Non chiamatela Breaking Bad, perché questa nuova serie Netflix è sì ambiziosa, ma non a tal punto. E un paragone del genere non aiuterebbe proprio nessuno. Però capiamo che la tentazione possa esserci, perché i punti di raccordo indubbiamente non mancano ma con una grande, fondamentale differenza: nel capolavoro di Vince Gilligan, Walter White decideva di affrontare la crisi personale ma anche familiare che lo colpiva da solo, o meglio con l'improbabile aiuto di un ex studente, ma comunque tenendo il più possibile alla larga dai suoi affari l'intera famiglia. Anzi, era proprio la famiglia, a partire dalla moglie per arrivare fino alla nemesi personificata del cognato agente federale, a rappresentare il maggiore ostacolo per la sua carriera criminale.
Il protagonista di Ozark, Marty Byrde, è invece l'esatto opposto: consulente finanziario in un'azienda che in realtà ricicla denaro sporco per un cartello della droga messicano, quando si trova alle strette con i suoi capi poco raccomandabili non trova altra via di uscita per salvarsi la pelle se non quella di promettere una importante quantità di denaro pulito in pochissimo tempo. Per farlo decide di trasferirsi nella tranquilla regione turistica degli Ozarks dove (erroneamente) spera di poter allontanarsi dall'attenzione dei federali e di fare più facilmente affari con la "sprovveduta" gente del luogo. E nel farlo ovviamente si porta appresso l'intera famiglia: la moglie infedele Wendy e i due figli teenager Charlotte e Jonah.
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C'era una volta Michael Bluth
Se insomma siamo abituati a vedere Jason Bateman - qui nelle vesti anche di produttore esecutivo e regista di alcuni episodi - come padre, figlio e fratello ideale, come uomo attento e premuroso, in questa serie saremo costretti a cambiare idea, perché quella rassicurante immagine resa celebre da tante serie del passato (in primis l'indimenticabile e mai sufficientemente incensata Arrested Development) non può che impallidire davanti alle tante nefandezze che la famiglia Byrde compie e mette in atto più o meno indirettamente a partire dal loro arrivo. La famiglia quindi in questo non solo è perfettamente consapevole dei loschi affari di Marty; ne è complice fin dall'inizio pur di sopravvivere e di scampare alla vendetta dei trafficanti messicani. Non si rende conto però, se non troppo tardi, che anche negli Ozarks non sono poche le persone con interessi non esattamente legali e che, anzi, il mucchio di soldi (da riciclare) che si portano appresso fa gola a tanti.
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Riciclare e riciclarsi
Ozark è quindi una serie crime con venature pulp e una forte componente da family drama. Ha un buon soggetto di partenza, alcuni twist intriganti e uno sviluppo articolato che favorisce la visione, anche da binge watching. Quello che manca è l'eccellenza, visto che in nessuno dei suoi aspetti la serie riesce veramente a brillare; o l'originalità, visto che non c'è nulla che faccia pensare di trovarsi davanti a qualcosa di veramente nuovo. E tutto questo a prescindere dell'ingiusto ma inevitabile paragone con Breaking Bad o Fargo o altri prodotti dello stesso genere che, anche solo di primissimo impatto, si confermano di livello superiore.
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Nonostante la presenza di un ottimo attore comico come Bateman non c'è sufficiente ironia e mancano dialoghi o scene iconiche che possano rendere la serie un must; così come non c'è nemmeno una sufficiente varietà di situazioni e ambientazioni per sperare in una crescita o in un'evoluzione sorprendente e spiazzante, tanto che la prima superficiale impressione data dal trailer di avere un qualcosa di fin troppo simile (quantomeno a livello visivo, la fotografia cupa e monotona non aiuta) ad un altro prodotto Netflix come Bloodline è in qualche modo confermata anche dopo aver visto i primi 5 episodi.
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Come sempre capita quando abbiamo tra le mani una preview e non tutta la stagione completa, e ancor di più quando si tratta di prodotti più o meno thriller, è difficile capire se gli ultimi episodi confermeranno le nostre impressioni o se riusciranno invece a stupirci in positivo. Per il momento Ozark è per noi un prodotto discreto, anche sufficientemente avvincente, ma che non cambia il panorama televisivo attuale. Al massimo ci conferma la sempre più forte presenza sul piccolo schermo di grandi talenti: oltre ad un convincente Bateman, infatti, lasciano il segno anche un'ottima Laura Linney nei panni di sua moglie, un sempre carismatico Peter Mullan (anche se in un ruolo non troppo dissimile da quelli di Quarry o Top of the Lake) e la rivelazione Julia Garner (anche se già vista in Grandma, The Americans e The Get Down) nei panni di una diciannovenne tostissima, ambiziosa e per questo molto pericolosa. Il personaggio migliore dello show è suo, e siamo certi che questo sarà solo un trampolino di lancio per una lunga carriera.
Movieplayer.it
3.5/5