Un Wim Wenders baffuto e rilassato accompagna la sua nuova fatica, Perfect Days, al confronto con la stampa internazionale. Il film, ambientato a Tokyo e interpretato da un cast giapponese, è uno degli ultimi titoli del Concorso di Cannes 2023 che si concluderà domani. L'aria serafica del regista tedesco non tradisce emozione, d'altronde Wenders è un veterano della Croisette. Perfect Days è il tredicesimo film che presenta a Cannes. Ma perché recarsi all'altro capo del mondo per girare un film?
"Perfect Days nasce dall'invito del mio co-sceneggiatore Takuma Tagasaki di visitare i bagni di Tokyo. Per colpa dell'emergenza sanitaria le Olimpiadi sono state posticipate e vedere i bagni in questa situazione era un'occasione unica. Takuma mi ha proposto di fotografarli o girare un corto. Non me lo sono fatto dire due volte e sono partito, ma dopo la visita ho capito che il miglior modo per raccontare quel luogo era un film di finzione. 'Perfect Days' non parla dei bagni, ma cattura quel senso di risveglio che il Giappone ha provato dopo la pandemia, quel senso del bene comune. Volevo raccontare questo momento e naturalmente raccontare una storia".
Un film zen girato in fretta e furia con uno sguardo al documentario
Protagonista di Perfect Days, interpretato da Koji Yakusho, è Hirayama, un cinquantenne che conduce una vita semplice pulendo i bagni di Tokyo. Nel tempo libero coltiva le sue passioni, le fotografie digitali degli alberi, la musica (il film ha una colonna sonora eccezionale) e la lettura, in particolare William Faulkner e Patricia Highsmith. "Hirayama è basato su Koji Yakusho, uno degli attori che più stimo e una delle mie persone preferite" spiega Wenders. "Si tratta di un personaggio che brilla per umiltà e semplicità. E amo la scelta dei libri che legge nel film, in cui c'è lo zampino di Takuma". Il regista ammette che "girare film di finzione in un altro Paese fa paura, mi è già capitato e le critiche non sempre sono state buone. Stavolta volevo essere certo che non si sentisse l'impronta di uno straniero, così ho coinvolto Takuma. Mi sono affidato a lui per la scelta del cast, visto che non parlo giapponese e visto che avevamo poco tempo".
Perfect Days è un film scritto e girato "in fretta e furia", come spiega Wenders. Lui e Takuma si sono scambiati idee via mail, poi l'autore giapponese si è recato a Berlino e hanno scritto insieme la storia in due settimane. "A ottobre mi sono recato in Giappone per girare. Avevamo solo tre settimane di tempo, visto che dovevo fare ritorno su un altro set". Così, pur avendo tutto scritto, Wim Wenders ha scelto di farsi ispirare dall'ambiente aderendo a una logica di ripresa quasi documentaristica: "I personaggi sono di finzione, ma ciò che li circonda è reale. I riti a cui assistevamo ogni giorno, i suoni, tutto fluisce in libertà. Sul set abbiamo provato pochissimo e usato il linguaggio del corpo per capirci. Non volevamo perdere tempo inutile".
Sulla scia di Yasujirō Ozu
La natura riflessiva e spirituale di Perfect Days fa venire in mente il capolavoro di Wim Wenders, Il cielo sopra Berlino. Interrogato sull'ipotesi di tornare a rivisitare quella storia, il regista spiega: "Non è negli astri. Ho già fatto un sequel de 'Il cielo sopra Berlino' ('Così lontano così vicino', ndr) e non credo di tornare a rivisitare i miei angeli, ma anche Hirayama è un angelo. Nessuno poteva vedere i miei angeli e anche qui le persone che entrano nel bagno non lo vedono. Questo è un film molto spirituale, affronto lo stesso territorio". Per quanto riguarda l'eccezionale colonna sonora, che contiene alcuni dei brani preferiti del regista, Wenders svela che "molte canzoni sono nello script": "All'inizio ero esitante all'idea di inserire tutti questi brani che amo nella storia, ma Takuma mi ha incoraggiato. Anche i giapponesi amano il rock, abbiamo immaginato le canzoni durante la scrittura e abbiamo chiesto i diritti prima di iniziare a girare per evitare problemi. Le canzoni giapponesi, invece, le ho scoperte durante il lavoro".
Le influenze nel cinema di Wim Wenders sono ben note. Il regista non ha mai nascosto l'amore per il cinema di Yasujirō Ozu. A Cannes, indossa perfino una maglietta dedicata all'artista giapponese. "Girare un film a Tokyo senza pensare a Ozu è impossibile" ammette: "Lo considero il mio maestro spirituale, anche se nei film cerco di evitare riferimenti troppo espliciti. Soprattutto i personaggi femminili di Perfect Days sono vicini alle donne moderne e forti dei film di Ozu. Ma dovevamo trovare il nostro stile, Ozu non averebbe mai usato la macchina a mano, mentre io ho girato quasi interamente con la macchina a mano. La scelta del formato 4:3 è un omaggio a lui perché ricorda i film del passato. Per me girare a Tokyo sessant'anni dopo Ozu è stato un privilegio. Nei suoi film ha osservato lo sviluppo della società giapponese in modo preciso. Il nostro obiettivo era proseguire il discorso mostrando com'è Tokyo oggi, 60 anni dopo".