Sarebbe facile rispondere al titolo di questo articolo con una battuta spontanea: "Perché è stato l'unico film atteso arrivato in sala". Invece la questione è più complicata di così. Anche perché, nonostante la percezione dica il contrario, a conti fatti i film nel 2020 non sono mancati affatto. Per dirla "alla Tenet", il processo distributivo ha solo subito un'inversione, con lo streaming a dominare la scena e la sala a leccarsi le ferite. In un anno sciagurato e assurdo, Tenet ha dimostrato ancora una volta quanto ogni film di Nolan sia percepito come un evento collettivo ancor prima di arrivare in sala. E come ogni opera nolaniana sia una sfida lanciata verso il pubblico. È successo di nuovo nell'unico blockbuster approdato in sala nel 2020. A metà strada tra l'action movie e la spy story, Tenet scardina la struttura dei generi e riconferma le ossessioni di un regista-prestigiatore.
In occasione dell'arrivo del film su Infinty, anche in 4K, proviamo a capire perché l'undicesimo film firmato Christopher Nolan è stato il più significativo di questo sciagurato 2020. E lo ha fatto in tutti i versi possibili e immaginabili. Fuori e dentro lo schermo.
1. L'ennesima sfida
"Non cercare di capirlo. Sentilo". Sin dal trailer Tenet sussurra nelle orecchie del pubblico come approcciarsi alla visione. Quelle di Nolan sembrano quasi istruzioni per l'uso suggerite allo spettatore per godersi il film. E forse lo sono. Perché anche Tenet, come la maggior parte dei film di Nolan, sembra strutturato come un grande gioco da tavolo in cui muovere pedine, costruire strutture narrative ardite e immaginare livelli di difficoltà crescenti in cui sbrogliare la narrazione. Un labirinto in cui farsi trascinare senza paura di perdersi. Complesso ma non complicato, Tenet è l'ennesima conferma delle poetica nolaniana: una perenne e testarda sfida lanciata verso il pubblico. Ancora una volta. Come suggerito nel finale del suo splendido The Prestige, Nolan concepisce il cinema come un grande prestigio collettivo. Una forma d'arte mai consolatoria, mai rassicurante, mai troppo conciliante. La sua missione è lo stupore, l'emozione del ragionamento, il desiderio di solleticare di continuo l'intelletto di chi guarda. E così Tenet scardina i paradigmi del film action lineare e della spy story sequenziale per ribaltare la percezione del tempo e dello spazio. Un'ambizione sfacciata che Nolan si è costruito film dopo film, rompicapo su rompicapo, sfida dopo sfida. Ed è per questo che il suo cinema non si esaurisce mai in sala, ma continua a vivere anche fuori nelle discussioni della gente. Tenet non ha fatto eccezione. La sua eco è sopravvissuta alla visione cinematografica e si è insinuata in teorie, dibattiti, discussioni. Che sia piaciuto o meno, Tenet ha lasciato il segno, ha scosso, colpito, persino fatto arrabbiare. Ha fatto molte cose, tranne lasciare indifferenti. E in un anno così anomalo e povero di grandi uscite, la discorsività sollevata da Tenet ci ha ricordato quanto ci sia mancato parlare di cinema e vivere un rito collettivo che sopravvive a una proiezione.
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2. Esperienza pura
Dal prologo nel teatro dell'opera alla battaglia finale, Tenet non si ferma mai a rifiatare. Va dritto (e indietro) per la sua strada dominando il pubblico, catapultandolo dentro un film che batte forte come un cuore in preda alla tachicardia. Se alla fine della visione si rimane ancora frastornati e confusi, è anche perché Nolan non ci ha lasciato un attimo di respiro per pensare e unire tutti i puntini. Un espediente che, come spesso capita col suo cinema, invita a una seconda visione per riassaporare meglio tutto e risolvere ogni enigma. Tenet va veloce, non ti dà ossigeno con un ritmo incredibile, diretto verso la sua missione come i suoi personaggi sparati verso l'obiettivo. I personaggi sono quello che fanno. Non hanno profondità che vada al di là delle loro scelte e delle loro azioni. E l'azione, infatti, la pura essenza del film. Agisci, risolvi il problema, fa' qualcosa per salvare questo mondo che vuole tornare indietro per cancellare i suoi errori. Ed è proprio l'azione una delle cose più belle di Tenet. Un'azione mai così curata ed efficace in un film firmato Nolan. Con tre sequenze davvero stupefacenti, folli solo a immaginarle, capaci di sopraffare lo spettatore con l'unica emozione tangibile del film: lo stupore. In questo suo ritmo prepotente, Tenet si impone come pura esperienza cinematografica. Qualcosa che non si può semplicemente raccontare e descrivere, ma vivere solo e soltanto sulla propria pelle.
3. La sala a tutti i costi
Tenet verrà ricordato come il grande alfiere cinematografico del 2020. L'ambasciatore coraggioso che lotta contro una pandemia pur di far sopravvivere il cinema là dove è giusto che sopravviva: in sala. Al di là di quello che Tenet è stato, è impossibile negare l'importanza di quello che Tenet ha rappresentato. Christopher Nolan ha insistito perché il suo film approdasse nei cinema, ha lottato contro la tentazione dello streaming e provato a scardinare tutte le lecite perplessità che ruotavano attorno alla sicurezza delle proiezioni in sala. Un luogo purtroppo demonizzato, che si è rivelato uno dei luoghi pubblici più sicuri, meno contagiosi, ma anche meno frequentati e dimenticati di questo anno falcidiato dal coronavirus. Dopo rinvii, dilemmi e tentennamenti, l'arrivo in sala di Tenet ha dimostrato il coraggio della Warner nel portare in sala un film costoso, atteso e importante in un periodo di grande incertezza. Come una testa d'ariete pronta a fare da apripista, Tenet ha provato a scardinare ogni indugio, e (nonostante gli incassi non certo stratosferici) ha dimostrato che i grandi eventi cinematografici sono capaci di attirare pubblico anche nel bel mezzo di un pandemia.
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4. Un film autobiografico
Per quanto sia coinvolgente, Tenet è forse il film meno emozionante firmato Christopher Nolan. Manca calore nella sua guerra fredda, manca affezionarsi a qualcuno, manca temere davvero qualcosa. In questo enigma degno del cubo di Rubik, però, ci sono tante facce. E sarebbe un peccato fermarsi all'intreccio cervellotico o alla mancanza di empatia con i personaggi. Perché Tenet è anche il film più concettuale e simbolico di Nolan. Un film che parla di eredità, del mondo che stiamo lasciando agli altri, di un'umanità disgustata da se stessa. Un film come sempre "molto maschile", che prende atto dei limiti e dei deliri di onnipotenza dell'uomo bianco, presuntuoso e prevaricatore. Un film anche molto metacinematografico, che in qualche modo si configura come un'opera biografica in cui l'autore si mette a nudo. Insomma, sembra che Christopher Nolan abbia usato Tenet come specchio per entrare in contatto con le sue ossessioni (il tempo, lo spazio, i padri) e i suoi nervi scoperti (la mania del controllo, una certa allergia ai personaggi femminili complessi). Nolan prende atto delle sue debolezze, non si compiace come in passato, perché presta anche il fianco ai detrattori senza vergognarsene. Nolan si sfoga come un prestigiatore al suo ultimo atto: manipola, alza l'asticella, brama la nostra sorpresa, gioisce dei nostri rompicapi. E forse dopo questo film riempito di tutte le sue fissazioni non sarà più lo stesso. Forse Tenet risolve Nolan stesso. È l'ultimo inchino, il punto zero, il reset. Dopo l'ambizioso e "imperfetto" Tenet potrebbe esserci un nuovo Nolan. Consapevole di quello che è stato in "passato" e finalmente in pace con quello che arriverà dal "futuro".