Un colpo, uno sparo, l'attentato simbolo del dopoguerra che si manifesta sotto gli occhi. La nuova vita di Jackie Kennedy parte da qui, da un battesimo di sangue che la costringe a vivere senza l'uomo della sua vita, ma soprattutto senza il peso della sua immagine offuscante. Pablo Larrain ci porta sotto il velo nero del lutto per scoprire la donna dietro la first lady e contrapporre la vita pubblica a quella privata. Attraverso una confessione gestita con eleganza e tatto, l'autore cileno racconta la burocrazia del dolore gestita da Jackie, i suoi doveri di moglie e i suoi turbamenti di persona.
Presentato in concorso al Festival di Venezia, Jackie ha convinto quasi tutti, e lo ha fatto soprattutto grazie ad un'interpretazione sublime di una Natalie Portman a più strati, malinconica e fredda, ma anche capace di trasmettere una tenera goffaggine. Trascinati da questa pellicola meravigliosa e dal vento del Lido, abbiamo incontrato il sapiente regista e l'ispirata protagonista di Jackie. Per indagare ancora meglio quel piccolo e inestricabile mistero chiamato Jacqueline Lee Bouvier, noto come Jackie.
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La sconosciuta
La prima domanda che arriva a Pablo Larrain è molto semplice e diretta: "Perché un film su Jackie?". La risposta è ancora più secca: "Perché no? Questo film nasce da un invito, perché inizialmente progetto era nelle mani di Darren Aronofsky che poi lo ha proposto a me. Devo dire che ho subito trovato il film un'opportunità intrigante. Non essendo americano credo sia stato più facile focalizzarmi su questa donna, su questo personaggio, senza farmi distrarre dalla Storia. Mi sono messo al suo posto e ho tentato di capire il trauma vissuto da questa persona che era accanto a Kennedy durante l'attentato. Tra l'altro si tratta del mio primo personaggio femminile e questo ha aumentato il mio interesse nei confronti della storia. Nonostante i tanti documenti, i tanti video presenti su Jackie, c'è tanto non detto attorno alla sua figura. Per me lei resta una persona misteriosa che non vuole essere risolta o spiegata attraverso questo film, che invece vuole stimolare il pubblico ad interpretare una donna. Natalie è stata una perfetta miscela di emozione e mistero, perfetta per rappresentare una persona che rimane una delle più sconosciute tra le conosciute".
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Diventare Jackie
Se Jackie è un ritratto, Natalie Portman è la sua tela. Una tela viva e tridimensionale, piena di colori tenui, accennati grazie ad un'interpretazione dolente. A chi le chiede se questo sia il suo ruolo più difficile, l'attrice israeliana risponde: "Forse non è il più difficile ma il più pericoloso. È la prima volta che recito la parte di una persona così nota, e tutti sanno come era davvero Jackie. Per cui, non essendo una grande imitatrice, non volevo tradire le aspettative ed ero un po' spaventata dal confronto". Ma quello che emerge davvero è l'ambivalenza di una persona quanto mai complessa, talmente piena di sfumature da costringere Portman a lavorare su vari strati personali: "Jackie era una donna piena di contrasti. Per prepararmi al ruolo abbiamo ascoltato tanti audio, visto tanti video e ci siamo accorti delle due anime di questa persona. Era molto diversa a seconda del contesto in cui si trovava: timida, fredda, oppure più empatica. E questo si avvertiva soprattutto nel suo tono di voce. Noi abbiamo cercato di inserirci nel suo conflitto personale, perchè lei è stata un simbolo per la gente ma prima di tutto una moglie tradita, una mamma, una giovane donna che deve per forza di cose guardare avanti in mezzo a tanti dubbi e ad una perdita enorme. Per farlo, io ho pensato soltanto ai sentimenti e non ai simboli, anche grazie al grande lavoro di regia e di sceneggiatura che c'è dietro Jackie".
Sempre più vicino
Larrain ci tiene a ribadire che il loro non è stato un lavoro mimetico, di imitazione del reale, ma un'intepretazione di un personaggio interessante da esplorare: "Quando si lavora ad un biopic si corre il rischio della semplice copia. Ma Jackie non è una fotografia, ma puro cinema, pieno di illusione e fascino". E quando qualcuno chiede alla dolce Natalie quali analogie trovi con Jackie, l'attrice lascia rispondere a Larrain: "Non è una questione di trucco, o di somiglianza fisica, ma un'assonanza di sfumature che si possono cogliere nei dettagli più piccoli. Natalie è una donna sofisticata, elegante e intelligente. Proprio come lo era Jackie. Infatti ho cercato di adattare la mia regia per cogliere questi elementi minori, come i respiri del personaggio. Me ne sono accorto durante il primo giorno di riprese, quando avvicinavo sempre di più l'inquadratura verso Natalie. Andavo più vicino, più vicino, sempre più vicino. Questo è il film: è lei. Volevo starle addosso con uno stile intimo e catturare questa umanità in pericolo". Vicino. Forse non alla realtà, sicuramente al cuore in tumulto di una donna enigmatica e per questo affascinante.