dottori che popolano la casa psichiatrica. Come vi abbiamo raccontato nella recensione di Quando Dio imparò a scrivere, il film è l'ideale continuazione del cinema di Oriol Paulo, autore in carriera di opere che hanno sempre mantenuto alta la tensione in attesa di roboanti colpi di scena pronti a rivoluzionare le coordinate narrative. In questo caso il cineasta spagnolo adatta l'omonimo romanzo pubblicato a fine anni Settanta, testo ricco di suggestioni e rivelazioni improvvise che giocano con il pubblico nel tentativo di sorprenderlo fino all'ultimo: impresa riuscita, pur al netto di qualche forzatura che rende il tutto paradossalmente più prevedibile.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
4.5/5

Perché ci piace

  • Lo stile di Orion Paulo è ormai riconoscibile, con una messa in scena incalzante che si appoggia su rivelazioni e colpi di scena in serie.
  • La protagonista Bárbara Lennie infonde la giusta personalità ad un personaggio ricco di ambiguità e sfaccettature, ben amalgamato al contesto.

Cosa non va

  • Un paio di forzature in fase di adattamento rischiano di rendere l'imprevedibile più prevedibile di quanto voluto.