Peacock, la recensione: una commedia dall'ironia sottile che ci invita a togliere la maschera

Il film dell'austriaco Bernhard Wenger usa la chiave dell'umorismo nordico per riflettere sul periodo storico in cui viviamo. Una metafora della nostra condizione umana e delle relazioni che costruiamo con il prossimo. In concorso alla Settimana Internazionale della Critica.

Albrecht Schuch e Julia Franz Richter in scena

Tutti mentiamo. Tutti fingiamo di essere ciò che non siamo. Tutti vogliamo presentarci al mondo nella migliore delle forme. Per farlo indossiamo costantemente innumerevoli maschere adatte ad altrettante innumerevoli occasioni. E poi c'è Matthias (Albrecht Schuch) che nella vita è un maestro del trasformismo. Un camaleonte che può diventare tutto ciò che chi lo assume desidera. Un fidanzato colto grazie al quel fare colpo sugli amici o il figlio perfetto capace di cambiare le sorti di una cena di lavoro. Matthias può addirittura insegnare a litigare. Quello che non gli riesce molto meno bene, invece, è essere se stesso. Ce lo racconta Bernhard Wenger in Peacock.

Una scrittura pungente

Peacock Una Foto Del Film
Peaches, una scena del film

Presentato in concorso alla Settimana Internazionale della Critica 2024, selezione parallela della Mostra del cinema di Venezia, il film - che vedremo in sala con I Wonder Pictures - è una commedia dall'ironia sottile, nordica. Matthias è un uomo che sembra avere tutto. Un lavoro in cui eccelle, una compagna e una vita "comoda" in una casa confortevole con oggetti di design moderni con i quali "fare colpo sugli ospiti". Eppure, dopo essere andato avanti giorno dopo giorno senza intoppi, in lui qualcosa all'improvviso si incrina.

La compagna lo mette alla prova. E così facendo scopre che quella vita apparentemente perfetta è solo una facciata perché Matthias non sembra neanche più "vero". Dalla fine della loro relazione il protagonista si ritrova a vagare nell'incertezza. Tutto il mondo che aveva costruito così meticolosamente inizia a sgretolarsi e l'uomo deve fare i conti con un sentimento nuovo al quale non sa nemmeno dare un nome.

Primo lungometraggio dell'austriaco Bernhard Wenger , Peacock è stato sviluppato presso la Résidence du Festival di Cannes nel 2020. Non è un caso che nella selezione dei titoli della Sic il film si metta in luce per la sceneggiatura firmata dallo stesso regista. Pungente, a tratti grottesca, la pellicola è un'interessante metafora della nostra condizione umana e delle relazioni che costruiamo con il prossimo. Spesso basate sul desiderio di compiacere l'altro.

Una riflessione sui nostri tempi

Come un pavone che mostra il lungo strascico di piume in una ruota colorata e ipnotica, anche noi cerchiamo di attirare l'attenzione di chi ci circonda. Peacock ce lo ricorda attraverso il lavoro del suo protagonista. "Un uomo per tutte le stagioni" letteralmente affittato per permettere a chi lo ha pagato per la sua prestazione di brillare di luce riflessa. Ma quando Matthias decide di scendere dalla giostra, anche a costo di farsi male pur di provare qualcosa di reale, chi lo circonda non capisce la sua scelta.

Peacock Una Scena Del Film
Albrecht Schuch e Julia Franz Richter in scena

In un periodo storico improntato sull'immagine come quello nel quale viviamo, Peacock è un'interessante riflessione sul modo in cui ci pavoneggiamo. Da un lato c'è l'idea di noi che vogliamo proiettare nel mondo, dall'altra la realtà. Bernhard Wenger invita ad rifletterci in Matthias per provare a ritrovare anche un po' di noi stessi. Lo fa con un'opera prima riuscita, sulla quale riesce a mantenere un controllo formale e di tempi. Oltre alla cura estetica che trova la sua massima espressione nella fotografia di Albin Wildner.

Conclusioni

Bernhard Wenger esordisce al lungometraggio con un'opera prima profondamente radicata nel nostro presente. Una metafora sui nostri tempi e sulle maschere che indossiamo per dare di noi un'immagine in grado di compiacere il prossimo. Il tutto sorretto da un sottile umorismo nordico.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
5.0/5

Perché ci piace

  • Il controllo formale e sui tempi narrativi.
  • L'interpretazione di Albrecht Schuch.
  • La riflessione sui nostri tempi ossessionati dall'immagine che diamo di noi.
  • La fotografia di Albin Wildner.
  • L'umorismo nordico.

Cosa non va

  • Lo stesso umorismo nordico potrebbe essere respingente per alcuni.