La nostra recensione di Pallottole in libertà, al contrario del film, che inizia con una furiosa, stralunata e violentissima sequenza action, si apre con un quadro di grande tenerezza: una giovane mamma accanto al giaciglio del figlioletto gli racconta, al posto della tradizionale favola della buonanotte, le gesta incredibili del babbo defunto; il piccolo ascolta rapito, pieno d'orgoglio, di inseguimenti inesorabili, sparatorie come se grandinasse, criminali sgominati da quell'ispettore di polizia temuto e ammirato da tutti.
Ecco, questo tenero quadretto non inizia nemmeno a rendere l'idea della sostanza del film di Pierre Salvadori (già autore di Ti va di pagare? e Beautiful Lies), ma forse è il primo dei suoi molti inganni: anche se Yvonne ancora non lo sa, quel marito affascinante era in realtà un uomo corrotto, avido e senza scrupoli. La verità sulla sua reputazione e sul benessere familiare la viene a sapere solo quando Antoine (Pio Marmaï), un giovane che era finito in carcere innocente per colpa delle manovre losche di suo marito, non esce di prigione profondamente cambiato. Rosa dal senso di colpa, ma non meno incline del consorte alle mistificazioni, Yvonne lo pedina e fraternizza con lui in maniera pericolosa e perfettamente folle.
I sensi di colpa di una poliziotta frustrata
Adele Haenel è un'attrice talentuosa, sensuale e versatile, ed è al suo personale magnetismo che Salvadori si affida nel consegnarci quel personaggio pieno di contraddizioni e difficile da comprendere, figuriamoci da amare, che è la sua protagonista. La mortificazione interiore, il bisogno di porre rimedio ai danni fatti dal marito, sono tratti che la rendono umana; la via tortuosa verso la confessione della verità al figlioletto è un po' più problematica, anche perché il suddetto figlioletto, al di là dei pirotecnici racconti che vedono protagonista il babbo defunto, di cui il piccolo finisce per appropriarsi in barba agli scrupoli della madre, sembra non avere spazio nella sua vita, divisa tra un lavoro in cui è esclusa dalle operazioni minimamente rischiose in virtù del suo status di vedova di un "eroe".
La frustrazione professionale ha un ruolo chiave nella sua scellerata decisione di avvicinarsi ad Antoine, che nel frattempo, reso instabile e rabbioso dall'ingiusta prigionia, cerca di recuperare il rapporto con la moglie (Audrey Tautou) che l'ha atteso fedelmente. A Salvadori non interessa, tuttavia, una resa realistica delle condizioni e della dinamiche psicologiche e di potere che si creano tra i personaggi: gli interessa arrivare alla "verità" attraverso situazioni paradossali, grottesche e, possibilmente, molto divertenti. La sua verità non è particolarmente lusinghiera per la natura umana, dipinta come fondamentalmente falsa, miope ed egoista; redenta parzialmente, e in modo amabilmente imperfetto, da un tocco di romanticismo.
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Credevo fosse amore invece era una rapina
Sì, perché in fondo è l'amore (per suo figlio) che induce Yvonne a raccontare in maniera ingenua e maldestra, per quanto accattivante, la "verità" a suo figlio, ed è l'amore che "distrae" il collega detective Louis, segretamente devoto ad Yvonne da anni, a non accorgersi nemmeno del serial killer che staziona in centrale da giorni cercando invano di confessare i suoi omicidi, carico di sacchetti pieni delle membra delle sue vittime. Ed è l'amore che, forse, può salvare Antoine dalla spirale di follia in cui sembra inesorabilmente precipitare; ma sarà la seduzione benintenzionata ma ipocrita di Yvonne, o l'amore generoso e costante di Agnès a fare il miracolo? Di sicuro niente succede in maniera lineare o prevedibile in Pallottole in libertà, tra confronti bizzarri e stralunati e sequenze costruite con dinamismo e originalità: questo è il merito fondamentale dell'opera di un regista che forse non è per tutti i palati, ma almeno tenta la via di un cinema personale e fuori dagli schemi.
Conclusioni
La nostra recensione di Pallottole in libertà mira a rivelare gli elementi più efficaci e memorabili della nuova fatica di Pierre Salvadori, regista che ama sorprendere con il suo cinema pirotecnico e stralunato: una brava e versatile Adèle Haenel dà vita a una donna che i sensi di colpa per i crimini del marito non rendono una brava persona, al centro di un film che non cerca il realismo nella narrazione o nella caratterizzazione ma ambisce a una sua obliqua ma franca integrità.
Perché ci piace
- L'interpretazione di Adèle Hanel, un'attrice versatile e ricca di magnetismo.
- La fondamentale imprevedibilità del racconto.
- L'originalità e la vivacità della messa in scena, soprattutto nella scena della rapina in gioielleria.
Cosa non va
- La bislacca e inverosimile caratterizzazione dei personaggi, e la totale mancanza di razionalità del loro comportamento non sono certo pane per tutti denti.
- Il marcato e insistente utilizzo di una comicità slapstick rischia di diventare presto stucchevole.