San Pietroburgo, 1899. Il giovane Matvej ha un vero e proprio talento per il pattinaggio e la sua velocità viene sfruttata a pieno nel lavoro di corriere per una ricca cucina che consegna torte. Peccato che in seguito ad un ritardo non dovuto a colpa sua venga licenziato e si trovi ad affrontare una situazione di povertà, concomitante anche con la malattia del padre, affetto da una grave forma di tubercolosi.
Come vi raccontiamo nella recensione di Pattini d'argento, il protagonista si imbatte in una banda di rapinatori capeggiata dall'affascinante Alex, che compie piccoli furti in zone affollate sfruttando l'agilità di mano e l'abilità sulle rotelle. Nella speranza di poter curare il padre, Matvej entra a far parte della gang, che segue un'etica decidendo di rubare esclusivamente ai ricchi e all'alta borghesia. Una sera per scommessa il ragazzo si introduce nella proprietà di un ministro e incontra casualmente la bella Alisa, figlia del politico. Tra i due scatta subito la scintilla ma lei è prossima a sposare il capitano delle guardie, dando inizio ad un inaspettato triangolo che complica inevitabilmente la situazione...
Dalla carta allo schermo
Il romanzo originale, pubblicato nel 1865 per mano della scrittrice americana Mary Mapes Dodge, era ambientato nei Paesi Bassi ma in questa trasposizione battente bandiera russa la vicenda viene spostata in quel di San Pietroburgo, con ovvi cambiamenti non solo nella presenza di alcuni personaggi chiave - è assente la figura della sorella - ma anche nella gestione socio-politica del periodo ed è l'ombra degli zar a far da sottofondo ad un racconto che si apre a più significati e riflette anche metaforicamente sulle contraddizioni di tempi ben più recenti. La condizione della donna, costretta ad avere il permesso del padre e del marito per poter studiare e schiava di matrimoni combinati dove l'amore è soltanto un lontano ricordo, è elemento centrale al centro di questo racconto vagamente epico che cerca di conquistare il grande pubblico con un equilibrato mix tra retorica e sentimentalismo, una ricetta in questo caso ben amalgamata che pur senza entusiasmare riesce a intrattenere con buon ritmo per due abbondanti ore di visione.
Fairytale, la recensione: la fiaba di Sokurov sulla follia del potere
Ricchi e poveri
Pattini d'argento mette sin da subito la lotta di classe al centro del racconto, con il giovane protagonista - povero di mezzi ma ricco di ideali - che viene licenziato ingiustamente per una consegna arrivata in ritardo (e il parallelismo con i moderni rider, sfruttati spesso dalle grandi compagnie, salta subito all'occhio) e si trova a far parte di un movimento anarchico che lotta contro il sistema, evoluzione meno romantica e più pragmatico della banda di Robin Hood e dei suoi sodali di Sherwood. La malattia del padre e la situazione di generale povertà che il proletariato si trova a vivere, mentre i nobili trascorrono il loro tempo tra feste fastose, è il contorno ideale per innescare le dinamiche romantiche che vedono principali protagonisti Matvej e la bella Alina - spirito indomito e ribelle poco restio a seguire le indicazioni paterne - con il terzo incomodo quale il conte Arkady Trubetskoy a rappresentare l'elemento disturbatore, fino a quella resa dei conti finale, fuga rocambolesca inclusa, avente luogo proprio durante la notte di capodanno.
L'anno che verrà
Perché il film è infatti ambientato durante il periodo natalizio, con la neve - e non poteva essere diversamente data la presenza fondamentale dei pattini del titolo - a caratterizzare tutte le scene in esterno, ricreato con una notevole ricostruzione d'epoca e una certa eleganza nella gestione delle scenografie, al chiuso o all'aperto che sia, e dei costumi, segno che almeno per la messa in scena non si è badato a spese. Basti pensare d'altronde che il budget è ammontato a 500 milioni di rubli, ovvero circa sette milioni di dollari - prezzo sicuramente contenuto se paragonato ai coevi hollywoodiani, ma di tutto rispetto per una pellicola autoctona. Anche le dinamiche action giocano un ruolo importante nell'anima più ludica dell'operazione, con diverse sequenze ad alta velocità e coreografie più o meno elevate da ralenti qua e là nelle fasi più concitate, all'insegna di uno spettacolo divertente, forse scontato ma comunque avvincente se approcciato senza troppe pretese.
Conclusioni
Lui proveniente dai bassifondi, lei appartenente all'alta aristocrazia. Il loro fortuito incontro coincide con un colpo di fulmine, ma l'amore nascente è ostacolato dal fatto che mentre il ragazzo fa parte di una banda di borseggiatori la giovane, figlia di un ministro, è invece prossima a sposare - contro la sua volontà - il crudele capo delle guardie cittadine. Come vi abbiamo raccontato nella recensione di Pattini d'argento, ci troviamo davanti ad un adattamento molto libero dell'omonimo romanzo di Mary Mapes Dodge, ambientato sul finire del diciannovesimo secolo in quel di San Pietroburgo e che può contare su una messa in scena sfarzosa, nel tentativo di unire epica e romanticismo a prova di grande pubblico. Anche se sacrificate spesso all'altare della retorica di facile impatto, le due ore di visione svolgono il loro compito di intrattenimento semplice semplice con una certa efficacia, pur prive di quella malizia che avrebbe potuto esaltare ulteriormente il discorso sull'emancipazione femminile dal patriarcato imperante e sulla lotta di classe, tematiche attuali ora come allora.
Perché ci piace
- Un intrattenimento dal giusto respiro a prova di grande pubblico.
- Il cast è giovane e genuino.
- Buona messa in scena e dispendio di mezzi.
Cosa non va
- Qualche ingenuità in fase di sceneggiatura.
- La retorica fa capolino qua e là, privando di ambiguità alcune fasi del racconto.