Si apre ufficialmente la 64a edizione del Festival Internazionale del Cinema di Berlino con la conferenza stampa della Giuria, presieduta quest'anno da James Schamus, produttore e sceneggiatore americano. Una giuria più che mai "internazionale" quella di questa edizione, a rappresentare non solo differenti paesi e culture ma anche e soprattutto diversi generi e modi di pensare e fare cinema, in linea con lo spirito cosmopolita e trasversale non solo della Berlinale ma anche della città di Berlino stessa, di cui è il cuore, l'anima e lo specchio.
Cinema e cambiamento
La scelta del presidente James Schamus, sceneggiatore e produttore tra gli altri dei film più significativi di Ang Lee, da Il Banchetto di Nozze e Tempesta di Ghiaccio fino a Lussuria, passando per Brokeback Mountain e La Tigre e il Dragone, indica immediatamente la strada che la Berlinale intende percorrere le ambizioni di una manifestazione che punta dritto sulla qualità, al di là dei quattrocento film in cartellone. "Un Festival che vuole rappresentare non solo il cinema di tutto il mondo, ma essere un vero e proprio specchio dei cambiamenti del mondo stesso", ci dice Schamus, "con la presenza di tanti tipi diversi di cinema rappresentati da altrettanti film, che attendiamo con pazienza di vedere".
Li vedrà insieme ad una giuria i cui rappresentanti stessi incarnano le differenze dei generi in programma che sono specchio della diversità insita nel cinema stesso: abbiamo da una parte un produttrice quintessenza del cinema commerciale come Barbara Broccoli, al cui nome è legata la storica saga di 007, che ha ereditato dal mitico padre Albert R. Broccoli a partire dal 2007 con Goldeneye, e dall'altra alcuni dei rappresentanti più significativi del cinema indipendente come il regista Michel Gondry, la diva indie
Greta Gerwig (Lo stravagante mondo di Greenberg), la danese Trine Dyrholm (Festen, In A Better World). "Membri della giuria così diversi tra loro rispecchiano la diversità dei film che sono in programma e in questa diversità sta proprio la bellezza del cinema", ci dice Schamus, "e anche se naturalmente mi aspetto discussioni e controversie, direi che una giuria di un Festival è un po' come una famiglia, la sera magari ci si detesta dopo una discussione a tavola, ma la mattina dopo ci si vuole di nuovo bene. Se conosceste la mia vera famiglia, sapreste che il compito non mi spaventa". Indie generation
In particolare l'attrice danese Trine Dyrholm, già sei volte al Festival e dunque molto legata alla Berlinale, rilancia sulla varietà dei film in concorso, "Un programma eccellente" ci dice, "sarà difficile scegliere", e mette l'accento sui "molti film dedicati ai bambini e ai problemi dell'infanzia, una svolta ancora più sociale per un festival tradizionalmente invece molto politico". Il regista francese Michel Gondry, presente al Festival nella doppia veste di giudice ma anche di autore nella sezione Panorama Dokumente con il documentario Is the man who is tall happy?, si dice sicuro che "sarà più facile essere qui in giuria di quanto è stato fare questo film: l'obiettivo di un film ad un Festival è anche quello di guadagnare visibilità e arrivare al pubblico per cui abbiamo una grande responsabilità, è difficile scegliere tra tanti film..."; mentre Greta Gerwig "non vede l'ora di vedere i film e scoprire nuovi giovani cineasti perché sono loro che fanno bene al mondo del cinema".
Altri mondi
Una Berlinale si diceva più internazionale che mai, con l'occhio rivolto alle cinematografie emergenti rappresentate in giuria dall'autrice iraniana Mitra Farahani e dalla star cinese Tony Leung Chiu Wai, feticcio di Ang Lee e Wong Kar-Wai. Così giovane e già membro di una giuria, facciamo notare alla Farahani, che ci risponde: "in realtà non sono così giovane, ho quasi quarant'anni": per la dissidente regista di Tehran essere in giuria "sarà un grande onore, un lavoro quotidiano: il mio approccio sarà di giudicare allo stesso modo di quando esco dalla sala di un cinema, con la differenza che qui il giudizio dovrà essere condiviso con gli altri". Tony Leung, prima volta in una giuria internazionale, si dice entusiasta e mette l'accento sul gran numero di film cinesi presenti in concorso: "Sono molto contento di essere qui, finalmente potrò vedere tanti film perchè di solito non ne ho mai il tempo. Spero che la Cina vinca un premio, ci sono tanti film cinesi in concorso e questo è un segno della globalizzazione e lo specchio della crescita di un paese, il pubblico dimostra sempre più interesse nei confronti del cinema cinese".
Sicuramente tra i membri della giuria spicca il nome dell'austriaco Christoph Waltz, che grazie a Tarantino è diventato un divo internazionale ed è evidentemente il più atteso tra i membri della giuria. Dopo essere stato già membro della giuria a Cannes e aver trionfato per ben due volte agli Oscar, torna nella "sua" Berlino dove ha vissuto a lungo nel quartiere di Charlottenburg: ironico e provocatorio, ha oramai l'appeal delle superstar hollywoodiane ."Comunque preferisco sempre Cannes", ci dice, "per il clima e per la spiaggia".
Quattrocento i film presenti nelle varie sezioni: qualità e quantità, per una giuria che prima di congedarsi non dimentica di nominare il compianto Philip Seymour Hoffman, dice Schamus: "Il Festival farà del suo meglio per celebrarlo e ricordalo, sarà come se fosse ancora qui noi".