Dopo poco più di una settimana contrassegnata dalle cerimonie di Golden Globe, Critics Choice Award, Producers Guild Award e Screen Actors Guild Award, nonché dall'annuncio delle nomination per i Directors Guild Award e i BAFTA Award, l'awards season americana è entrata finalmente nella sua fase culminante con l'annuncio tanto atteso: le candidature per la novantesima edizione degli Oscar. E tra chi festeggia la nomination e chi deve scontare un'esclusione, c'è un titolo che emerge con prepotenza come l'incontestabile 'vincitore' di questo nominations day: La forma dell'acqua.
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Dopo il Leone d'Oro alla Mostra di Venezia, la fiaba romantica dai toni dark diretta da Guillermo del Toro e ambientata nell'America degli anni Sessanta ha attirato grande attenzione e riportato numerosi riconoscimenti, inclusi due Golden Globe per regia e colonna sonora; e da oggi, La forma dell'acqua è il capofila fra i nove candidati all'Oscar come miglior film del 2017, nonché come il nuovo, presunto frontrunner per il premio principale (ma dei potenziali vincitori riparleremo in seguito). Andiamo ora a esaminare nel dettaglio i risultati di queste candidature, fra sorprese, omissioni e tendenze dell'Academy...
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Guillermo del Toro quasi da record, sette nomination per Tre manifesti
Un totale da capogiro, tredici nomination, hanno ricompensato il nuovo lavoro di Guillermo del Toro: centrate tutte le categorie in cui era lecito attendersi una candidatura, tra cui miglior regia per del Toro e miglior attrice per Sally Hawkins, con in aggiunta perfino qualche 'bonus' (miglior sonoro ed effetti sonori). Il trionfo agli Oscar è quindi certo e sotto ipoteca? Tutt'altro, considerando le quattordici nomination e la valanga di precursors raccolti un anno fa da La La Land, che a busta già aperta sarebbe poi stato 'superato' da Moonlight; ma si tratta comunque di un ottimo punto di partenza per La forma dell'acqua, specialmente dopo la fumata nera agli Screen Actors Guild Award. Segue a notevole distanza, con otto nomination, il war movie Dunkirk di Christopher Nolan, che porta anche al cineasta britannico la sua prima nomination all'Oscar come miglior regista.
Un lauto bottino, sette nomination, anche per Tre manifesti a Ebbing, Missouri, che a differenza dei dei titoli già citati non poteva contare troppo sulle categorie tecniche. Uscito vincitore ai Golden Globe con quattro premi, tra cui miglior film drammatico, l'ironico spaccato di provincia firmato dal britannico Martin McDonagh si ritrova in lizza per miglior film, per la protagonista Frances McDormand e per una doppietta di attori supporter, Woody Harrelson e Sam Rockwell, ma a sorpresa si vede negata una candidatura fondamentale: quella per la miglior regia. Dopo aver fatto piazza pulita agli Screen Actors Guild Award, con i trofei per la McDormand, per Rockwell e per il miglior cast, Tre manifesti a Ebbing, Missouri può ancora sperare di vincere l'Oscar come miglior film? È il grande quesito che terrà banco da qui alla fatidica notte del 4 marzo...
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L'exploit inaspettato: Paul Thomas Anderson e Il filo nascosto
Non c'erano troppe certezze in merito a Il filo nascosto, il nuovo lavoro di un cineasta straordinario quale Paul Thomas Anderson: per quanto adorato dalla critica americana, ai premi di maggior peso finora la pellicola era puntualmente rimasta fuori dalle categorie principali, salvo quella come miglior attore per l'immancabile Daniel Day-Lewis. È stata quindi una graditissima sorpresa constatare che l'Academy ha decisamente apprezzato Il filo nascosto, riservandogli un totale di sei nomination: oltre a Day-Lewis, alla sua sesta candidatura e con tre Oscar già in bacheca, anche quelle come miglior film, per la miglior regia ad Anderson (la sua seconda in questa categoria a un decennio da Il petroliere) e, altro piacevole colpo di scena, miglior attrice supporter per un'interprete sopraffina quale l'inglese Lesley Manville, storica collaboratrice di Mike Leigh, alla prima candidatura della propria carriera.
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I "magnifici nove": dentro Churchill e Chiamami col tuo nome, fuori Tonya
Oltre a La forma dell'acqua, Dunkirk, Tre manifesti a Ebbing, Missouri e Il filo nascosto, a concorrere all'Oscar come miglior film ci saranno anche, come da previsioni, Lady Bird di Greta Gerwig (cinque nomination), Scappa - Get Out di Jordan Peele e Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino (quattro nomination a testa) e The Post di Steven Spielberg, che però incassa soltanto un'altra candidatura, quella per l'attrice protagonista a Meryl Streep, arrivata alla sua ventunesima nomination (con tre vittorie), un record ormai sempre più solitario e inarrivabile (dietro di lei Katharine Hepburn e Jack Nicholson, lontanissimi a quota dodici nomination).
L'ultimo concorrente è quello meno scontato, data la tiepida accoglienza alla maggior parte dei precursors: L'ora più buia. Il dramma storico diretto da Joe Wright si aggiudica ben sei nomination agli Oscar, tra cui ovviamente quella come miglior attore per il già premiatissimo Gary Oldman grazie al suo ritratto di Winston Churchill. Non ce l'ha fatta, invece, I, Tonya: la black comedy di Craig Gillespie sulla pattinatrice Tonya Harding sembrava lanciatissima e può festeggiare comunque tre candidature, fra cui quella per la protagonista Margot Robbie, ma si è ritrovata esclusa (probabilmente per un soffio) dalla corsa per il trofeo più ambito.
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L'anno d'oro di Greta Gerwig e Jordan Peele
Nella cinquina dei migliori registi, mentre erano già sotto solida ipoteca le candidature per Guillermo del Toro e Christopher Nolan, le vere conferme hanno riguardato due autori esordienti o quasi, già candidati al Directors Guild Award ma esclusi agli altri precursors: Greta Gerwig e Jordan Peele. La Gerwig, nota soprattutto come attrice, è appena diventata la quinta donna nella storia dell'Academy ad essere candidata all'Oscar per la miglior regia, ottenendo pure un'ulteriore candidatura per la miglior sceneggiatura originale grazie alla commedia Lady Bird, tra i film rivelazione del 2017 negli USA, amatissimo dalla critica e in procinto di diventare uno dei maggiori successi indie degli ultimi anni. E sempre grazie a Lady Bird, a soli ventitré anni l'attrice irlandese Saoirse Ronan può festeggiare la sua terza nomination all'Oscar (la prima arrivò esattamente dieci anni fa per Espiazione).
Jordan Peele, autore comico alla sua opera prima da regista, è invece il quinto afroamericano a conquistare una nomination per la miglior regia grazie all'horror Get Out, autentico fenomeno di massa in patria. Get Out, uscito quasi un anno fa negli USA registrando venti milioni di spettatori, ha guadagnato in tutto quattro nomination: oltre a miglior film e regia, anche miglior sceneggiatura originale (sempre per Peele) e miglior attore per il ventottenne inglese Daniel Kaluuya, mentre si è visto sfuggire la candidatura per il miglior montaggio. L'altro candidato per la miglior regia, come già rilevato, è Paul Thomas Anderson, mentre contro ogni pronostico resta fuori dai giochi Martin McDonagh, candidato in compenso come co-produttore e sceneggiatore di Tre manifesti a Ebbing, Missouri.
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La sorpresa Washington, il record di Plummer e l'esclusione di James Franco
È inevitabile che il clima 'politico' di questi mesi a Hollywood abbia influito, come quasi sempre accade, sulle scelte dell'Academy: dal crollo di Harvey Weinstein ai numerosi altri scandali sugli abusi sessuali, dall'ascesa del movimento Time's Up alla rivendicazione della parità di stipendi per le donne (vedi le polemiche su Tutti i soldi del mondo), fino alle discussioni, di diversa natura, di diverso peso e anche di diversa opportunità, sorte attorno a personaggi quali Kevin Spacey, Woody Allen e James Franco. E proprio Franco, fresco vincitore del Golden Globe, ha scontato probabilmente le recentissime accuse ai suoi danni: sfumata infatti l'ipotesi di una candidatura all'Oscar come miglior attore per la commedia The Disaster Artist, da lui stesso diretta (e candidata in compenso per la miglior sceneggiatura adattata).
L'omissione di Franco sembra aver favorito il 'solito' Denzel Washington, giunto addirittura alla sua ottava nomination in qualità di interprete (a solo un anno di distanza da quella per Barriere) grazie al legal drama Roman J. Israel, Esq. , a dispetto del mezzo flop del film al box office americano. Candidatura inaspettata anche per il veterano canadese Christopher Plummer nei panni dell'avido miliardario Jean Paul Getty in Tutti i soldi del mondo di Ridley Scott, film per il quale Plummer ha rimpiazzato Kevin Spacey a riprese già ultimate. A ottantotto anni (li ha compiuti il 13 dicembre) Christopher Plummer, tre nomination e una statuetta nel 2011 per Beginners, è ad oggi l'attore più anziano a essere in corsa per un Oscar, superando così il precedente record stabilito dall'ottantasettenne Gloria Stuart con Titanic.
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Dagli esordienti Mary e Sufjan ai veterani Roger e Agnès
La presenza di Plummer nella cinquina ha impedito le possibili nomination per i due interpeti di Chiamami col tuo nome, Armie Hammer e Michael Stuhlbarg (quest'ultimo applauditissimo per il suo commovente monologo nel film), mentre nella categoria delle attrici supporter c'è da segnalare l'esclusione eccellente di una beniamina dell'Academy, Holly Hunter, snobbata per la sua ottima prova nella commedia romantica The Big Sick, film che può consolarsi con una solitaria nomination per la sceneggiatura originale. Fra le attrici supporter si fa notare invece la nomina per la star dell'r&b Mary J. Blige grazie al dramma corale Mudbound di Dee Rees, quattro nomination in tutto: fra queste ben due candidature per la Blige, una per il suo esordio da attrice e l'altra per la miglior canzone, in qualità di autrice del brano Mighty River. Mudbound segna inoltre un primato importante: Rachel Morrison è infatti la prima donna candidata per la miglior fotografia negli annali dell'Academy.
Insieme a Mary J. Blige, nella cinquina per la miglior canzone figurano pure la veterana Diane Warren, che con Stand Up for Something colleziona la sua nona nomination in questa categoria (ma è ancora in attesa di una statuetta), e il grande cantautore Sufjan Stevens, in lizza per la splendida Mystery of Love, ballata romantica tratta da Chiamami col tuo nome. Altre notazioni di rilievo: la cinquantunesima (!) candidatura all'Oscar per l'ottantacinquenne John Williams grazie alla colonna sonora di Star Wars: Gli ultimi Jedi (quattro nomination in tutto); la quattordicesima per Roger Deakins, che punta alla conquista del suo primo, sudatissimo Oscar grazie alla sublime fotografia di Blade Runner 2049 (cinque nomination); e l'inclusione, nella cinquina per il miglior documentario, dell'acclamato Villages visages, della cineasta francese Agnès Varda. A ottantanove anni (è la più anziana candidata di sempre in ogni categoria), e a soli due mesi dalla consegna del premio alla carriera, che l'infaticabile Agnès sia in procinto di ricevere un secondo Oscar? Nel caso sarebbe davvero un piccolo miracolo, ma già così si tratta di una felicissima coincidenza...