È con parecchio entusiasmo che ci accingiamo a scrivere la nostra recensione di Pieces of a woman, film presentato in concorso alla 77esima Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia. Il nuovo film di Kornél Mundruczó, e il suo primo in lingua inglese, - lo diciamo senza riserve - eleva di molto la qualità del concorso e prenota quasi sicuramente (a meno di spiacevoli sorprese) un posto alla cerimonia di premiazione. Girato in maniera incredibile e recitato meglio, Pieces of a woman è una montagna russa di emozioni forti.
Il crollo del ponte
La trama del film ruota intorno a Martha e Sean, una coppia apparentemente felice che, a causa di un evento imprevisto (non vogliamo rivelarvi nulla e vi consigliamo di non indagare oltre), vedono la loro relazione incrinarsi sempre di più fino a fratturarsi. Anzi, usando la bellissima metafora che accompagna ogni sezione del film (a ogni salto temporale corrisponde un'immagine ripetuta con didascalia come fosse la pagina iniziale di un nuovo capitolo di un libro), il ponte d'amore che avevano costruito subisce un crollo. Sarà la fine definitiva della coppia o il loro amore sarà così forte da potersi ricostruire? E, se così fosse, quanto tempo deve passare per poterci riuscire? Come se non bastasse, questi problemi di coppia rendono la vita e la mente di Martha particolarmente fragile: la sua identità, le sue sicurezze, i suoi legami familiari subiscono un ennesimo crollo e lei avrà bisogno di parecchia forza per raccogliere i cocci della sua identità e ricostruirsi. È una storia di rinascita, quella di Pieces of a Woman, eppure durante la visione mai si ha l'impressione di assistere a una storia già raccontata: tutto è raccontato in maniera così naturale e così viscerale da trascendere i confini di una classica narrazione e assistere a un percorso di ri-creazione universale. È il cinema migliore, quello del film di Mundruczó, che desideriamo vedere sempre più spesso. Perché nonostante certi momenti veramente duri e che possono colpire gli spettatori più sensibili (soprattutto emotivamente), mai si ha la sensazione di assistere a qualcosa di costruito, di finto, di tragico per il gusto di ricattare lo spettatore per togliergli le emozioni di forza.
Una storia autentica
I tre elementi basilari per la buona riuscita di un film si amalgamano alla perfezione in Pieces of a woman. La regia di Mundruczó: il film inizia con un lunghissimo piano sequenza di circa venti minuti che è una delle esperienze cinematografiche più forti ed emozionanti viste al Festival finora. Quella che negli ultimi anni è diventata quasi una moda, un'ostentazione di mezzi e bravura talvolta anche fini a se stessi, qui dà vita a un momento straordinario dove tutto sembra autentico e naturale. Non ci sono forzature nel modo in cui la macchina da presa viaggia tra i corridoi di casa, inquadra dettagli, si sposta tra le varie stanze e si sofferma sui corpi dei personaggi: è una scelta di regia precisa e ben dosata che permette di costruire un'empatia senza precedenti. È solo l'unico dei momenti registici più virtuosi in un film che, per il resto della durata, non propone altre "prove di forza". Ma sarebbe ingiusto considerare la regia troppo canonica: per tutte le più di due ore di film non c'è un'inquadratura fuori posto, non una scelta che distrae o che rompe questo magico ponte che si crea tra film e spettatore. Anche se non ha un approccio documentaristico con la camera a mano, ma anzi sia composto per lo più di riprese dolci e raffinate, si ha la sensazione di vedere "la vita colta in fragrante".
Merito anche della sceneggiatura di Kata Wéber (e giustamente i titoli recitano "Un film di Kata Wéber e Kornél Mundruzkó") che mette riesce a muovere e a far parlare i personaggi con un realismo e una profondità pazzesca. Si parla molto, in Pieces of a woman, ma ci sono anche molti silenzi in cui si riesce a capire benissimo cosa stanno pensando i personaggi, come si comporteranno, cosa stanno provando e contro cosa stanno lottando. Incredibilmente come il film riesca ad evitare la retorica facile e le metafore urlate nonostante abbia tutte le possibilità narrative per farlo (è il caso di certi monologhi che in altre mani sarebbero risultati parecchio stucchevoli) rendendosi ancora più profondo e stratificato.
E se tutto questo funziona è merito dell'incredibile cast, nessuno escluso. Shia LaBeouf, Sarah Snook, Ellen Burstyn sono tutti eccezionali, ognuno a modo suo (la Burstyn in particolare riesce a fare un lavoro sul personaggio che lascia stupefatti), ma il vero fiore all'occhiello del film è Vanessa Kirby. Totalmente assimilata al suo personaggio, la Kirby si dimostra un vero e proprio talento capace di catalizzare attenzione e sguardo per tutta la durata del film. Il modo in cui pronuncia le battute, il modo in cui si svilisce o tenta di reagire, il modo in cui usa gli occhi e il corpo: tutto questo dà vita a un'interpretazione clamorosa che, ne siamo certi, potrà arrivare alla stagione dei premi americani più ambiti, gli Oscar.
Pezzi di un successo
Arrivati a questo punto della recensione avrete capito che Pieces of a woman ci ha meravigliato senza ombra di dubbio. Merito anche delle tematiche affrontate nel corso del film: un ennesimo conflitto generazionale tra la tradizione dei padri e il cambiamento voluto dai figli, qui anche vera e propria filosofia di pensiero nell'approcciarsi alla vita; il duello tra il ritrovare la forza di volontà nel ricostruire qualcosa che viene distrutto o lasciarsi sconfiggere dal flusso degli eventi; la fatica del prendere coscienza di sé e sacrificare pezzi importanti del proprio passato in nome di una rinascita. Perché, se c'è un significato veramente importante e che ci coinvolge da vicino è quello di riapprezzare in un mondo sempre più frenetico, come le battute pronunciate da Sean, la pazienza. Per nascere, germogliare o ricostruire ponti occorre del tempo: d'altronde, si sa, Roma non fu costruita in un giorno. Non occorre, invece, far passare troppo tempo per essere convinti di aver assistito a un capolavoro, una di quelle opere destinate a rimanere nel tempo, capaci di sprigionare emozioni rare, di farci a pezzi e, infine, di ricomporci.
Conclusioni
Concludiamo la nostra recensione di Pieces of a woman con la speranza che il film possa trovare presto una distribuzione italiana. Ci perdonerete l’eccesso di entusiasmo, ma raramente ci troviamo di fronte a opere così complete e complesse, praticamente esenti da reali difetti, che mettono in scena una storia così viscerale e autentica, con una regia e un cast in stato di grazia e capaci di emozionare in maniera così genuina gli spettatori. Più incredibile del film stesso è pensare che il film di Kata Wéber e Kornél Mundruzkó possa uscire dal concorso (e dagli Oscar) a mani vuote.
Perché ci piace
- Si tratta di un film straordinario, reale e autentico che colpisce lo spettatore con emozioni fortissime.
- La regia perfetta, senza un'inquadratura stonata, dona al film un vero e proprio piacere di visione.
- Il cast è composto da attori in stato di grazia, con una Vanessa Kirby eccezionale.
- La scrittura intelligente dà ai dialoghi e ai comportamenti dei personaggi un'autenticità rara.
Cosa non va
- I primi venti minuti in piano sequenza potrebbero essere parecchio duri per uno spettatore sensibile.