Non era un compito facile adattare per il piccolo schermo i romanzi semi autobiografici di Edward St. Aubyn in cui si racconta la vita del complicato Patrick Melrose, alle prese con le conseguenze di un'infanzia traumatica che l'hanno condotto verso il tunnel della dipendenza da alcool e droga. A mettersi alla prova è stato David Nicholls che, grazie alla sua esperienza come scrittore e sceneggiatore, è riuscito a trovare il giusto approccio alla narrazione, conservandone la struttura "suddivisa" in cinque decenni diversi, ripercorsi in altrettante puntate.
La star della produzione curata da Showtime e Sky è l'attore britannico Benedict Cumberbatch, dotato della versatilità necessaria per far superare alla serie i momenti più sopra le righe che avrebbero, in mano a un altro interprete, potuto alienare gli spettatori.
Alla regia c'è Edward Berger, recentemente autore di episodi di The Terror e Deutschland 83, che si conferma un filmmaker di qualità in grado di spaziare tra generi molto diversi.
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Una difficile risalita dagli inferi
La versione televisiva della storia di Patrick Melrose prende il via con l'episodio Bad News, in cui negli anni '80 il protagonista viene informato della morte del padre e deve andare a New York per recuperarne i resti, trovandosi però in difficoltà a causa degli effetti collaterali della sua rabbia e della dipendenza dalla droga.
Sullo schermo c'è poi spazio, compiendo un salto indietro nel tempo, per gli anni '60, svelando come il padre del protagonista, David (Hugo Weaving), abbia controllato la sua famiglia con la crudeltà, abusando del figlio mentalmente e psicologicamente e portando la moglie, Eleanor (Jennifer Jason Leigh), a bere troppo e ad assumere medicinali. Il mondo di Patrick è andato infatti definitivamente in pezzi durante quell'estate, prima dell'arrivo di alcuni ospiti nella maestosa tenuta di famiglia (luogo centrale nei capitoli seguenti), quando ha solo nove anni.
Il trauma subito continuerà ad avere delle conseguenze per tutta la sua vita, mettendolo alla prova più volte, portando alla nascita di tendenze autodistruttive e facendolo riflettere sulla propria capacità di andare avanti e perdonare, e sul desiderio di trovare in qualche modo redenzione. I continui alti e bassi del suo umore rischiano però di mettere a rischio il suo matrimonio e il proprio ruolo di padre, portando Melrose a lottare giorno dopo giorno con se stesso e con gli ostacoli della vita, come la malattia della madre o un risentimento profondo che condiziona ogni sua scelta.
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Cinque capitoli per una storia coinvolgente
Non è un'esperienza facile lasciarsi trasportare nel mondo della famiglia Melrose attraverso quanto accade a Patrick, tuttavia la sceneggiatura di Nicholls permette di ricreare in immagini un viaggio interiore che non esita a sfiorare i lati più oscuri dell'animo umano, portando in scena uno dei personaggi più complessi e intriganti degli ultimi anni.
I cinque capitoli della vita del protagonista regalano un ritratto affascinante e coinvolgente, oltre a ricreare le contraddizioni di una società in fase di evoluzione e delle dinamiche tra genitori e figli, e tra mogli e mariti, piene di sfaccettature e di sfumature. Gli script mettono a disposizione del cast stellare del materiale ambizioso dal punto di vista narrativo e con dialoghi impegnativi ed emotivamente intensi, spaziando tra commedia e dramma in modo naturale, riuscendo a non affrettare l'evolversi della storia. Nonostante la scelta di dedicare un episodio a ogni libro che forma la saga, alcuni personaggi rimangono tuttavia poco approfonditi, risultando delle presenze di contorno e delineate in modo approssimativo, senza mai dare un reale spazio alle loro motivazioni; risulta inoltre un po' in ombra, dopo il picco raggiunto durante la rappresentazione della cena elegante a cui partecipa la principessa Margaret, l'aspetto più critico nei confronti del ceto sociale più benestante e privilegiato.
Il passaggio dalle pagine allo schermo non è stato comunque privo di sacrifici e modifiche, e l'ordine dei primi due volumi è stato invertito, facendo iniziare il racconto dall'odissea vissuta da Patrick a New York dopo la morte del padre, situazione che mette a dura prova la capacità del pubblico di provare simpatia per l'antieroe al centro della trama assistendo alla follia e agli eccessi del personaggio principale, situazione che peggiora sempre di più fino a portare a pensieri suicidi e a tentativi di ogni tipo di liberarsi del "peso" del passato. La seconda puntata cambia invece radicalmente atmosfera e ritmo, riportando indietro nel tempo e nell'assolato sud della Francia, riuscendo però così a evitare una frammentazione di stile che forse avrebbe reso la visione poco scorrevole e coerente: ritornare solo in un secondo momento all'infanzia di Patrick, all'interno del contesto del progetto, riesce infatti a introdurre gli elementi che rappresentano la colonna portante della storia.
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Una regia convincente per seguire i problemi di Patrick
La regia di Edward Berger è di ottimo livello e si adegua ai continui mutamenti nel racconto, sfruttando nel migliore dei modi anche la spettacolare fotografia firmata da James Friend. Il filmmaker ha inoltre il grande merito di svelare gli abusi da Patrick in modo drammatico pur semplicemente facendo intuire quanto accade, lasciando una porta chiusa a dividere lo sguardo dello spettatore dall'orrore compiuto da David, costruendo una sequenza emozionante ed efficace. Berger passa senza alcun problema dalle assolate giornate estive trascorse in Francia alla cena lussuosa e un po' claustrofobica dedicata all'alta società, evento portato in scena con la giusta dose di glamour e decadenza, inserendo un adeguato pizzico di sarcasmo e umorismo dark in tutte le cinque puntate, fin dalle riflessioni del protagonista relative all'utilità delle finestre, compiute dopo aver recuperato le ceneri del padre.
Da segnalare anche l'ottima colonna sonora che propone alcuni brani iconici - come London Calling di The Clash, Summertime interpretata da Janis Joplin e la splendida versione di Feeling Good incisa da Nina Simone - con le composizioni originali di Hauschka, scegliendo infine Tender dei Blur per concludere la storia di Patrick.
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Un cast di buon livello per una storia complessa
Se a livello di interpretazione Hugo Weaving appare imponente in ogni sua apparizione, con un carisma tale da trasmettere in pochi gesti ed espressioni la sua capacità di sottomettere e intimorire chi lo circonda, come dimostra una dolorosa sequenza ambientata durante una cena tra amici. Jennifer Jason Leigh non è altrettanto efficace, nonostante una presenza più costante e significativa, nel suo cercare di mostrare le fragilità di una madre e moglie che fatica ad accettare gli effetti collaterali delle sue mancanza e dell'incapacità a reagire, cercando solo ormai anziana di trovare una propria via per la redenzione.
Tra tanti personaggi secondari che rimangono un po' nell'ombra di Cumberbatch non si può però non segnalare la performance di Pip Torrens nel ruolo di Nicholas Pratt, un ruolo minore ma che si conquista uno spazio centrale nell'ultima puntata con un indimenticabile scontro-confronto con Blythe Danner. Buona anche l'interpretazione di Anna Madeley che ha il difficile compito di tenere testa al complicato Patrick, riuscendo a trovare il giusto equilibrio tra comprensione e frustrazione durante gli alti e bassi della vita del protagonista. Poco incisiva, invece, Indira Varma nel ruolo di Anne e di Jessica Raine, presenza affascinante ma in più momenti quasi superflua.
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Cumberbatch regala un'interpretazione indimenticabile
Il ruolo di Patrick Melrose sembra però creato per utilizzare fino in fondo il talento di Benedict Cumerbatch che, persino nei momenti in cui il personaggio tocca il fondo e diventa condannabile senza possibilità di appello, trova il modo di farsi apprezzare. Dopo la prima puntata in cui l'attore è impegnato dal punto di vista fisico, le successive quattro ne valorizzano la bravura mentre fa emergere, con un'intensità variabile, le emozioni del protagonista, fino a un crollo che rende impossibile non provare empatia nei suoi confronti, pur non dimenticando mai i suoi terribili errori e le scelte sbagliate prese nel corso degli anni. La star britannica riesce a infondere a Melrose intelligenza, senso dell'umorismo e sofferenza, suscitando inevitabilmente la speranza di un lieto fine per un uomo che nel corso dei decenni è stato tormentato e ferito. Il modo in cui Cumberbatch sottolinea ogni caratteristica, anche la più minuscola, del personaggio creato da Edward St. Aubyn è memorabile e porterà, quasi sicuramente, a nuove nomination prestigiose nel campo televisivo.
La star di Sherlock, grazie anche alla conoscenza del materiale originale, spazia dalla follia alla frustrazione, dal senso di colpa all'impotenza di fronte al dubbio di non essere in grado di cambiare, il tutto con una naturalezza e una sicurezza innegabili. Dal calore della campagna francese al gelo dei corridoi delle stanze di ospedale, senza dimenticare il mix di ira, pazzie e tristezza che contraddistinguono i funerali in casa Melrose, Cumberbatch sostiene il progetto e rende la visione un'esperienza quasi unica all'interno del panorama televisivo contemporaneo grazie alla capacità della serie di costruire con originalità il racconto di quanto si è disposti a fare pur di riportare alla luce la causa dei propri problemi e cercare in tutti i modi di accettarla per proseguire con la propria vita con una nuova e più matura consapevolezza.
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Conclusione
Patrick Melrose, grazie al buon lavoro compiuto dietro la macchina da presa dal team guidato da Nicholls e da Berger, conquista l'attenzione del pubblico con una corsa sulle "montagne russe" composte dai pensieri e dalle azioni del protagonista, interpretato in modo impeccabile da un eccellente Benedict Cumberbatch.
Si potrebbe discutere per quanto riguarda il ruolo riservato agli altri personaggi, basta pensare alla presenza limitata della moglie del protagonista, ma Edward St. Aubyn, con acuta intelligenza ci ricorda nel suo racconto che "la vita è semplicemente la storia delle cose a cui prestiamo attenzione", giustificando implicitamente la propria vena egocentrica nel porre al centro dell'attenzione le vicissitudini del suo alter ego letterario.
La visione, proprio come l'esistenza, non è di certo delle più semplici, ma vale la pena addentrarsi nella contorta mente di Patrick per celebrare la forza interiore che porta a sopravvivere, anche dopo le esperienze più drammatiche e traumatiche, e a cercare un modo di rialzarsi sempre anche quando sembra impossibile.
Movieplayer.it
4.0/5