Grande l'attenzione su Perfidia, unico film di produzione interamente italiana in concorso alla 67° edizione del Festival. Il regista, Bonifacio Angius, è un giovane autore sassarese che ha lavorato tre anni per realizzare un film estramente personale che racconta le paure della generazione dei trentenni nell'Italia di oggi attraverso la storia di Angelo, giovane disoccupato che ha perso la madre e si deve confrontare con un padre che non lo conosce realmente. "Ho scritto Perfidia in tre anni, nel periodo in cui mi ero appena trasferito a Roma. Dopo 15 giorni avevo già capito che il protagonista doveva essere Stefano Deffenu, un mio caro amico che fa l'attore e ha caratteristiche fisiche tali da evocare tenerezza. Per il personaggio del padre abbiamo, invece, effettuato un lungo casting, ma Mario Olivieri , che avevo già diretto in un corto, mi ha perseguitato fino a che non mi ha convinto che era l'interprete migliore per quel ruolo. Dopo aver effettuato un provino mi sono convinto anche io e visto il risultato del film devo dire che sono stato molto fortunato a trovarlo".
Il film, che mostra un ritratto impietoso della situazione italiana, nello specifico sarda, è talmente cupo e privo di speranza da provocare un vero e proprio malessere nello spettatore. "Non credo di essere il primo a provocare malessere. Ci sono tanti registi che non fanno sconti e io ho cercato di restare fedele alla mia storia. Perfidia parla della tensione tra padri e figli, tra generazioni, ma è difficile dare delle colpe. Un film non può e non deve avere un'unica chiave di lettura. Hanno tutti torto e hanno tutti le loro ragioni. Io ho un giudizio personale sulle azioni dei personaggi, ma il mio lavoro è fare il regista, non il giudice. Voglio che sia il pubblico a dare la propria risposta".
Generazioni a confronto
Figure centrali in Perfidia sono un padre e un figlio. Due solitudini diverse, due generazioni opposte, una cresciuta nell'opulenza del dopoguerra e l'altra divenuta adulta nell'Italia della crisi economica. Racconta il protagonista Stefano Deffenu: "Per costruire il personaggio di Angelo, Bonifacio si è ispirato a Chaplin ne Il vagabondo perciò voleva che io lavorassi molto col corpo e con lo sguardo. Un altro modello è il protagonista di Taxi Driver non per la violenza, ma per la tensione costante. Sono ingrassato molto per il film perché Bonifacio mi voleva gonfio, vista anche l'abitudine di Angelo di frequentare i bar". Mario Cardinali aggiunge: "Io sono padre, ho cinque figli perciò ho vissuto l'avventura con grande entusiasmo, ma anche con grande angoscia. A 68 anni volevo ottenere qualcosa di più, lasciare il segno e quando sono andato a vedere il film con mia moglie lei si è messa a piangere".
Personaggio invisibile, ma presenza costante in tutto il film è Dio. L'ombra della religione viene declinata nell'ascolto ossessivo di Radio Maria da parte del padre di Angelo perché 'lo rilassa', nei cimiteri e riti funebri e nelle considerazioni su Gesù e sul diavolo enunciate dal protagonista in vari momenti del film. Commentando questa scelta, Bonifacio Angius fa chiarezza sull'uso della religione nella pellicola: "Il sentimento religioso o pseudoreligioso presente nel film non è niente più di un sentimento infantile. Angelo non riesce a riconoscere il bene e il male perciò, in modo bambinesco, cerca di semplificare la percezione del mondo identificando tutto con Gesù e col diavolo. Non credo che la religione abbia molto a che vedere con questo film, probabilmente è un background che appartiene alla madre, come si accenna in alcune scene".
La Perfidia domina la realtà
Oltre alla religione, l'altro argomento presente nel sottotesto di Perfidia è la politica. A un certo punto il padre di Angelo decide di candidarsi alle elezioni, dalle sue parole capiamo che è intrallazzato con la politica locale. Come spiega Angius: "Più che dare una rappresentazione della mala politica italiana, volevo mostrare come nel nostro paese si cerchino sempre scorciatoie e mezzucci. Il padre di Angelo vuole sfruttare la politica per risolvere i problemi lavorativi del figlio. Il titolo del film, Perfidia, non è riferito ai personaggi, ma al mondo che li circonda. Ho scelto questo titolo perché volevo una parola unica e perché mentre scrivevo ascoltato ossessivamente Perfidia di Nat King Cole. La perfidia non la riconosci a occhio nudo, ma è qualcosa che pervade la società".
In un film caratterizzato da una tensione serpeggiante, che si intensifica scena dopo scena e va di pari passo con l'escalation del personaggio di Angelo, traspare chiaramente la capacità di Angius di orchestrare alla perfezione tutti gli elementi del film, ma il regista mette le mani avanti. "In realtà lavoro in maniera molto istintiva, di pancia. In fase di scrittura hai molto più tempo, ma quando giri speri che i ciak corrispondano a ciò che ti sei immaginato. Sul set abbiamo fatto un ottimo lavoro sul suono e sull'immagine. Ho scelto di lavorare con un direttore della fotografia catalano perché volevo ottenere un certo effetto, mentre le musiche sono composte da Carlo Doneddu che, come me, viene da Sassari. In fase di montaggio ho lavorato per ampliare la tensione, ma in realtà il film è praticamente identico a come l'avevo scritto, a esclusione di due scene che ho tagliato. Per il resto abbiamo girato solo le scene del copione in modo molto rigoroso".
Una Sardegna come non l'abbiamo mai vista
A rendere ancora più straniante l'atmosfera di Perfidia sono le location sarde, fotografate in modo da rendere irriconoscibile una terra caratterizzata dalla solarità. La Sardegna mostrata nel film è un luogo brullo, cementificato, grigio e invernale, una provincia italiana uguale a tante altre. "Io conosco troppo bene Sassari perciò a volte diventa difficile trovare il miglior punto di vista possibile per filmarlo" aggiunge Angius. "In questo il direttore della fotografia mi ha aiutato molto. La Sardegna, vista dall'esterno, sembra una terra piena di sole, di mare, con molti colori - ed è vero - ma quella che ho vissuto io non è così. La mia città è quasi nordica e anche per il look fotografico ci siamo ispirati al Nord Europa. La Sardegna è la seconda regione d'Italia per estensione, ma è la meno popolosa e avere registi che vadano ai festival non è poco. Ho ambientato Perfidia nella mia città solo perché, conoscendola bene, era più facile organizzarmi a livello produttivo, ma volevo raccontare un dolore generalizzato, che coinvolge molti giovani della mia generazione. I modelli a cui mi sono ispirato sono i soliti che uso sempre: Le notti di Cabiria e Taxi Driver".
Quale sarà il cammino di Perfidia dopo Locarno? Che tipo di circolazione avrà un film così ostico e intenso? "Ancora non abbiamo un distributore. I distributori non amano il rischio, ma credo che non si possa continuare a distribuire solo commedie tutte uguali o pellicole che contengono un esotismo fasullo. Spero che il film trovi un suo pubblico sia in Italia che all'estero".