Piena di grazia, la recensione: quando il giudizio viene rimandato allo spettatore

Presentato alla Festa del Cinema di Roma, Andree Lucini un dirige un documentario interessante e intelligente su una delle tradizioni più rischiose e discusse del nostro paese: la Varia di Palmi.

Le protagoniste del documentario

Tradizione e devozione molto spesso vanno a braccetto, due elementi che trovano compimento in partecipate feste di paese dove le comunità locali fanno sfoggio di usanze spesso secolari. Manifestazioni nelle quali il tempo sembra quasi non passare e che, proprio per questo, risultano difficili da comprendere, incarnando, quasi per definizione, un anacronismo. È questo che racconta Piena di Grazia, il documentario di Andree Lucini, presentato alla Festa del Cinema di Roma, una finestra su una delle feste patronali più famose e discusse del nostro paese, anche per la pericolosità che comporta. Stiamo parlando della Varia di Palmi, un paese calabrese quasi interamente votato a questa rappresentazione religiosa.

Madonna per un giorno

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Un'immagine del documentario

Attraverso gli occhi della regista seguiamo le vite di tre ragazzine in lizza per il ruolo di Animella: dovranno interpretare durante la processione dell'assunzione la parte della Madonna assunta in cielo e per farlo la prescelta verrà posta all'apice del carro sacro, ovvero una costruzione alta diciassette metri. I preparativi iniziano mesi prima, fare l'Animella sembra essere il sogno di molte bambine e la competizione, anche se mai dichiaratamente, è piuttosto agguerrita. La telecamera segue quindi Nicole, Giada e Mariateresa mentre fanno la visita medica che le decreterà idonee, mentre sfilano davanti al paese per farsi conoscere ed infine votare, mentre raccontano cosa è per loro la Varia e il ruolo che sperano di ottenere.

Il giudizio allo spettatore

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Le protagoniste, candidate al ruolo di Animella

C'è una cosa che già dopo pochi minuti di visione risulta ben chiara: Piena di grazia si propone come scopo primario quello di documentare il "dietro le quinte" di una delle feste patronali più criticate e discusse d'Italia e lo fa cercando di prendere, ove possibile, le distanze da qualsiasi giudizio in merito. Le tematiche che ne risultano, però, di certo vanno a suscitare nello spettatore più di qualche perplessità. Il mito della purezza, i canoni estetici imposti, la ricerca di una perfezione illusoria sono solo alcuni degli aspetti più discutibili che purtroppo emergono prepotenti dalla visione del film.

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Una scena di Piena di grazia

Nicole, Giada e Mariateresa sono ancora delle bambine, vivono ancora nella spontaneità dell'infanzia ma allo stesso tempo gli viene fatto conoscere il peggior lato competitivo della vita adulta, una gara basata esclusivamente su canoni arbitrari e che le pone precocemente sotto il giudizio estraneo. Tutto questo è affidato però a chi guarda, libero di prendere dalla visione ciò che vuole, libero di pensare ciò che vuole, di una manifestazione costantemente in bilico tra sacro e profano.

Una regia attenta con un punto di vista chiaro

Andree Lucini pur astenendosi volontariamente da ogni giudizio costruisce un'impalcatura abbastanza solida alla sua opera con interviste interessanti e dai contenuti per nulla scontati. Nel suo seguire con premura e attenzione le protagoniste ha modo di raccontare il presente così come un passato fatto di una lunga tradizione, qualcosa che viene tramandato, agognato e seguito da generazioni.

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una scena in bianco e nero del film

Per rendere l'idea di un passaggio generazionale anche lo stile visivo muta più volte, col rischio, però, di confondere lo sguardo dello spettatore. La mancanza di giudizio, quindi, non è mancanza di un punto di vista, anzi, nel prendere le distanze seguendo prevalentemente le tre bambine, chi guarda ha la possibilità di comprendere meglio il loro sguardo e quel desiderio di approvazione, proprio dell'infanzia.

Conclusioni

Piena di grazia è un documentario riuscito e interessante che racconta una delle feste patronali più discusse d'Italia: la Varia di Palmi. Nel farlo, la regista Andree Lucini si astiene volutamente da ogni giudizio lasciando allo spettatore la possibilità di farsi un'idea propria della vicenda. La struttura narrativa è solida a fronte di uno stile visivo che a volte può confondere.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
2.5/5

Perché ci piace

  • La struttura solida del racconto.
  • Le interviste, interessanti e ben studiate.
  • Il punto di vista delle tre bambine protagoniste.
  • Lo stile visivo interessante...

Cosa non va

  • ... ma a volte troppo mutevole.