"La gente mi chiama per nome per avere la mia attenzione ma le ball sono la mia identità. E io sono una celebrazione di quel mondo. Di ciò che le ball possono essere: amore, gioia, speranza, e anche brutalità a volte".
È con le parole di Pray Tell che scegliamo di iniziare la nostra recensione di Pose 3, l'ultima stagione del drama LGBTQIA+ di Ryan Murphy che arriva su Netflix dal 23 settembre. Si torna alle ball dove tutto era iniziato, e dove tutto finirà per i protagonisti.
Strike a last pose
Dopo aver raccontato un mondo ancora inedito in tv, ovvero quello della nascita e del successo delle ball tra gli anni '80 e gli anni '90, ed essersi concentrata sullo scontro tra "Case", il voler realizzare i propri sogni a New York e l'esplosione dell'AIDS nella comunità LGBT, in quest'ultimo ciclo composto da otto episodi Ryan Murphy e i co-creatori Brad Falchuk e Steven Canals tornano alle origini, dove tutto è cominciato, guardando al futuro e al destino dei protagonisti. Molto di questo canto (anzi ballo) del cigno è incentrato su Blanca (Mj Rodriguez, prima attrice transgender a ottenere una nomination agli Emmy 2021), ora infermiera quasi specializzata che pensava che la sua diagnosi di HIV all'inizio dello show fosse una sentenza di morte e invece è ancora viva e vegeta, anzi ha avuto molti meno sintomi di altri suoi amici, colpiti e spesso deceduti a causa del virus. Come Pray Tell (il primo attore nero dichiaratamente gay a vincere l'Emmy, Billy Porter), le cui condizioni peggiorano velocemente e si teme per il peggio.
C'è spazio per le cure sperimentali e le proteste che segnarono un'epoca in difesa dei diritti LGBT e per rivendicare il diritto all'informazione contro l'AIDS (come testimoniato magnificamente anche in un'altra serie recente, It's a Sin). C'è la rabbia e la frustrazione di una comunità nella comunità, quella transgender, non sempre vista "bene" anche dagli stessi omosessuali all'epoca, e che trovava la propria voce e il proprio spazio per esprimersi proprio nelle ballroom. Come dirà Christopher, il medico fidanzato di Blanca (interpretato da Jeremy Pope, già visto in Hollywood di Murphy sulla piattaforma): "Non sapevo cosa aspettarmi ma mi ha ricordato una chiesa: la teatralità, i costumi, il culto". La loro relazione è uno dei cuori di questa stagione, con lei che deve bilanciare il proprio ruolo di compagna, Madre nel riprendere in mano le redini della Casa Evangelista e aspirante infermiera.
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Le relazioni sono la cura
Le relazioni sono in realtà la chiave di quest'ultima stagione in generale, non solo per Blanca e Christopher. Anche Angel e Papi, i due Figli della Casa Evangelista, che trovano nel reciproco affetto una famiglia insperata, non solo quella della Madre, e lui possibile "erede" di Blanca. E Prayerful avrà anch'egli la propria dose di amore e affetto inaspettato. Ed è proprio in quest'ottica un pochino "buonista" che Murphy e soci, come già accaduto in passato, fanno finire le storie dell'underground trans finora poco o quasi per niente raccontato così approfonditamente in tv. Inizialmente lo show aveva fatto parlare di sé per via del cast regolare LGBTQIA+ mai così numeroso visto in tv, ma il merito poi andava oltre, nella caratterizzazione e approfondimento dei personaggi, inserendosi via via negli anni nei canoni murphiani di eccesso e narrazione sopra le righe, sia a livello di dialoghi che in maniera visivamente impeccabile. Ed è quindi con una sceneggiatura che parte dal cuore che gli autori infarciscono i dialoghi di quest'ultima perfomance. Alla fine della fiera, non c'è spazio per le rivalità, ma sono le relazioni a permettere ai personaggi di sopravvivere, di vivere, l'amore, l'affetto degli altri, amici e familiari (quelli che si sono scelti).
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Ritorno alle origini
Ma gli autori decidono anche di tornare alle origini, delle ball e delle Case, con Elektra e Blanca pronte a sotterrare l'ascia di guerra, pronte a sfilare un'ultima volta ma soprattutto a trovare nuovi "figli" bisognosi di un posto dove sentirsi a casa e al sicuro. La regia dinamica in stile videoclip, la fotografia colorata al neon, la colonna sonora pop, vuole mostrare quel mondo così a lungo taciuto. Casa Evangelista, Casa Khan e Pray Tell sono quindi gli ultimi baluardi di un mondo che fu, ma che allo stesso tempo ha ancora molto da dire, e da dare, anche se ci viene solo accennato nel finale. Anche perché in fondo Pose è sempre stato uno show nello show. Emblematica ed ironica è una sequenza in cui le quattro "aminemiche" transgender si ritrovano e parlano della serie del momento (all'epoca): Sex and the City e della rappresentazione della donna nello show! E anche se sono passati solo pochi anni il cambio generazionale è compiuto e narrativamente funziona. I personaggi sono maturati e pronti a guardare al futuro, e come dice Blanca è già un dono averlo un futuro a cui guardare. Dagli anni '80 agli anni '90, è stato un viaggio rocambolesco, che vuole infine scaldarci il cuore, a qualsiasi gender apparteniamo.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione di Pose 3, soddisfatti della chiusura del cerchio messa in piedi da Ryan Murphy e soci per i protagonisti, concentrandosi forse fin troppo su Blanca e Pray Tell, ma allo stesso tempo tornando alle origini delle ball per le quali questa serie era nata. Un finale “buonista” dai toni di speranza, che però data la dolorosa storia parallela dell’AIDS insieme alle lotte razziali forse era l’unica strada possibile.
Perché ci piace
- Aver chiuso sempre all’insegna dell’eccesso, del dinamismo e del colore.
- Aver inserito la lotta più feroce contro l’AIDS e le discriminazioni razziali.
- Aver dato un epilogo a tutti i personaggi…
Cosa non va
- …forse concentrandosi un po’ troppo su quelli di Blanca e Pray Tell a discapito degli altri.
- L’inserimento delle sequenze legate alle proteste non è sempre fluido.