"There is no planet B" è la frase ormai iconica proclamata ad ogni manifestazione sul cambiamento climatico. Poche semplici parole che hanno il compito di comunicare l'urgenza di agire. Un tema più che mai pressante e sentito e, proprio per questo, non siamo sorpresi nel vedere un film che utilizza tutto questo come incipit, per poi allargare l'orizzonte e parlare di autoritarismo e libertà, sia l'apertura della Settimana Internazionale della Critica in questa edizione della Mostra del Cinema di Venezia.
Planet B è infatti una pellicola di genere che racconta un futuro prossimo (e ci auguriamo distopico) per poi affondare saldamente le sue radici nel presente. La regista, Aude Léa Rapin, con i suoi precedenti lavori ha spesso raccontato la guerra e i conflitti socio politici con particolare devozione, utilizzando prima il documentario e poi la finzione per narrare l'inenarrabile. Questo è il suo secondo lungometraggio, dopo Heroes don't Die presentato alla Semaine de la Critique nel 2019 a Cannes.
Prigioni dorate... o forse no
Le vicende si svolgono in Francia nel 2039 dove gli attivisti per il clima sono visti alla stregua di terroristi da un governo che fin da subito ci appare con derive dittatoriali. Una notte l'esercito fa irruzione in un nascondiglio di oppositori e un gruppo sparisce senza che se ne abbia più tracce. Julia Bombarth è una di loro e come gli altri si ritrova a svegliarsi su una spiaggia, in un luogo all'apparenza paradisiaco ma che ben presto presenta alcune anomalie. In quella che, ad un primo sguardo, sembrerebbe una prigione dorata ben presto capisce che non ci si può però più fidare nemmeno dei propri compagni, in un soggiorno forzato che è prigionia della peggiore specie. A fornirle aiuto sarà una sconosciuta: una donna immigrata in Francia e con un decreto di espulsione imminente, che cercherà di comprendere la situazione.
L'esperienza della regista
Un pianeta stretto nella morsa dell'inquinamento dove a trovare terreno fertile è stata l'autarchia che ha dirottato le poche risorse disponibili su altrettanto pochi individui, è questo il mondo immaginato da Aude Léa Rapin , anche autrice della sceneggiatura. Una realtà che durante la visione ci sembra spaventosamente possibile e vicina, frutto sicuramente di una scrittura estremamente efficace che propone allo spettatore personaggi credibili, sfaccettati ed enigmatici. La padronanza con cui la regista tratteggia il clima sociopolitico è ache un punto di forza del film. Rapin nasce come fotografa e videomaker e per lungo tempo si è occupata di raccontare i conflitti in Africa e nei Balcani, esperienze che di sicuro l'hanno segnata ma le hanno anche fornito consapevolezze che poi è stata in grado di trasferire nelle sue sceneggiature.
Il potere della messa in scena
Una messa in scena interessante, anche se non perfetta, specialmente nelle scene in esterna, contribuisce a rendere le atmosfere claustrofobiche e cupe della storia, raccontando quel senso di costrizione e quei meccanismi che intrappolano le due protagoniste: due donne che si battono per ideali concreti, vittime di una società carnefice che per prima cosa punta a limitare libertà e diritti primari per mantenere un finto controllo sulle risorse. Ovviamente non sappiamo se e quando questo film arriverà mai nelle sale, ma ce lo auguriamo vivamente perché, pur parlando di un prossimo futuro, ai nostri occhi è parso uno dei migliori degli ultimi tempi nell'inquadrare alcune drammatiche e pericolose derive del nostro tempo.
Conclusioni
Planet B guarda al futuro ma parla fortemente al presente. Il film di Aude Léa Rapin vede il suo punto forte, infatti, in una scrittura efficace e consapevole in grado di tratteggiare con poco ma in modo preciso il clima sociopolitico in cui si muovono le vicende. Ben scritti anche i personaggi che risultano interessanti e sfaccettati. Buona anche se non perfetta la messa in scena che patisce il girato in esterna.
Perché ci piace
- La sceneggiatura efficace.
- I personaggi ben scritti e complessi.
- Le tematiche trattate, attuali e interessanti.
Cosa non va
- La messa in scena degli esterni non sempre riuscita.