Carmina Martinez, protagonista di Oro verde - C'era una volta in Colombia, parla con voce sottile, da bambina, usando le mani a sottolineare le sue affermazioni. Quando l'abbiamo incontrata a Como qualche mese fa, in occasione del Noir in Festival, non abbiamo potuto fare a meno di notare le differenze tra la dolce Carmina e il personaggio da lei interpretato, la matrona Ursula. Le capacità predittive di Ursula e il suo istinto permettono al personaggio di prevedere i pericoli insiti nel narcotraffico, ma la sete di denaro impedirà alla donna di proteggere la famiglia e le tradizioni come vorrebbe. In un film popolato da uomini, sono le presenze femminili a spiccare davanti e dietro la macchina da presa, visto che il film è diretto a quattro mani da Ciro Guerra e Cristina Gallego.
"La costruzione del personaggio di Ursula mi ha spinto a un ritorno alle origini" racconta Carmiña Martínez "ho indagato nella mia famiglia, ho parlato con nonne e zie per ricostruirne le fila. Volevo capire come funzionassero le rancherie, imprese familiari guidate dalle donne per aiutare la propria famiglia. Ma Ursula è anche una figura classica, la matrona della tragedia greca che ha percorso la storia del teatro. Ho cercato di combinare tutti questi elementi realistici e drammaturgici".
Famiglia, onore, sogno, conservare la tradizione per sopravvivere
Parlando dell'esperienza sul set di Oro verde - C'era una volta in Colombia e della direzione a quattro mani, Carmina Martinez ammette di aver sentito una profonda differenza di stile tra Ciro Guerra e Cristina Gallego. L'attrice specifica: "Ciro Guerra è stato sempre molto attento a evitare l'eccesso di teatralità. Molti membri del cast sono attori di teatro e sono abituati all'istrionismo, proprio quello che Ciro ci ha chiesto di smorzare. Per me la presenza di Cristina è stata fondamentale perché ha curato la parte intima, emotiva, la dimensione femminile. Come attrice ho sempre sentito la sua forza quasi materna. La combinazione di questi due punti di vista mi ha permesso di arricchire il personaggio di Ursula".
Famiglia, onore, sogno: queste entità serpeggiano per tutto il film - di cui abbiamo parlato nella recensione di Oro verde - C'era una volta in Colombia - definendo l'identità di un gangster movie atipico nella forma e nello spirito che indaga nella dimensione ancestrale degli Wayuu, popolazione indigena colombiana a cui appartiene la stessa Carmina Martinez. "Le basi della comunità Wayuu si fondano sulla tradizione. La conservazione dei nostri usi e costumi hanno permesso alla nostra comunità ancestrale di sopravvivere proprio perché la famiglia è al centro di tutto. Io do la vita per te, tu la dai per mio fratello e così via. Poi c'è la parola data e la parola in sé. In Oro verde c'è un personaggio chiave, il palabrero, il messaggero, colui che porta la parola. Non è stato inventato dagli sceneggiatori, ma è una figura chiave della comunità perché ha una funzione essenziale. Il sogno ti permette di vedere il futuro, i simboli ci parlano, occorre imparare a decodificarli. E poi c'è un quarto elemento essenziale che caratterizza la comunità Wayuu: la morte. Nella morte proviamo a mantenere il contatto con chi non c'è più ed è per questo che non crediamo nella sepoltura definitiva. Si fanno vari funerali nel corso degli anni per mantenere un contatto con i morti".
Il fascino del male
Dopo il successo globale della serie Netflix Narcos, le opere sul tema si sono moltiplicate. L'attrazione nei confronti del male ha portato all'attenzione criminali come Pablo Escobar attraverso una narrazione romanzata che spesso li circonda di un'aura affascinante rendendo la loro amoralità attraente. Come vivono questa improvvisa moda i colombiani? Nell'affrontare il tema, Carmina Martinez non nasconde una certa ironia ammettendo che oggi il narcotraffico "va di moda. E' un punto di partenza per molte storie, sceneggiatori e produttori hanno deciso di approfittarne perché queste storie attraggono il pubblico. Il perché non lo so, ma queste storie piacciono e fanno guadagnare un sacco di soldi. Questo è un fenomeno mondiale, non è limitato alla Colombia. Quando si parla di narcos gli ascolti salgono, c'è un'attrazione fatale del pubblico".
L'attrice non sembra troppo preoccupata del fenomeno, ma pone attenzione sull'effetto che può avere sulle comunità ancestrali: "I Wayhuu e le altri tribù indigene vivono ancora nelle rancherie, il problema sono i giovani che hanno voglia di uscire da questo mondo isolato, vogliono trasferirsi in città, studiare ed è giusto che sia così. Io ho lasciato la comunità per studiare recitazione, anche se torno spesso, perciò capisco la voglia di evasione. L'importante è farlo nel modo giusto".