L'autunno 2019 potrebbe essere ricordato come il momento in cui tutti i cinefili sono stati 'obbligati' a rendere onore a Netflix, semplicemente perché non è stato possibile fare altrimenti. Non quando, nell'arco di appena un mese, il servizio di streaming porta nelle sale cinematografiche - e, a distanza di qualche settimana, nel proprio catalogo - due tra i film più apprezzati in contesto festivaliero degli ultimi anni: in ordine di arrivo, The Irishman di Martin Scorsese (dall'1 novembre al cinema e dal 27 novembre in streaming) e Storia di un matrimonio di Noah Baumbach (dal 6 novembre al cinema e dal 6 dicembre in streaming), schierati in prima fila in vista degli Oscar 2020.
Due progetti diversissimi, frutto del talento di due registi accomunati dalla natia New York ed entrambi in grado di suscitare l'entusiasmo di spettatori occasionali, di appassionati di lungo corso e, se tutto andrà come da copione, pure dei membri dell'Academy. Perché siamo pronti a scommettere che, da qui a un paio di mesi, The Irishman e Storia di un matrimonio inizieranno a raccogliere riconoscimenti a valanga, in vista di un probabile duello agli Oscar 2020: un'edizione nella quale Netflix, dopo lo strepitoso risultato dello scorso anno, rischia davvero di fare la parte del leone.
La coppia in crisi di Baumbach e i gangster di Scorsese
Presentato in anteprima mondiale a fine agosto alla Mostra di Venezia e pochi giorni dopo al Festival di Toronto, dove si è piazzato al secondo posto nelle preferenze del pubblico, Storia di un matrimonio è la seconda collaborazione di Noah Baumbach con Netflix dopo The Meyerowitz Stories. Amalgamando realismo e poesia, comicità e dramma, la pellicola porta in scena le varie tappe della separazione fra Charlie, regista teatrale newyorkese, e Nicole, attrice di modesta notorietà, che torna a vivere a Los Angeles insieme al figlio Henry, oggetto del contendere di un divorzio consumato fra sedi giudiziarie e logoranti tour de force emotivi. E già nella recensione di Storia di un matrimonio da Venezia non abbiamo avuto esitazione a sbilanciarci: quello di Baumbach è un film straordinario, non soltanto il capolavoro del regista ma una delle opere più toccanti di tutto il cinema americano contemporaneo, con due strepitose interpretazioni di Adam Driver e Scarlett Johansson.
Su The Irishman, invece, non possiamo ancora esprimerci in maniera diretta (qui in Italia sarà proiettato il 21 ottobre alla Festa di Roma), ma l'accoglienza della stampa al New York Film Festival ha addirittura oltrepassato le altissime aspettative: il film più lungo nella carriera di Martin Scorsese (duecentonove minuti), adattato da Steven Zaillian dal libro L'irlandese - Ho ucciso Jimmy Hoffa di Charles Brandt, è stato definito un trionfo sotto tutti i punti di vista. La narrazione, sviluppata in un arco temporale che comprende vari decenni, segue la reale parabola del gangster Frank Sheeran, legato al clan dei Bufalino, e del leader sindacale Jimmy Hoffa: ruoli affidati a una coppia di mostri sacri del calibro di Robert De Niro e Al Pacino, affiancati nel cast da Bobby Cannavale, Harvey Keitel e da un ritrovato Joe Pesci, al suo ritorno sullo schermo dopo nove anni di assenza.
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The Irishman: la scommessa più rischiosa di Netflix
Ad oggi, The Irishman è senza dubbio il film più importante nato all'interno della scuderia di Netflix: per il livello dei nomi coinvolti, a partire da quello che molti considerano il maggior cineasta vivente, e per il budget faraonico di centosessanta milioni di dollari. Una cifra spaventosa, che ha contribuito a rendere ancor più accesa la diatriba sulla dicotomia fra la sala e lo streaming: per recuperare costi di tale entità e realizzare un discreto profitto, un film con una regolare distribuzione cinematografica sarebbe obbligato ad incassare come minimo una cifra prossima ai quattrocento milioni di dollari. Per intenderci, numeri simili a quelli registrati sei anni fa da The Wolf of Wall Street (che però era costato 'solo' cento milioni).
Con Netflix, ovviamente, The Irishman non ha bisogno di raggiungere vette del genere per tradursi in un successo commerciale; ciò non toglie che la scommessa sia comunque piuttosto rischiosa, e costituisca per certi versi un unicum sul piano produttivo e distributivo. In quest'ottica, recensioni positive e premi prestigiosi potrebbero rivelarsi un'arma formidabile per Netflix: proprio come accaduto un anno fa, quando Roma di Alfonso Cuarón, dopo il Leone d'Oro a Venezia, si è rivelato uno degli eventi cinematografici del 2018 e ha collezionato dieci nomination e tre statuette agli Academy Award, tra cui miglior film straniero e miglior regia (e ha sfiorato l'Oscar come miglior film, attribuito purtroppo a un'opera di gran lunga inferiore come Green Book).
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I due favoriti per gli Oscar 2020
Se l'anno scorso, per la prima volta, Netflix si è ritrovato ad essere un autentico protagonista della awards season, per gli Oscar 2020 le sue chance sono perfino raddoppiate: perché se è pur vero che bisogna ancora attendere almeno un altro potenziale contendente (1917 di Sam Mendes), ora come ora Storia di un matrimonio e The Irishman si attestano come i più probabili frontrunner nella gara come miglior film e in molte altre categorie. Non che la concorrenza sia inesistente, beninteso, ma gli altri titoli papabili presentano vari punti deboli in termini di 'premiabilità': C'era una volta a... Hollywood, per esempio, non è stato esente da perplessità e critiche; Jojo Rabbit, nonostante il People's Choice Award a Toronto, ha ottenuto recensioni perlopiù fredde o poco convinte; e Joker appare fin troppo divisivo e controverso per aspirare all'Oscar come miglior film.
Storia di un matrimonio, al contrario, è un inevitabile crowdpleaser: una di quelle pellicole che metteranno d'accordo praticamente tutti, e che se fossero uscite negli anni Ottanta o Novanta avrebbero sbancato il box office senza difficoltà. Se prendiamo come riferimento l'aggregatore Metacritic, attualmente l'opera di Noah Baumbach vanta un punteggio di 95/100, il più alto fra tutti i film del 2019, mentre The Irishman veleggia sui 92/100. Ai Golden Globe, l'altro fondamentale traguardo della awards season, Storia di un matrimonio concorrerà di sicuro nel settore delle commedie, dove non dovrebbe fare troppa fatica a sbaragliare gli altri candidati; tra i film drammatici, invece, un'eventuale vittoria di The Irishman vorrebbe dire che Netflix godrebbe di una duplice pole position per gli Oscar.
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Da Adam Driver a Robert De Niro: gli aspiranti candidati di Netflix
È un discorso prematuro? Non così tanto: da qui all'inverno, naturalmente, può ancora accadere di tutto, ma sulla carta Storia di un matrimonio e The Irishman sono i due titoli più quotati della awards season, quelli che potrebbero portare a Netflix un primo, storico Oscar come miglior film. Certo, sostenere una doppia campagna promozionale non è semplice (né economico), senza contare che Netflix avrebbe pure altre frecce al proprio arco: il biopic Dolemite Is My Name, con un lodatissimo Eddie Murphy, e a fine anno l'acclamato I due Papi, con Jonathan Pryce ed Anthony Hopkins come possibili candidati. Ma l'attenzione si concentrerà in prevalenza sulle due "teste di serie" di Netflix e sui relativi interpreti: e se per Adam Driver e Scarlett Johansson la nomination è soltanto questione di tempo, fra i protagonisti in lizza dovrebbe figurare pure una leggenda quale Robert De Niro per il personaggio del titolo in The Irishman.
Fra gli attori supporter è già scontata la presenza di Al Pacino, il Jimmy Hoffa (a quanto pare strepitoso) di The Irishman, che punta al secondo Oscar della sua carriera; ma nella stessa categoria, Netflix proverà a piazzare in gara pure Joe Pesci, il Ratzinger di Anthony Hopkins e il veterano Alan Alda, che in Storia di un matrimonio si cala in un ruolo brillante e commovente. E sempre dal film di Baumbach, nomination blindata come miglior attrice supporter per Laura Dern, che ruba la scena in almeno un paio di occasioni, mentre Baumbach stesso dovrebbe aver già ipotecato una sacrosanta statuetta per la miglior sceneggiatura originale (con The Irishman e forse I due Papi a contendersi quella per la sceneggiatura adattata).
Senza contare poi le categorie tecniche, dove The Irishman punta a raccogliere una mezza dozzina di candidature (se non di più), e il premio per la regia, teatro di un probabile "scontro fra titani" fra Martin Scorsese e Quentin Tarantino. Ne riparleremo nei prossimi mesi, ma il 2019/2020 si preannuncia come la stagione d'oro di Netflix... e soprattutto, come una fase memorabile per tutti coloro che amano il cinema. In sala, preferibilmente, o su uno schermo un po' più ridotto.
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