La recensione di Per Lucio, che arriva nelle sale come uscita-evento su tre giorni (5, 6 e 7 luglio) dopo essere stato presentato, inizialmente online, all'interno della Berlinale 2021, comporta dover fare i conti con due cose: la prima, il ritorno al documentario da parte di Pietro Marcello, cineasta che nel 2019 si è cimentato con la finzione adattando Jack London e trasportando la vicenda di Martin Eden a Napoli, con le fattezze di Luca Marinelli (ma era comunque presente il materiale d'archivio, frutto di una poetica in base alla quale, per il regista, tutto è da considerarsi documentario); la seconda, la consapevolezza che sono passati quasi dieci anni dalla morte di Lucio Dalla, scomparso nel marzo del 2012, pochi mesi prima del debutto alla Mostra di Venezia del Pinocchio animato di Enzo d'Alò, progetto al quale si era prestato come autore delle musiche e voce del Pescatore verde. Due personalità che si erano incrociate in passato - Dalla aveva accompagnato per degli eventi bolognesi i primi film di Marcello - e che ora si ritrovano, a distanza, per un progetto volutamente parziale.
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Per Lucio è, infatti, non il ritratto completo di vita, morte e miracoli di Lucio Dalla, bensì un progetto più mirato e preciso, che vuole raccontare una parte del percorso del cantante emiliano. Per l'esattezza, a Pietro Marcello interessano gli inizi, e in particolare il sodalizio con il poeta Roberto Roversi, oggi abbastanza dimenticato nel panorama culturale italiano (e morto, ironia della sorte, nello stesso anno dell'amico). È quindi molto precisa la scelta dei materiali (alcuni, a detta dello stesso Marcello, assenti per questioni di reperibilità o qualità degli archivi) e delle canzoni, per un excursus molto personale che mette in evidenza ciò che interessa al regista, e non per forza al grande pubblico che poteva aspettarsi un'operazione più classica. Ne è un indizio anche il titolo, una dedica a un amico e non un qualche rimando generico all'opera di Dalla (in sede di conferenza stampa durante la Berlinale, Marcello ha giustificato la scelta dicendo che, oltre alla volontà di mettere per immagini la propria visione del cantante, c'è il fatto che molti altri faranno dei film dall'impostazione più tradizionale).
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"Mi considero più un archivista che un regista", è una frase usata spesso da Marcello per descriversi, e qui tale autodefinizione raggiunge forse il suo apice, perché mai come ora c'è stato, nella sua filmografia, un lavoro così esteso, puntuale e puntiglioso nel restituire un pezzo di Storia italiana attraverso uno dei suoi personaggi-chiave, evocato tramite il materiale di terzi e senza cercare di sporcare troppo il girato altrui con interventi contemporanei (che ci sono, ma in proporzione ridotta rispetto ai frammenti d'archivio). Sono lembi del racconto di una nazione che fu, un racconto volutamente frammentario e frammentato come quei pezzi di pellicola che costituiscono lo scheletro drammaturgico del progetto. Pezzi di pellicola che raccontano Lucio, l'uomo, e Dalla, l'icona, con netta preferenza per il primo in attesa che si formi completamente il secondo. E con lui assistiamo all'evoluzione di un'Italia che per certi versi, per citare il titolo di un altro lungometraggio di Marcello, è bella e perduta. Raccontata non dalla voce narrante di Elio Germano, ma dai testi di Roversi e Dalla, un duo la cui assenza nel panorama odierno continua a farsi sentire.
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Conclusioni
Chiudiamo la recensione di Per Lucio, ribadendo come si tratti di un documentario molto personale di Pietro Marcello, che usa in modo intelligente il materiale d'archivio per ricostruire una parte della carriera di Lucio Dalla, raccontandone i primi anni e il sodalizio con Roberto Roversi.
Perché ci piace
- L'uso del materiale d'epoca, come sempre nel cinema di Pietro Marcello, è filologico e notevole.
- La figura di Dalla ne esce completa nonostante l'approccio parziale.
- La scelta delle canzoni è pertinente ma non prevedibile.
Cosa non va
- Potrebbe deludere chi sperava in un documentario più classico sul cantante.