Il pensiero che gira attorno al film, come accade spessissimo, finisce per confrontarsi con la stretta attualità: guardando Primadonna, scritto e diretto da Marta Savina, ci vengono infatti in mente le rivoluzioni necessarie portate avanti dalle donne iraniane contro il regime distorto e brutale dei mullah. Perché solo la lotta, rivoluzionaria e coraggiosa, può portare ad un cambiamento. Il parallelo, pur distante nello spazio, nella geografia e nel tempo, è decisamente calzante, e anzi amplia la riflessione che viaggia di pari passo alle immagini di un film attuale e classico, dall'approccio naturale, spinto da una necessaria linearità a portata di pubblico. Scelte visive e immagini, forse, un po' troppo televisive, ma nell'era della distribuzione ibrida è ormai un dato di fatto, nonché una cifra stilistica appurata.
Ciò che conta è la storia, e la storia in questo caso è di quelle "necessarie" (termine abusato, ma calzante), affrontando in modo orizzontale il tema del matrimonio riparatore, che avrebbe sanato le ferite di un assurdo disonore tradito. Presentato ad Alice nella Città 2022, dove ha vinto il premio Panorama, Primadonna di Marta Savina è, visto il tono e visto l'argomento, un film che va dritto al punto, soffermandosi sulla lotta di una protagonista che non è solo un personaggio cinematografico bensì una persona, a tutti gli effetti. Differenza fondamentale quando si racconta parte di una storia vera - come quella del film - riportandoci in un'epoca non così lontana. Anzi, tuttora l'onore e il disonore sono gli arbitri corrotti di numerose realtà famigliari, radicate in centinaia di culture maschiliste sparse nel mondo.
Primadonna e la trama ispirata alla storia vera di Franca Viola
In Primadonna, però, siamo in Italia, nella Sicilia degli anni Sessanta. Il film d'esordio di Marta Savina, da sempre legata a temi contemporanei, è liberamente ispirato alla vicenda di Franca Viola, divenuta icona nella lotta in nome dell'emancipazione femminile. Un'ispirazione, dato che la pellicola allarga l'obbiettivo verso un racconto più ampio. Protagonista Lia (Claudia Gusmano), ventunenne che, invece di stare a casa in quanto "femmina", lavora la terra insieme al suo bonario papà (Fabrizio Ferracane). Lia è una ragazza diversa, restia alle medievali e insensate regole civili dell'epoca. Talmente diversa che colpisce l'attenzione di Lorenzo Musicò (Dario Aita), figlio del boss del paese. Lia, però, lo rifiuta: non ha intenzione di scendere a patti, né di accettare un matrimonio combinato. Un rifiuto disonorevole per i Musicò, che organizzano una fuitina non-consensuale: Lorenzo violenta Lia, appropriandosi indebitamente di ciò che considera "roba sua". Scavalcando le grette leggi vigenti, la ragazza non accetta il matrimonio riparatore, atto a salvare la sua famiglia dall'onta della vergogna di avere una "figlia svergognata". Lia non ci sta, e supportata dai suoi genitori porterà in tribunale Lorenzo e i suoi complici.
Approccio televisivo, cinema nobile
Potremmo scrivere e discutere di quanto, come scritto all'inizio della recensione, Primadonna sia un film studiato per un linguaggio promiscuo, tra cinema e piccolo schermo: primi piani, sequenze rapide, immediatezza visiva, alcune didascalie che riassumono la vicenda, piuttosto che svilupparla in modo più profondo, e quindi meno sfumature all'interno della stesso racconto. Una storia universale, e purtroppo contemporanea: mettere in scena il coraggio di una ragazza, scommettendo sul mezzo filmico e, di conseguenza, scommettendo sui naturali e organici difetti che il film può avere. Ciononostante, nel film di Marta Savina, che tra l'altro si avvale delle ottime musiche di Yakamoto Kotzuga, meravigliosamente anacronistiche rispetto all'ambientazione, c'è un concetto nobile, ancora più nobile in considerazione del suo background: in Primadonna troviamo forte la ricerca dell'amore come risposta diretta alla violenza.
Sembra un elemento banale, scontato, eppure è proprio l'amore verso se stessa, verso la vera integrità, che avvicina Lia ad una giustizia insperata. La ragazza, interpretata in modo coerente ed empatico da Claudia Gusmano, è una delle prime crepe di un sistema mascolino, che crollerà (e sta lentamente ancora crollando) sotto il peso della libertà. Ecco, quella che mette in scena Marta Savina è una sorta di parentesi graffa, che verrà chiusa solo nel 1981 (!), quando venne abrogata la legge che discolpava l'aggressore. Dunque, cinema sincero ma sottile, cinema giusto e cinema soggettivo quello di Primadonna, intelligente nel rimpallare le macroscopiche storture all'interno di una sceneggiatura che accende il pensiero, lasciandoci tanto fiduciosi quanto arrabbiati.
Conclusioni
Come scritto nella nostra recensione di Primadonna l'ispirazione arriva da una storia vera. Tuttavia, il film di Marta Savina allarga il messaggio rendendo il film ancora più attuale grazie ad una protagonista che, con coraggio, ha sfidato la tirannia maschile che intende la donna come "proprietà da possedere". Non tutto funziona, e alcuni passaggi sono decisamente frettolosi, ma resta comunque un buon esordio spinto da una causa più che necessaria.
Perché ci piace
- L'interpretazione di Claudia Gusmano.
- La prova silenziosa di Fabrizio Ferracane.
- L'universalità della storia.
Cosa non va
- Alcune svolte, un po' troppo frettolose.
- Il taglio filmico, a metà tra cinema e passaggio streaming.
- Il senso didascalico, pur non accentuato, incombe.