Sara Bellaïche, capo della squadra narcotici di Tolosa, riceve una soffiata da Reynal, un suo ex amante sotto copertura, infiltrato in una spietata banda di narcotrafficanti che opera al confine tra la Spagna e la Francia. I criminali sarebbero ora pronti al trasporto di un nuovo carico di droga e l'occasione per catturarli una volta per tutte sembrerebbe troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire. Nel frattempo Richard Criss, al comando della squadra anticrimine di Parigi, sta indagando sull'omicidio di due adolescenti.
In Overdose le strade degli uomini di legge si incrociano inevitabilmente dopo che l'amante tossicodipendente di uno dei boss perde la vita, in seguito a una sparatoria con alcuni poliziotti, e il suo DNA finisce per collegare i rispettivi casi. Gli agenti si ritrovano così a collaborare per evitare che la zona di frontiera tra le due nazioni diventi territorio franco per quella gang che, sempre più crudele, non esita a lasciare una scia, sempre più copiosa, di sangue di innocenti sul proprio cammino.
Overdose: una via già scritta
Soltanto qualche giorno fa vi avevamo parlato su queste stesse pagine del suo precedente lavoro, ovvero il teso Bronx (2020), e ora rieccoci a parlare del cinema di Olivier Marchal con Overdose, uscito due anni dopo nel solco di una carriera ormai completamente dedicata al filone crime. E anche in questo caso ci troviamo di fronte a un film scomodo, a tratti eccessivo e imperfetto ma capace di costruire una piccola mitologia di genere nel corso delle due ore di visione, popolando il racconto di personaggi complessi e controversi alle prese con situazioni altrettanto difficili.
Cattivi all'ennesima potenza in un un gioco di contrapposizioni e similitudini, con la figura dell'informatore quale anima tra questi due mondi, in un crescendo di violenza fisica e psicologica che lascia senza tregua, dando vita ad un'ottica malavitosa dove onore e lealtà sono solo un lontano ricordo e neanche donne e bambini sono più intoccabili.
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Luoghi e volti
Nord Africa, Francia e Spagna fanno alternativamente da sfondo a quest'odissea criminale dove i diversi protagonisti appaiono come pedine di una millimetrica partita a scacchi. Certo ci si concentra su alcune figure che hanno maggiore predominanza rispetto ad altre, ma non non vi è il classico alpha & omega al quale tutto ruota intorno e ognuno ha il proprio ruolo preciso in un piano più ampio. Una solida ed eterogenea base narrativa nata in forma originaria su carta nel romanzo Mortels Trafics di Pierre Pouchairet, vincitore del premio Quai des Orfèvres nel 2017, del quale Overdose è per l'appunto l'adattamento su grande schermo. Un adattamento che trova le facce giuste al posto giusto: Marchal difficilmente sbaglia le scelte degli attori e anche qui il cast multietnico è un ulteriore punto di forza dell'intricata narrazione.
Un film solido ma non per tutti
Narrazione che potrebbe parzialmente allontanare quegli spettatori in cerca di soluzioni semplici ed immediate, che qui si troveranno invece di fronte a risvolti potenzialmente sgraditi e sicuramente scottanti e ad un complessivo distacco da chi si trova in scena. Una scelta ben precisa da parte del regista, che ha ormai aggiornato il suo stile e che difficilmente tornerà ad antagonisti carismatici come nei suoi memorabili 36 Quai des Orfèvres (2004) e L'ultima missione (2006): più sporco, più cattivo e più oltranzista, pronto a non guardare in faccia nessuno, nemmeno il pubblico stesso.
Quel passato da poliziotto da parte di Marchal offre un'inedita verosimiglianza, sicuramente avvezza alle libertà di genere ma credibile nella gestione delle parti in causa, tra sospetti e tradimenti che caratterizzano quest'estenuante resa dei conti che sfrutta con intelligenza il contesto di confine, quella zona di frontiera che diventa un palcoscenico rosso sangue.
Conclusioni
Il noir si tinge di rouge nel cinema senza compromessi di Olivier Marchal, ormai sempre più oltranzista nel suo aggiornamento del polar al quale, grazie alla sua esperienza personale tra le forze dell'ordine, ha saputo dare nuova linfa. E come nei suoi ultimi lavori anche in Overdose a contare non sono i singoli personaggi, ma quel quadro d'insieme che vede contrapposti diverse divisioni della polizia e una spietata banda di narcotrafficanti, con il confine tra Francia e Spagna quale territorio per una resa dei conti senza esclusione di colpi.
Perché ci piace
- Efficaci scelte di casting.
- Una storia ramificata e verosimile nelle sue dinamiche di genere.
- La regia di Marchal, preciso anche nelle scene d'azione.
Cosa non va
- La sceneggiatura a tratti "oltranzista" potrebbe non piacere a tutti.