Qualcuno deve morire, la recensione: un dramma familiare nella Spagna franchista

La recensione di Qualcuno deve morire: nella Spagna degli anni Cinquanta, una potente famiglia conservatrice si ritrova ad affrontare uno scandalo che farà riemergere i suoi più oscuri segreti.

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La famiglia Falcón, protagonista della serie tv Qualcuno deve morire

Ideata e diretta Manolo Caro, Qualcuno deve morire rappresenta la prima serie drammatica per il regista e produttore messicano dopo il successo della commedia romantica La casa de las flores. Come vedremo nella nostra recensione di Qualcuno deve morire, però, lo show non raggiunge quelli che sembravano essere gli obiettivi prefissati da Caro, rivelandosi più una soap opera di alto livello che un vero e proprio thriller d'epoca. La miniserie, suddivisa in soli tre episodi da circa 50 minuti l'uno e distribuita da Netflix dal 16 ottobre 2020, segue le drammatiche vicende di una potente famiglia spagnola durante il regime di Francisco Franco, tra giochi di potere, apparenze e segreti inconfessabili.

La trama

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Qualcuno deve morire: una scena della serie tv

Ci troviamo nella Spagna degli anni Cinquanta, pienamente immersi nel clima di oppressione e rigore del regime franchista. La narrazione ha inizio con il ritorno in patria di Gabino (Alejandro Speitzer), giovane rampollo della famiglia Falcón. Dopo dieci anni trascorsi in territorio messicano, infatti, il ragazzo viene richiamato in Spagna dai genitori Mina e Gregorio, determinati a imporgli un matrimonio combinato con Cayetana Almansa (Ester Expósito ), figlia di un partner d'affari del padre. Gabino, però, sorprende tutti, tornando a casa accompagnato da Lazaro (Isaac Hernández), un ballerino di danza classica con il quale ha già progettato di compiere un viaggio itinerante per l'Europa. La presenza inaspettata del giovane alimenta immediatamente i dubbi in casa Falcón riguardo alla vera natura di questa amicizia, sconvolgendo gli equilibri di una famiglia ossessionata dalla salvaguardia delle apparenze. Dal canto suo, Gabino non fa nulla per nascondere il suo rapporto con Lazaro, attirando su di sé le malelingue e le ostilità di una società estremamente conservatrice. Ciò che il giovane non sa è che il suo comportamento innescherà una catena di drammatici eventi che coinvolgeranno tutte le persone attorno a lui.

Una buona contestualizzazione storica

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Alcuni dei protagonisti della serie tv Qualcuno deve morire

Iniziamo la nostra analisi di Qualcuno deve morire con quello che rappresenta forse l'unico elemento davvero a favore della miniserie di Manolo Caro: la coerenza dell'ambientazione con l'epoca storica. Il regista si rivela estremamente accurato nel delineare l'atmosfera dell'epoca, prestando la massima attenzione anche ai più piccoli dettagli; ne sono un esempio le locandine sui muri che inneggiano al regime franchista e i meravigliosi costumi dei suoi protagonisti. Anche la fotografia e la musica ci aiutano a familiarizzare con il clima di disciplina e oppressione della Spagna degli anni Cinquanta. La macchina da presa sembra muoversi perennemente nell'ombra, regalandoci una fotografia cupa che ben si sposa con il sentimento dell'epoca; la musica, invece, sembra scandire la narrazione con i suoi toni bassi e profondi, enfatizzando ancor di più il senso di rigore che permea la serie.

Le tematiche trattate

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Alejandro Speitzer è Gabino in Qualcuno deve morire

Sebbene Caro ami indugiare più sul clima della serie che sul suo contenuto, le tematiche affrontate costituiscono (o dovrebbero costituire) l'elemento cardine della narrazione. Prima fra tutte la condizione omosessuale in una società estremamente conservatrice come quella spagnola durante la dittatura di Franco. L'omosessualità, infatti, viene considerata alla stregua di una malattia contagiosa, tanto da emarginare o addirittura imprigionare chiunque si macchi di tale peccato. Il giovane Falcón, infatti, dovrà presto affrontare le conseguenze della sua condotta, colpevole solamente di essere rimasto fedele a se stesso. Ma Gabino non sarà l'unico a trovarsi faccia a faccia con la paura del pregiudizio; altri personaggi vivono lo stesso dramma nascosti nell'ombra, rispondendo con la violenza a una realtà che non vogliono assolutamente accettare. Un altro elemento importante che ci accompagna nel corso della serie è la rappresentazione della figura della donna. Il regista messicano ci mostra tre declinazioni del femminile, incarnate dalle tre protagoniste che avranno un ruolo chiave nello sviluppo narrativo: Mina (Cecilia Suárez), donna sottomessa dal marito Gregorio che trova il coraggio di far sentire la propria voce per sostenere il figlio Gabino, la giovane capricciosa e vendicativa Cayetana e Amparo (Carmen Maura), la matriarca che tiene le redini della famiglia imponendo il massimo rigore.

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Una recitazione non all'altezza

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Ester Expósito è Cayetana in Qualcuno deve morire

Molte delle aspettative riposte dagli spettatori su Qualcuno deve morire probabilmente derivavano dal fatto di poter vantare un cast molto famoso in patria. La serie, infatti, vede tra le fila dei suoi protagonisti diversi volti noti del panorama televisivo spagnolo, prime fra tutte proprio le tre donne che abbiamo appena citato: Carmen Maura (Volver-Tornare, Segreti di famiglia), Cecilia Suárez (Capadocia, La casa de las flores) e Ester Expósito (Vis a vis - Il prezzo del riscatto, _ Élite_). Mentre le prime due, però, sembrano portare sulle proprie spalle il peso di tutto l'impianto narrativo, la terza non si rivela all'altezza del suo ruolo, rimanendo sempre sulla superficie e rendendo poco credibile il suo personaggio. Stessa cosa si può dire di Alejandro Speitzer (Gabino) e Isaac Hernández (Lazaro) che non nascondono il fatto di essere due attori estremamente acerbi, apparendo ingenui e più adatti a un soap opera che a un thriller.

Una sceneggiatura inconsistente

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Carmen Maura e Cecilia Suárez in una scena della serie Qualcuno deve morire

Senza ombra di dubbio la sceneggiatura rappresenta il punto davvero dolente dell'opera di Manolo Caro. Qualcuno deve morire, infatti, sembra costituire un mero esercizio di stile per il regista che si concentra quasi esclusivamente sulla forma, tralasciando quello che dovrebbe essere il contenuto. Il primo episodio, ad esempio, non è altro se non una pura descrizione dell'ambiente e dei personaggi, senza aggiungere assolutamente nulla alla trama. In una serie composta da soli tre episodi, concedersi una tale lentezza narrativa rischia non solo di annoiare lo spettatore ma anche di snaturare completamente quello che voleva essere l'intento dell'intero show. Ed è proprio quello che accade nella terza parte della miniserie: dopo quasi tre ore di una sceneggiatura inconsistente, infatti, il regista messicano si trova costretto a tirar le fila dei (pochi) avvenimenti in maniera frettolosa, giungendo così a un finale precipitoso e incoerente.

Conclusioni

Come avete potuto leggere nella nostra recensione di Qualcuno deve morire, la serie si rivela fin da subito povera di contenuti, con una sceneggiatura estremamente debole e una recitazione dei suoi attori protagonisti non all'altezza delle aspettative. Gli elementi a favore dell'opera di Manolo Caro, invece, sono sicuramente un'ambientazione e una fotografia coerenti con l'epoca storia e l'importanza delle tematiche trattate.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
2.8/5

Perché ci piace

  • Buona contestualizzazione storica.
  • Importanti tematiche trattate.

Cosa non va

  • Sceneggiatura debole.
  • Recitazione non all'altezza.