Con ben sette settimane d'anticipo sulla cerimonia della novantacinquesima edizione degli Academy Award, in programma al Dolby Theatre di Los Angeles per il 12 marzo, nella giornata di martedì sono state rese note le nomination agli Oscar 2023. Come ampiamente previsto, i due pesi massimi di questa awards season hanno riportato un ottimo risultato anche fra i membri dell'Academy, con un totale di segnalazioni perfino superiore alle aspettative: stiamo parlando di Everything Everywhere All at Once di Daniel Kwan e Daniel Scheinert, commedia sci-fi su un multiverso che vede coinvolte le innumerevoli realtà parallele di una famiglia di immigrati coreani, e de Gli spiriti dell'isola di Martin McDonagh, storia dell'improvvisa rottura di un'amicizia nello scenario suggestivo e desolato dell'isola irlandese di Inisherin.
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Tante conferme, scorrendo la lista dei candidati, ma anche qualche genuino colpo di scena rispetto alle indicazioni dei precursors, vale a dire gli altri trofei della stagione americana dei premi, a partire dal caso singolarissimo di Andrea Riseborough (di cui parleremo nel dettaglio più avanti). Fra le tendenze di queste nomination, si continua a riscontrare una certa apertura per cinematografie e stili lontani dalle più classiche convenzioni hollywoodiane: dalla notevole attenzione per le produzioni indipendenti allo spazio per opere più sofisticate o 'insolite' se paragonate ai canonici titoli da Oscar, come il corrosivo Triangle of Sadness del cineasta svedese Ruben Ostlund, in lizza per miglior film, regia e sceneggiatura; passando per la compresenza fra talenti emergenti e nomi giganteschi della settima arte (uno su tutti, Steven Spielberg).
I capofila: il multiverso dei Daniels e gli spiriti di McDonagh
Partiamo appunto dalle due pellicole più apprezzate da parte dei membri dell'Academy, perlomeno sulla carta. Undici nomination, perfino più del previsto, hanno ricompensato Everything Everywhere All at Once dei Daniels: un risultato dovuto sia all'effetto-novità di questa atipica commedia che recupera elementi dei cinecomic, sia al suo vasto successo commerciale (sette milioni di spettatori negli USA) in un'annata in cui tanti film importanti hanno faticato invece a imporsi al box-office. Everything Everywhere All at Once piazza ai nastri di partenza ben quattro dei suoi interpreti: la protagonista Michelle Yeoh, prima interprete asiatica (la seconda, se si considera la parziale eccezione di Merle Oberon) candidata come miglior attrice, l'attore non protagonista Ke Huy Quan e due attrici non protagonista, la veterana Jamie Lee Curtis (alla sua prima nomination all'Oscar) e la giovane Stephanie Hsu. A sorpresa, l'opera dei Daniels è stata candidata anche nel comparto musicale: per la colonna sonora dei Son Lux e per la canzone This Is a Life.
Nove nomination, pure in questo caso al di sopra delle aspettative, sono state attribuite invece a Gli spiriti dell'isola, ritorno in scena dell'irlandese Martin McDonagh a cinque anni dal successo di Tre manifesti a Ebbing, Missouri. Fra i candidati per il film di McDonagh figurano il protagonista Colin Farrell, i suoi comprimari Brendan Gleeson e Barry Keoghan e l'attrice non protagonista Kerry Condon, a coronamento di un'edizione da incorniciare per l'Irlanda. Ma nove candidature le ha ottenute anche Niente di nuovo sul fronte occidentale di Edward Berger, produzione tedesca targata Netflix e tratta dal romanzo di Erich Maria Remarque: fra queste miglior film, miglior film internazionale e un gran numero di nomination tecniche, sebbene l'impressionante dramma bellico di Berger sulla Prima Guerra Mondiale sia rimasto escluso dalla cinquina per la miglior regia.
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I magnifici dieci: dentro Women Talking, fuori Black Panther e The Whale
Oltre alle tre pellicole già citate, fra gli altri "magnifici dieci" inseriti dall'Academy nella rosa dei candidati come miglior film troviamo il biopic musicale Elvis di Baz Luhrmann (otto nomination), il coming of age autobiografico di Steven Spielberg The Fabelmans (sette nomination) e una coppia di blockbuster che hanno macinato un record dietro l'altro al box-office: Top Gun - Maverick di Joseph Kosinski e un altro sequel, il kolossal di fantascienza Avatar - La via dell'acqua di James Cameron, rispettivamente con sei e quattro nomination. Per il resto, spazio sacrosanto anche per un cinema più autoriale, a cui si può ricondurre appunto Triangle of Sadness, e dal taglio intimista: è il caso degli acclamatissimi Women Talking di Sarah Polley e Tár di Todd Field, superbo ritratto di una direttrice d'orchestra disegnato da Cate Blanchett, sei nomination in tutto (incluse un paio di candidature inaspettate per fotografia e montaggio).
I Daniels, Todd Field, Martin McDonagh e Ruben Ostlund si aggiudicano nel frattempo la loro prima candidatura per la miglior regia, una categoria in cui invece il veterano Steven Spielberg torna a competere grazie a The Fabelmans addirittura per la nona volta nella propria carriera: Spielberg affianca così Martin Scorsese sul secondo gradino del podio dei registi più amati nella storia dell'Academy (davanti a loro soltanto William Wyler, con le sue dodici nomination). Nella rosa dei dieci candidati all'Oscar come miglior film non hanno trovato posto né Black Panther - Wakanda Forever, che può vantare comunque cinque nomination (il suo predecessore aveva registrato sette candidature e tre statuette), né The Whale di Darren Aronofsky, che in compenso può festeggiare le nomination per il protagonista Brendan Fraser, tornato di colpo sulla cresta dell'onda, e per l'attrice non protagonista Hong Chau.
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Le "prime volte" degli attori protagonisti e l'ottava nomination di Cate Blanchett
Nella rosa per il miglior attore, Brendan Fraser è in compagnia del giovane Austin Butler di Elvis, dell'inglese Bill Nighy per Living (remake di Vivere di Akira Kurosawa), del divo irlandese Colin Farrell e del suo giovane connazionale Paul Mescal, nominato per una magnetica prova in sottrazione in Aftersun, esordio della regista Charlotte Wells. E in una categoria in cui in genere si impongono nomi di fama consolidata, i cinque candidati sono tutti quanti alla loro "prima volta" agli Oscar: un risultato più unico che raro, dal momento che una situazione simile non si era più verificata addirittura dalla settima edizione degli Academy Award, ottantotto anni fa. In generale, agli Oscar 2023 ben sedici interpreti su venti sono in lizza per la prima volta: fra questi la star cubana Ana de Armas per il suo ritratto di Marilyn Monroe in Blonde e l'attore non protagonista Brian Tyree Henry, candidato a sorpresa per Causeway.
Al contrario, sono due autentiche beniamine dell'Academy Michelle Williams, alla sua quinta nomination grazie a The Fabelmans, e la sublime Cate Blanchett di Tár, giunta a quota otto candidature (un risultato eguagliato o superato, ad oggi, soltanto da alter sei attrici). Un discorso a parte meriterebbe poi il caso dell'inglese Andrea Riseborough, nominata come miglior attrice per una minuscola produzione indipendente, To Leslie, passata pressoché inosservata sia fra il pubblico, sia nel corso della stagione dei premi. Nei giorni scorsi, per la Riseborough si era attivato però un tam-tam mediatico virale a cui avevano dato vita proprio i suoi colleghi, che hanno sponsorizzato To Leslie con proiezioni private e post sui social media, al punto da farle guadagnare una nomination che, fino a un paio di settimane fa, sembrava un traguardo irraggiungibile: che questo risultato possa aprire un nuovo capitolo nell'ambito delle strategie pubblicitarie per gli Oscar?
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I candidati da record, da Judd Hirsch a John Williams
Significativa anche la candidatura per Judd Hirsch, che in virtù dei suoi otto, folgoranti minuti in scena in The Fabelmans è stato nominato come miglior attore non protagonista: a ottantasette anni (ne compirà ottantotto il 15 marzo), è il secondo interprete più anziano mai candidato all'Oscar dopo Christopher Plummer. Inoltre, i quarantadue anni che separano Judd Hirsch dalla sua precedente candidatura (per Gente comune) costituiscono un record assoluto fra gli attori e le attrici, superando i quarantun anni di attesa di Henry Fonda. Altro primato è quello stabilito, sempre per The Fabelmans, dal leggendario compositore John Williams: non solo perché si tratta della sua nomination numero 53, ma in quanto il novantenne Williams (novantun anni il prossimo 8 febbraio) è da oggi la persona più anziana mai candidata all'Oscar, sorpassando così Agnès Varda (nominata all'Oscar a ottantanove anni).
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Gli esclusi a sorpresa, da Viola Davis a Eddie Redmayne
Proseguiamo la nostra panoramica delle nomination agli Oscar con alcuni illustri 'eslusi', che a dispetto dei consensi raccolti fra i vari precursors non sono riusciti a rientrare nella rosa dei candidati dell'Academy. Iniziamo dalla categoria per la miglior attrice, dove il colpo di scena targato Andrea Riseborough ha penalizzato la Viola Davis di The Woman King (ma i film d'azione non hanno mai avuto vita facile agli Oscar), ma soprattutto Danielle Deadwyler per il biopic Till, in un ruolo che sembrava aver ipotecato da subito le simpatie dei votanti. Fra gli interpreti secondari, invece, la cosiddetta category fraud non ha giocato in favore di Eddie Redmayne per The Good Nurse, né di Carey Mulligan per Anche io: due ruoli da co-protagonisti che erano stati sponsorizzati fra i non protagonisti per avere maggiori chance. Mentre avrebbe meritato senz'altro un posto nella cinquina Dolly de Leon, interprete filippina che in Triangle of Sadness ruba la scena a tutto il cast.
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EO e The Quiet Girl tra i film internazionali, fumata nera per Park Chan-wook
Tra i film internazionali, accanto a Niente di nuovo sul fronte occidentale e ai già quotatissimi Argentina, 1985 e Close, l'inclusione di EO per la Polonia e di The Quiet Girl dall'Irlanda è arrivata a scapito di Park Chan-wook: il regista coreano sembrava lanciatissimo verso la sua prima candidatura all'Oscar per Decision to Leave, ma evidentemente il suo mélo a tinte noir e dagli echi hitchcockiani non ha convinto appieno i membri dell'Academy. Il Pinocchio di Guillermo del Toro, favoritissimo tra i film d'animazione, si ritrova tagliato fuori da entrambe le categorie musicali, mentre il magnifico e sottovalutato Babylon deve accontentarsi di tre nomination, fra cui quella per la colonna sonora di Justin Hurwitz, ma resta prevedibilmente ignorato nelle categorie riservate al miglior film e agli interpreti, con Margot Robbie e Brad Pitt fuori dalle rispettive cinquine.