È una favola moderna, ambientata tra Bruxelles e l'Italia, il nuovo film del regista di Diaz, Daniele Vicari che sceglie di mettere a confronto presente e futuro attraverso l'incontro fortuito tra un vecchio e una bambina. Orlando, questo il titolo del film presentato fuori concorso al 40esimo Torino Film Festival e al cinema dal 1 dicembre.
È la storia di un burbero e silenzioso contadino interpretato da Michele Placido, che si riscopre nonno di una ragazzina, Lyse (Angelica Kazankova), in una città, che per lui non è soltanto straniera, ma rappresenta un altro mondo, l'Europa. Con Orlando, Vicari, che dedica questa sua opera al Maestro Ettore Scola, aiutato da due attori che si sono interamente donati al film, prova a indagare la possibilità che la via di mezzo sia possibile, che si possa conservare del buono di ciò che eravamo e farne tesoro per guardare avanti, oltre il presente. Abbiamo incontrato a Torino il regista e i suoi protagonisti, scoprendoli fieri, emozionati e disponibili a raccontare i sentimenti che li hanno guidati dentro questa pellicola.
Orlando: intervista a Daniele Vicari e Michele Placido
Passato e futuro
La sensazione è che, attraverso i personaggi di Orlando e Lyse, assistiamo prima ad uno scontro e poi ad un possibile incontro tra passato e futuro e che ci sia un quesito di fondo su come ci si possa incontrare a metà strada e su quali punti. L'avete vissuto così questo film, l'avete concepito così?
Daniele Vicari: "Il film ruota proprio intorno a questa domanda: qual è il nostro futuro?. Ma, questa domanda è relativa ad una domanda che viene ancora prima, cioè qual è il nostro presente, perché il nostro problema vero è che non capiamo che cosa ci sta succedendo intorno. E il cinema può aiutarci da questo punto di vista, solo se le storie che noi vediamo, ci riguardano. Ed è per questo che nel racconto dell'incontro tra Orlando e Lyse, cioè tra un nonno che non sapeva nemmeno di avere una nipote e questa nipotina che vive in un posto molto lontano rispetto a quello in cui vive Orlando, in questo incontro, la domanda diventa qualcosa di concreto perché questa cosa ha a che fare con i loro sentimenti. Come si sviluppano i loro sentimenti, rende questa domanda via via più difficile e più complessa. È chiaro che gli attori sono quelli che danno con il loro corpo la risposta a questo quesito e quindi secondo me Angelica ha qualcosa da dire".
Angelica Kazankova: "La storia parla di un incontro di due generazioni e due mondi diversi. Due pianeti differenti con una grande distanza. Questo incontro inaspettato porta tante scoperte differenti e una grande domanda: cosa ci sarà dopo?. Anzi, attraverso le conversazioni tra i due, ci si porrà anche la domanda su cosa c'era prima".
Michele Placido: "Io ho accettato subito l'idea di fare questo film perché mi sono emozionato perché poi gli attori vogliono un grande personaggio per essere bravi. Ogni volta con Favino, o amici come Kim Rossi Stuart diciamo sempre questo, mandateci un bel personaggio poi le chiacchiere restano a 20. Qui ho trovato un grande personaggio perché dà la possibilità all'attore di entrare in un meccanismo di lavoro proprio, di costruire quello che io non sono. Io non sono Orlando ma lo è stato mio nonno, lo è stato il papà di Daniele. Piano piano ho ritrovato anche mio nonno come migrante. Mi ha emozionato. E quando c'è l'emozione, l'attore può fare un buon lavoro. Qui c'è un bellissimo incontro con questa nipotina che io non sapevo manco esistesse. Sono costretto dalle cose della vita ad andare a trovarla, in realtà non so manco cosa troverò. Giustamente Daniele dice: è il presente ciò che lui trova e il presente lo spaventa. Queste due creature riusciranno a trovare un futuro se troveranno fra di loro una tenerezza che io non ho, lei ce l'ha sicuramente e lei mi aiuterà a trovarla. È molto tenera questa storia".
Il cambiamento
Chi sono Orlando e Lyse all'inizio del percorso e chi diventeranno alla fine, secondo voi?
Angelica Kazankova: "Lyse credo che sia una persona del futuro, una nuova scoperta, una nuova cosa completamente che entra nel mondo a creare qualcosa dalle prospettive nuove e diverse. Lyse rappresenta questa generazione che magari ha bisogno di fare i cambiamenti e non è abituata alla solitudine. Orlando invece è una persona che è cresciuta in mezzo alle montagne, che non parla tanto perché non ce n'è neanche bisogno. Come ha detto Daniele prima, con la terra non c'è bisogno di parlare quindi non c'è un gran cambiamento da parte di Orlando. Rimane una persona un po' chiusa in sé perché vive in mezzo alle montagne dove gli unici suoni che si sentono, sono quelli di pace, di una vita calma e questo incontro può anche rappresentare un rapporto fra due generazioni, è molto interessante".
Michele Placido: "Orlando è costretto a cambiare, lui non cambierebbe perché ormai non ha più prospettive, il cerchio si è chiuso, deve vivere in questo posto in cui non vuole neanche rivivere i ricordi, lui non vuol ricordare. La partenza è abbastanza drammatica per lui e non sa cos'è che lo aspetta. Basta una telefonata per ritrovarsi, ripeto, isolato dalle sue montagne, dove dà da mangiare alle galline, i maiali, le cose ormai più importanti della sua vita sono quelle. Come vedi però con il destino non si sa mai. Arriva questa telefonata e finirà nel cuore dell'Europa, senza parlare una parola manco di italiano, parla solo dialetto ma deve comunicare con questa ragazza qui che è un fuoco pirotecnico . Per me lei non è una bambina, è una ragazza perché sono cresciute molto quelle della sua generazione rispetto alle bambine dei nostri tempi".
Daniele Vicari: "_Angelica è un'attrice, questa è la cosa che mi ha colpito quando l'ho vista per la prima volta che è venuta a fare il provino. Il personaggio di Lyse è molto lontano da lei ma lei è riuscita a calarsi in un qualcosa di diverso, di lontano anche rispetto a come pensa il quotidiano e solo un'attrice può fare questo percorso. Essere attrici o attori all'età di Angelica è una chance incredibile perché è un po' rivoluzionaria, tu ti ci devi confrontare per forza. Michele ha dovuto per forza confrontarsi con lei anche come attore e io ho dovuto confrontarmi con Angelica anche come regista, perché questa cosa che noi chiamiamo futuro è una cosa un po' astratta, una cosa difficile da afferrare. Un po' come l'Europa che è una cosa difficile da afferrare. L'Europa, il futuro, per Orlando, sono qualcosa che deve capire in concreto, perché ha bisogno di vivere, di affrontare le cose come sono. Questo film racconta questa necessità di attenzione al quotidiano, alle cose che bisogna fare. A me la generazione degli Orlando ha sempre dato molto e mi ha sempre incuriosito proprio per il saper fare senza perdersi in chiacchiere. Saper fare vuol dire saper comprendere e anche quindi saper vivere. L'incontro tra Lyse e Orlando è interessante perché loro insieme devono scoprire un modo di vivere".
La lente dell'ironia
Questo film porta con sé grandi riflessioni che ci riguardano tutti. Allo stesso tempo ha un tono da favola ed anche molto ironico, si sorride molto delle situazioni che vive Orlando perché è un po' lo specchio di tante Italie e di tante persone e il tutto passa anche per la lente dell'ironia. C'era questa intenzione da parte tua, di essere serio ma riderci anche su? Aggiungo anche la dedica a Scola.
Daniele Vicari: "Il film è dedicato a Scola perché Ettore negli ultimi anni della sua vita mi ha trasmesso un sacco di cose interessanti e quindi è una dedica di affetto, di amicizia. Mi fa molto piacere che tu abbia fatto questa osservazione perché quel po' di ironia che c'è nel racconto, è un regalo della straordinaria bravura degli attori. Michele, per esempio, è riuscito a rendere assurdo il comportamento di Orlando all'interno di un contesto che non è il suo perché Orlando è il granello di sabbia nel meccanismo. Ogni volta che Orlando incontra qualcuno, noi non vediamo il suo lato buffo ma quello delle persone che incontra. Questo regalo straordinario che ha fatto Michele al film credo che sia molto prezioso".
Michele Placido: "Sì, hai ragione, mi fa piacere che tu abbia notato dell'ironia. Quando ho letto la sceneggiatura e poi sono arrivato quei giorni a Bruxelles ho pensato ad uno dei più grandi che abbiamo avuto nella commedia italiana, il malinconico Nino Manfredi. Film come Pane e cioccolato e film dove lui ha fatto spesso l'emigrante, quello che sta sempre fuori posto. Bisognava trovare, senza andare troppo a cercarla la risata, quegli aspetti, quell'umorismo, come dice Pirandello, che abbiamo a volte tutti quanti noi nei comportamenti quotidiani".