L'Internet Movie Database, l'Imdb, la madre di tutte le informazioni sul cinema, segnala il titolo del suo nuovo film: Il primo giorno della mia vita. La curiosità è forte. Ed è la prima cosa che vuoi chiedere a Paolo Genovese, fra i giurati del premio Medusa alla miglior sceneggiatura per un'opera prima di lungometraggio. La premiazione si è svolta nella serata finale del festival Cortinametraggio, diretto da Maddalena Mayneri, in collaborazione con il Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici.
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Il primo giorno della mia vita, dal romanzo al film?
Genovese, di che cosa parla Il primo giorno della mia vita? Che tipo di film è?
No, non è un film: è un romanzo. È un romanzo ambientato a New York, dove uno strano personaggio ferma per strada alcune persone stanche della vita, che hanno deciso di farla finita. E chiede loro di concedergli una settimana per farli innamorare di nuovo della vita.
Ma è una storia che diventerà un film?
Non escludo assolutamente di farci un film. Intanto, però, facciamo uscire il romanzo.
Quando uscirà, e per quale editore?
A maggio, per Einaudi Stile libero.
Che tipo di persone sono i protagonisti del romanzo?
Sono una poliziotta che ha perso la figlia, un motivatore famoso e ricchissimo, una campionessa olimpica finita sulla sedia a rotelle e un bambino, divo della pubblicità. L'uomo li accompagna alla scoperta della vita, promettendo loro di riportarli dopo una settimana esattamente dove li ha trovati.
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Potrebbe essere, dunque, il suo primo film americano. Dopo il successo esplosivo, di pubblico e ai David, di Perfetti sconosciuti, e dopo l'esperimento non facile, accolto bene dal pubblico e meno bene ai David di Donatello, di The Place, ispirato a una serie web americana, The Booth at the End di Christopher Kubasik. "Era una sfida difficile, nessuno aveva mai trasformato una serie web in un film; una serie che in Italia era sconosciuta, quindi non poteva servire da traino per il successo del film", dice Genovese.
Ora, la sua mente è tutta tesa al futuro. Al libro, e al film che potrebbe nascerne. "Sarebbe un film senza il cinismo dei film precedenti", dice. E lo vorrebbe ambientare a Manhattan, perché New York è "una di quelle città che hanno una grazia speciale, e che avrei voluto incontrare trent'anni prima, magari per restarci".
Perché il titolo "Il primo giorno della mia vita"?
Perché il primo giorno della nostra vita non è quando nasciamo, ma è il giorno della nostra rinascita, quando tocchiamo il fondo e riusciamo a risorgere.
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La carriera, The Place e il futuro
Ma di cinema o televisione a breve non sta per girare niente?
Farò lo showrunner di una serie che si chiama Tutta colpa di Freud per Canale 5, e che nasce dal film che avevo girato qualche anno fa: ma siamo in fase di scrittura.
Negli ultimi film lei sembra amare molto le storie "a mosaico". Più che un solo protagonista, tanti frammenti, tante storie che si incrociano. Immaturi, Tutta colpa di Freud, Perfetti sconosciuti, The Place. Sembra quasi una costante del suo lavoro. Lo pensa anche lei?
Non è una cosa razionale, qualcosa che io pensi prima. Così come per Perfetti sconosciuti non ho pensato: 'Adesso faccio un film tutto in una stanza'. La verità è che ho voglia di raccontare storie un po' spiazzanti. Storie che raccontino la realtà da un punto di vista diverso, perché ormai l'originalità non è tanto nel tema: tutti i temi sono stati affrontati. Amore, amicizia, tradimento, paura... allora, quello che uno può fare è aggiornare il modo di raccontarlo.
Ha un obiettivo, un punto da raggiungere nella sua carriera?
Mi piacerebbe portare storie italiane all'estero. Sarebbe bello poter tornare a esportare il cinema italiano come facevamo prima, e come adesso fa la Francia, e in misura minore la Spagna. Mi piacerebbe che il cinema italiano fosse coprotagonista del cinema internazionale. Il mio sogno è un cinema da esportazione.
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Ai David, quest'anno, non è andata così bene a The Place come andò a Perfetti sconosciuti, che vinse il David per il miglior film e per la migliore sceneggiatura.
I David sono un premio difficile da prevedere: sono milleottocento giurati... è anche giusto che ci siano delle sorprese, se tutto fosse scontato vuol dire che non ci sarebbe una ricerca. The Place non era un film facile, ma penso che alcune delle sue otto candidature le meritasse.
Quali, in particolare?
Per esempio Valerio Mastandrea, candidato come miglior attore, ha fatto una performance fuori da qualsiasi canone, da qualsiasi contesto: nuova, diversa, difficile, tutta giocata per sottrazione. Un premio secondo me lo avrebbe meritato: è chiaro che mi dispiace non aver vinto dei premi, ma non possiamo farne una malattia!