Dal Santo Graal come stato mentale fino all'odierna crisi di un cinema a corto di idee e di amore. Il tutto, sul filo narrativo ed esoterico che contraddistingue il suo Parsifal, opera cinematografica che rivede la concezione di Richard Wagner divenendo manifesto di una tormentata dimensione umana. Del film, distribuito da CG Entertainment in Dvd e in streaming sulle piattaforme (Prime Video, Apple TV, iTunes, Google Play, Chili, CG tv), ne abbiamo parlato con l'autore, Marco Filiberti, in una lunga chiacchierata telefonica che anticipa il tour cinematografico che accompagna il suo film e il libro derivato Il Mistero Luminoso - Il Parsifal di Marco Filiberti (ed. De Luca Editori d'Arte) in giro per le sale. Il primo punto della nostra intervista riguarda proprio la concezione, e le possibili difficoltà nell'adattare un'opera tanto complessa: "Sorprendentemente, Parsifal è un'opera che mi è apparsa subito in modo compiuto", ci dice il regista. "Sul piano della rivelazione artistica non ho mai avuto una grande difficoltà. Il concetto di opera teatrale mi apparteneva, e lo avevo già manifestato in altri lavori teatrali. Tutto è arrivato da un substrato di elementi che si intersecavano nella mia vita".
"Le difficoltà però sono state enormi quando l'opera bisognava raccontarla agli altri", confida Filiberti, "Il mondo produttivo è complicato, soprattutto in Italia. Spiegare cosa sarebbe stato Parsifal mi faceva sembrare una sorta di matto del villaggio. Ma non perché mi esprimessi come un matto, la visione era chiara ma davanti a me c'erano delle difficoltà concrete. Dopo l'uscita del film, infatti, mi è stato detto come fosse stato impossibile concepire un film del genere nell'attuale panorama odierno". Due ore piene di durata, in cui si narra appunto di Parsifal e della ricerca interiore del Santo Graal. "Non ho avuto nessun blocco interno nel perseguire l'organicità di Parsfial, che ho scritto in poco tempo, tre settimane", prosegue l'autore: "Ho stilato la struttura in una notte in modo definitivo. Questa furia che mi ha mosso l'ho imposta a livello produttivo. I tempi e modi dovevano essere quelli stabili. Quando ho finito di girare è iniziato il lockdown, che avrebbe poi bloccato il proseguimento del film. Sul un piano artistico era tutto chiaro, ma essendo un'opera esoterica non tutto doveva essere invece lampante sul piano del racconto".
"Lo stato dell'arte? Complicato..."
Visto il tema, e vista l'unicità di un film come Parsifal, chiediamo a Marco Filiberti un punto di vista sullo stato attuale dell'arte. "Purtroppo il cinema come buona parte dell'arte contemporanea ha intrapreso il percorso di farsi specchio accondiscendente della società moderna", ci dice. "E la società moderna sta crollando in modo verticale sul piano qualitativo. Disattendendo la funzione dell'arte, di risveglio e di catarsi. Oggi il prodotto è omologato, banale, ripetitivo, senza nessun margine di rischio. C'è un gioco di complicità tra produttori e pubblico. Si crede che il degrado possa essere un'aspetto che scuote. Eppure, si avvalora un'omologazione e una passività. Ma la vera responsabilità è degli artisti non dei produttori, che invece vogliono guadagnare. Gli artisti assecondano questo sistema, e sono sempre meno presenti. Questo processo non prevede più la bellezza". Una visione nera, spezzata comunque da una lettura speranzosa: "In mezzo a questa lettura spietata e dolorosa c'è anche una buona notizia: le coscienze che hanno accettato il fatto di non poterne più si stanno risvegliando. Ero e sono in questa condizione, e ce ne sono sempre di più. Il problema è la connessione tra questi atolli pensanti, l'unione di queste istanze".
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Il lavoro degli interpreti
Uno dei piani principali di Parsifal è il lavoro svolto dagli interpreti. Sia dal punto di vista fisico che mentale. Nel ruolo di Parsifal troviamo Matteo Munari, e con lui Diletta Masetti, Elena Crucianelli, Luca Tagnanelli, Zoe Zolferino, Giovanni De Giorgi. "Ho una compagnia, Gli Eterni Stranieri, dove formo attori dal punto di vista completo, lontano dalle classiche scuole di recitazione. Alcuni attori erano già della compagna, e avevamo già fatto diverse produzioni in teatro. Per altri ho fatto audizioni, e abbiamo svolto un lavoro spalmato di un anno e mezzo. Dovevamo allinearci ad una prassi esecutiva che non prevedeva solo trovare il personaggio ma trovare una chiave linguistica e corporea, avere i beat interni coordinati. Un lavoro complesso eppure miracoloso. Su un piano di shooting è andato tutto bene. Poi Cinecittà è stato un grande blocco, dove abbiamo ricreato il porto di Odessa. È stata un'estasi per tutti. Da questo punto di vista ho conosciuto delle maestranze italiane che grazie a Parsifal hanno ritrovato una dimensione intima, lontana dall'artificiosità".
Parsifal, clip in esclusiva del film diretto da Marco Filiberti (VIDEO)
Il Santo Graal come stato mentale. E l'amore
Pur non inserendolo mai in scena, il Santo Graal è il vero protagonista del Parsifal. La leggenda, che vorrebbe nella figura del cavaliere colui che ritrovò la Coppa del Cristo, lega il racconto ma, come dimostra il film di Filiberti, il Graal è piuttosto uno stato mentale. "Non si vede mai perché il tempio di ogni elemento sacro è il corpo delle persone, e il corpo è espresso nel mio film in tutte le latitudini, dall'erotismo alla spiritualità. Il Graal è una condizione, è la nostra condizione", continua il regista. "Lo cerchiamo ma non lo troviamo, perché siamo occupati da noi stessi e dal nostro Ego. Questo Io che ci tiene in scacco. E Parsifal, rendendo sé stesso, trova il suo Io sacro nel quale può compiere una parabola salvifica".
In conclusione, un'interessante lettura sulle possibilità artistiche e sul risveglio delle idee. Un risveglio legato all'amore: "Bisogna tornare a sentire i film come operazioni necessarie, ma non necessarie per l'ego o il portafoglio. Devono esserci delle voci in cui tutti hanno una responsabilità enorme, essere allineati o dissidenti è fortemente necessario in qualsiasi situazione. Figuriamoci per chi crea opere d'arte. E poi bisogna chiedersi: è necessario quello che sto facendo? Non può essere solo visibilità, l'arte è uno specchio e un monito, oggi non entra più nella coscienza delle persone. L'amore è la chiave di tutto, e la stessa Sapienza porta all'amore...".